Rapporto Pmi Centro-Nord di Cerved-Confindustria: il peggio della crisi è passato

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Zoppas: «gli imprenditori del NordEst non si sono arresi» 

meccanica ingranaggi cambioLa crisi è ormai alle spalle per le Pmi del Centro Nord. Lo certifica il secondo Rapporto Pmi Centro Nord di Cerved-Confindustria, che ha passato in rassegna circa 111.000 imprese, corrispondenti all’82% del totale nazionale, con 168 miliardi di euro di valore aggiunto, pari a oltre il 10% del Pil italiano. In totale nelle imprese considerate si concentrano poco più di 3 milioni di addetti per un fatturato che ha raggiunto 727,5 miliardi di euro.

Dai dati presentati emerge che si è interrotta l’emorragia di Pmi iniziata nel 2009 sia nel NordEst (+0,3% nel 2015) sia nel NordOvest (+1,8%), mentre al Centro il calo continua (-0,7%). Secondo Valerio Momoni, direttore marketing di Cerved, «i primi segnali positivi già osservati nel 2014 si consolidano nel 2015, ma rimane ampio il divario rispetto ai valori pre-crisi: nel 2015 cresce il fatturato, nel NordEst e NordOvest con tassi intorno al 3%, di poco superiori a quelli del Centro fermi al 2,2%». Continua anche la crescita del valore aggiunto, che «torna ai valori pre-crisi, seppur in modo meno consistente nel Centro», mentre «per il terzo anno consecutivo, nel 2015 è aumentato il Mol». 

Nel medio-periodo, «la perdita di fatturato e di valore aggiunto registrata durante la crisi, in combinazione con costi del lavoro in crescita, ha fortemente compresso i margini lordi, che si sono ridotti del 21% nel NordEst, del 29% nel NordOvest e di circa il 40% nelle regioni centrali rispetto ai valori del 2007 – afferma Momoni -. Le dinamiche positive innescate a partire dal 2012, consolidate nell’ultimo triennio e più consistenti nel 2015, sono state finora insufficienti per recuperare la redditività lorda pre-crisi». 

Cresce poi la redditività netta, ma «con ampi divari territoriali. Le Pmi del Veneto e del Piemonte – afferma Mamoni – sono quelle in cui è più alto il ritorno del capitale, rispettivamente al 10,8% e al 9,5%, mentre Umbria, Valle d’Aosta e Lazio sono le regioni con gli indici più bassi, rispettivamente al 6%, al 6,2% e al 6,4%». Cerved evidenzia poi il «calo significativo delle chiusure e dei fallimenti, in particolare nel NordEst (-28,8%), così come una maggiore capacità di saldare i propri debiti, come mostra il calo delle fatture inevase». Prosegue anche «l’incremento della natalità delle imprese», sebbene le nuove società nascono «prevalentemente in forme societarie più leggere, le Srl semplificate, che rappresentano il 44% delle “newco”, fenomeno prevalente soprattutto al Centro». A nascere sono soprattutto le imprese «potenzialmente più piccole, con meno di 5.000 euro di capitale versato», che, secondo Momoni, «non hanno ancora la taglia per rimpiazzare quelle uscite di scena con la crisi, che ha ridotto del 9% il numero delle Pmi italiane, sceso dalle quasi 150.000 imprese del 2007 alle 136.000 attive nel 2014». Il fenomeno ha riguardato tutto il Centro Nord, con un calo più marcato nel Centro (-12,2%) rispetto a NordEst (-7,9%) e NordOvest (-5,5%).

La crisi non ha colpito le Pmi in modo omogeneo: in tutte le aree, ad uscire dal mercato sono state principalmente le imprese con un grado di rischio economico finanziario elevato già nel 2007. Le Pmi sopravvissute, invece, «hanno consolidato i propri bilanci: hanno aumentato la patrimonializzazione, riducendo in modo consistente l’incidenza dei debiti sul capitale netto e hanno diminuito quella degli oneri finanziari sui margini lordi, con dinamiche positive diffuse a tutte le aree geografiche e proseguite anche nel 2015». 

Sono state identificate oltre 16.000 imprese innovative nel Centro Nord, molte delle quali non iscritte ai registri ufficiali. La concentrazione di innovazione nelle aree analizzate è ai livelli massimi nel Paese, con Trentino Alto-Adige e Piemonte che registrano, rispettivamente, la maggior presenza relativa di startup e PMI innovative. Secondo lo score di innovazione relativo alle startup, la prima provincia del Centro Nord e d’Italia in termini di innovazione è Trento, che con 232 startup registra un indice di innovazione pari a 2,3, punteggio che esprime una concentrazione di imprese innovative più che doppia rispetto alla media italiana. Seguono Trieste (70) e Ancona (184), con un indice di innovazione rispettivamente pari a 1,63 e 1,26.

La provincia del Centro Nord con la maggiore concentrazione di PMI innovative è Torino, con 252 piccole e medie imprese innovative e un indice di innovazione di 0,93. Si conferma ai primi posti anche la provincia di Trento, che si piazza seconda con 75 PMI e un indice di 0,90; chiude il podio Trieste (18 imprese, 0,59). Milano, la provincia con il numero più alto di PMI innovative, è in quinta posizione (0,4), mentre Roma, in cui la concentrazione di startup è inferiore alla media nazionale, registra invece un indice positivo per le PMI innovative (0,12).

«Gli imprenditori del NordEst non si sono arresi alla crisi e hanno saputo trovare soluzioni per superarla. I numeri e le previsioni contenuti nel Rapporto presentato oggi da Confindustria e Cerved sono eloquenti in questo senso – afferma Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto -. Molti indicatori sono tornati con il segno positivo: +0,3% il numero di Pmi nel 2015; crescita del fatturato con tassi medi del +3% e del valore aggiunto, che torna ai valori pre-crisi; calo deciso di chiusure e fallimenti (-28,8%) e previsioni incoraggianti che si aggirano su un +5%. Non dimentichiamo però che veniamo da un lungo periodo in cui la crisi ha ridotto i margini lordi di oltre 21% nella nostra regione, mentre il costo del lavoro aumentava. Questo – prosegue Zoppas – ha costretto le imprese a rivedere processi e produzioni, cercare nuovi mercati e farsi più snelle e flessibili. Ma se le imprese, insieme ai lavoratori e ai collaboratori, hanno fatto la propria parte con grande impegno, sforzi e rinunce, ci aspettiamo che anche il sistema Paese faccia altrettanto per non disperdere e sostenere lo slancio ritrovato». 

Per Zoppas «credito, fisco e burocrazia sono spettri che ancora si aggirano pesantemente nel nostro orizzonte. Non possiamo perdere le nuove occasioni che si stanno presentando come i finanziamenti per l’innovazione, per Industria 4.0 o i fondi strutturali europei finalizzati ad alcune precise tematiche e specializzazioni. E’ necessario concentrare le nostre risorse su progetti mirati e ad alto valore aggiunto e questo possiamo farlo solo attraverso un lavoro comune tra imprese e istituzioni».