Veneto, l’impatto del sistema cooperativistico sulla realtà regionale

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Euricse infografica 1
Il movimento interessa il 10% della popoalazione e dà lavoro a 25.000 persone

 

Euricse infografica 1Il 10% della popolazione veneta, 500.000 persone è servita dalla cooperazione sociale. E la cooperazione veneta  a sua volta dà lavoro a 25.000 persone e ad altre 2.500 utenti svantaggiati attraverso la forma dell’inserimento lavorativo. Sono alcuni dei numeri presentati nella sede di Confcooperative del Veneto a Padova in occasione dei risultati registrati della Ricerca Euricse (Istituto Europeo di Ricerca sull’Impresa Cooperativa e Sociale) “La cooperazione sociale in Veneto” per conto di Federsolidarietà Confcooperative del Veneto, il settore sociale delle cooperative.

L’indagine condotta dall’istituto Euricse dell’università di Trento, ha preso in esame diverse componenti con una metodologia già usata in altre regioni, il metodo Impact che va a studiare le diverse ricadute della cooperazione sociale sui territori secondo diversi criteri. A rispondere alla ricerca sono state 175 cooperative su 480 che rappresentano il totale delle cooperative sociali che aderiscono a Confcoopertive del Veneto su un totale complessivo regionale di 820 cooperative sociali . 

Diverso il risultato veneto anche solo per la storia della cooperazione sociale che è praticamente nata in questa regione. Per questo il 33,6% delle cooperative intervistate è “matura” perché nata tra il 1991 e il 2000 ossia prima ancora della legge istitutiva della forma giuridica della cooperativa stessa ( Legge n. 381/1991) ma anche imprenditorialmente parlando. 

Il 60,6% delle cooperative sociali venete ha un valore di produzione pari a 1 milione di euro per un valore di produzione complessivo di 693,7 milioni di euro. Altro dato importante, è che il 60% del totale ha investito e riqualificato strutture dismesse dall’ente pubblico, beni che alla fine torneranno alla pubblica amministrazione. L’investimento complessivo è stato di 52 milioni di euro. Con il pubblico la cooperazione lavora a pieno regime, il 90% delle coop venete coopera in particolare per l’assistenza sanitaria, il 67% per fornire servizi, il 33% aggiunge pure servizi integrativi a quelli pubblici.

«Il nostro è e vuole essere un rapporto non solo da fornitori ma da partner – ha spiegato Roberto Baldo, presidente veneto di Federsolidarietà Confcooperative – perchè ormai siamo una presenza importante se non necessaria per il bene comune. Gli enti pubblici non ce la farebbero senza di noi e proprio per questo li stiamo “pungolando” perché per esempio nei bandi sociali non si facciano vincere le proposte al ribasso. Non è come costruire una strada, noi diamo risposte alle persone e la qualità deve esserci».

Positivo è anche il risvolto occupazione della cooperazione sociale in Veneto. L’84,1% dei contratti è a tempo indeterminato, il 75% è donna, il 19,8% è giovane sotto i 30 anni. «Siamo forti – ha continuato Baldo – anche perché lavoriamo in rete con altri enti no profit e perché abbiamo la carica dei volontari che ci regalano ogni anno 700.000 ore di volontariato puro che va ad affiancare e non sostituire il lavoro dei dipendenti e che ci permettono dunque l’offerta di servizi integrativi».

L’idea di rendicontare anche l’impatto sociale del mondo cooperativo veneto arriva da un’esigenza di trasparenza ma anche come risposta alle richieste della nuova legge sul terzo settore . 

Quanto alla questione calda dell’accoglienza dei profughi Roberto Baldo non esita a parlare della fine dell’emergenza. «Non possiamo più parlare di emergenza – continua il presidente di Federsolidrietà regionale – ma di programmazione gestibile dei flussi. Il nostro modello però è quello della microaccoglienza e dell’inserimento non dei grandi hub. In Veneto lo stiamo già facendo per 2000 persone su 5000 accolte, 1/3 dunque dei richiedenti asilo». 

Il segreto del successo anche in termini economici nonostante la crisi? È anche il fatto che almeno il 20% del fatturato delle cooperative sociali non viene dalla pubblica amministrazione ma dai privati e dal foundraising. Senza contare che a parità di cose per lo stesso servizio il costo amministrativo è il 20% in più se offerto dalla pubblica amministrazione rispetto alla cooperativa perché l’ente pubblico ha più rigidità del privato sociale.