Programmazione turistica, Friuli Venezia Giulia modello da imitare a livello nazionale

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Rapporto sulla programmazione regionale turistica 2a edizione 2016 1
Per il II Rapporto sulla programmazione turistica regionale in Italia di Federturismo c’è spazio per consistenti miglioramenti. 10 regioni hanno piani di programmazione scaduti

 

Rapporto sulla programmazione regionale turistica 2a edizione 2016 1E’ il Friuli Venezia Giulia il punto di riferimento in campo nazionale per la programmazione turistica regionale. Lo ha rivelato il “II Rapporto sulla programmazione turistica regionale 2016”, lavoro di analisi di tutti i programmi di sviluppo regionale redatto da Federturismo Confindustria che ha anche evidenziato alcune “pecche” del sistema turistico regionalizzato, ad iniziare dal fatto che in molte, troppe realtà regionali non esiste una programmazione pluriennale in corso di validità.

Delle venti regioni oggetto d’indagine di Confturismo, sei (più la provincia autonoma) hanno una pianificazione pluriennale in corso di vigenza e sono: Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Sicilia, Umbria e, del Trentino-Alto Adige, la provincia autonoma di Trento. Due regioni dispongono di una programmazione annuale (attuativa) vigente: Emilia Romagna e Veneto. Nove regioni hanno una programmazione pluriennale scaduta e sono: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta. La Puglia, al momento della stampa del Rapporto 2016, dispone di un piano anche se non ancora attuato. Due le realtà che non hanno alcuna programmazione per il settore: la Campania e la provincia autonoma di Bolzano.

Nonostante da più parti e da tempo immemore si dica che il turismo costituisca un’autentica risorsa strategica per l’economia nazionale, in Italia ben 10 regioni non hanno una politica di strategia turistica, nonostante le potenzialità del settore in termini di Pil e di occupazione, ma anche di mancato impiego di risorse che l’Europa destina al settore. Secondo il direttore Federturismo Veneto, Italo Candoni, che ha presentato il Rapporto nel corso del convegno “Strategie e Risorse per il Turismo Italiano”, «il Friuli ha un modello di gestione centralizzato e nel suo documento strutturale ha indirizzato su due assi per un totale di 77 milioni di euro che portano a un reale valore raddoppiato se si conta l’indotto». 

La ricerca individua nelle performance negative la disomogeneità «non solo sul fronte delle policy, ma sugli stessi prodotti, la percezione di diversità genera delle anomalie nell’attrazione di turisti». Altra negatività emersa dal rapporto riguarda i dati: «gli osservatori si concentrano sui flussi, sui dati quantitativi e quindi non si riescono a impostare le politiche migliori per il revenue, non si hanno dati qualitativi; in città come Venezia non c’è bisogno di ulteriori turisti, c’è bisogno di turisti migliori».

Per quanto riguarda la crescita del settore, le potenzialità in Italia parlano di una crescita del 3% il entro il 2018. Il settore vale in Italia 171 miliardi di euro (11,8% del Pil) e dà lavoro a 3,1 milioni di persone. Lo scorso anno sono cresciute sia la spesa media procapite giornaliera (107 euro) sia la permanenza media per turista (salita a 3,5 giorni). L’Italia si prepara ad affrontare questa prospettiva con un “Piano Strategico Nazionale 2017-2020”. 

«La notizia di essere la realtà turistica di riferimento ci fa molto piacere ma non ci sorprende – commenta il vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Sergio Bolzonello -. Abbiamo lavorato su un modello di governance centralizzato e siamo convinti, forti anche dei dati registrati negli ultimi 9 mesi del 2016 con 411.747 presenze in più rispetto allo stesso periodo 2015, di essere sulla strada giusta».