“Dieselgate”, FCA chiede che si faccia chiarezza. Anche Renault finisce nel mirino

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Altroconsumo presenta i dati della “class action” contro Vw: raccolte 23.363 adesioni

dieselgate controllo emissioni tubo scappamento autoFiat Chrysler nel mirino dell’Agenzia per la protezione ambientale (EPA) negli USA per ipotesi di manomissione nelle emissioni, come già visto per “Dieselgate” Volkswagen, mentre nel mirino dei giudici francesi finisce anche Renault: le associazioni consumeristiche scendono in campo per chiedere che si faccia chiarezza al più presto.

Secondo l’associazione Altroconsumo, anche questo di FCA «è un film già visto con Volkswagen e la “class action” contro la casa automobilistica tedesca lanciata da Altroconsumo ha raccolto fino ad ora 23.363 preadesioni, segno di urgenza da parte dei consumatori a ricevere i risarcimenti. Il comportamento finito sotto accusa negli USA di spegnere i sistemi di controllo degli inquinanti in certe condizioni è plausibile – sottolinea Altroconsumo – che sia stato montato anche sui modelli in Europa. Gli studi della KBA tedesca e anche del CNR italiano avevano evidenziato queste anomalie. C’è differenza: negli USA occorre sempre dichiararlo all’EPA in fase di omologazione. In Europa la normativa lacunosa sembra lasciare al costruttore maggiore manovra a riguardo».

Luisa Crisigiovanni, segretario generale di Altroconsumo, afferma che «più volte abbiamo denunciato il fatto che le decisioni adottate negli anni dalla Commissione europea e dagli Stati membri per indebolire il fattore di conformità per le emissioni NOx delle autovetture diesel sono state estremamente insoddisfacenti e questo è il risultato. Oggi, invece, è essenziale che la Commissione e gli Stati membri agiscano con fermezza per restituire la fiducia dei consumatori nel settore automobilistico e nelle istituzioni». 

Altroconsumo sollecita il ministro dei Trasporti a fornire gli esiti delle analisi e dei test realizzati per valutare la diffusione del problema su diverse case auto oltre a VW: test promessi pubblicamente a settembre 2015 dal ministro Delrio e dei quali ad oggi non si è saputo nulla. In Francia la Commissione Royal ha prodotto e diffuso nell’aprile del 2016 diversi cicli di test su oltre 52 vetture, tutti i marchi del mercato, non solo produttori nazionali: Audi, BMW, Citroen, Dacia, Fiat, Ford, Jeep, Kia, Mercedes, Nissan, Opel, Peugeot, Renault, Toyota, Volkswagen. La gran parte dei veicoli testati, anche della recentissima norma Euro6, mostravano anomalie sui livelli di emissioni NOx e CO2.

Mentre FCA potrebbe finire con il pagare una multa di oltre 4 miliardi di dollari per i modelli ritenuti fuori legge dall’EPA, in Francia Renault finisce sotto inchiesta per presunte frodi sulle emissioni inquinanti di alcuni suoi modelli. La Procura di Parigi ha distaccato tre magistrati che indagheranno su eventuali dispositivi utilizzati dal produttore francese per controllare le emissioni delle sue vetture alimentate a gasolio. Il sospetto è di avere mentito «sulle caratteristiche sostanziali» e i controlli effettuati avrebbero mostrato che tali interventi «hanno reso i prodotti pericolosi per la salute delle persone e degli animali». Immediate le ripercussioni sul titolo Renault che è giunto a perdere fino il 4%. Per il costruttore francese l’inchiesta di fatto è il seguito dell’ispezione avvenuta esattamente un anno fa, il 14 gennaio 2016, quando la Régie aveva annunciato di avere subìto una prima ispezione della Dgccrf, la direzione per la repressione delle frodi che dipende dal ministero dell’Economia francese, per accertare l’eventuale manomissione dei dati sulle emissioni. All’epoca, Renault aveva annunciato di voler «cooperare pienamente con i lavori della Commissione tecnica indipendente, che ha come obiettivo di verificare che i costruttori francesi non hanno equipaggiato i propri veicoli con software» per il controllo delle emissioni. Nel novembre scorso poi la Dgccrf aveva poi deciso di sottoporre alla procura di Nanterre i risultati delle sue indagini sui motori diesel Renault. Lo sviluppo odierno sembra suggerire che gli elementi emersi avrebbero un fondamento tale da motivare un supplemento di indagine. 

Da parte sua, i vertici della casa automobilistica «prendono atto» delle nuove indagini chieste dalla procura di Parigi su alcuni motori diesel, anche se – precisa in una nota – le sue vetture «non sono dotate di software per ingannare i dispositivi di controllo delle emissioni». Nella sua risposta ufficiale, il gruppo automobilistico francese – che sottolinea di «non avere ancora potuto avere una conferma ufficiale» del nuovo procedimento giudiziario – ribadisce di «rispettare la legislazione francese e quella europea» e che «tutti i veicoli Renault sono stati omologati a norma di legge e di regolamento e rispettano le normative». Renault ricorda comunque di avere presentato nel marzo 2016 al comitato tecnico indipendente un piano globale per ridurre le emissioni di ossido di azoto dei propri veicoli diesel Euro 6b, piano che «è stato ritenuto trasparente, credibile e soddisfacente».