La spesa pubblica per le regioni: le autonomie speciali in vetta per spesa totale

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Pesano il maggior numero di competenze rispetto alle regioni ordinarie. La spesa totale in rapporto al Pil vede tra le più virtuose Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna

euro soldi rotoli banconote sacchetto moneteOgni anno la Ragioneria generale dello Stato realizza il Rapporto “La spesa Statale Regionalizzata” in cui analizza la dimensione e l’andamento della spesa pubblica nelle singole regioni italiane. Una sorta di analisi comparata sulle spese delle varie autonomia, da cui emerge una grande forbice tra autonomie speciali e quelle ordinarie, regioni del Sud e quelle del Nord Italia, quest’ultime generalmente molto virtuose per la qualità della spesa pubblica.

Un intero capitolo è dedicato alla cosiddetta “spesa Consolidata”, dove vengono incluse oltre – alle spese del bilancio statale – quelle realizzate nei territori di riferimento dagli enti locali, da fondi alimentati con risorse nazionali e comunitarie, da enti e organismi pubblici. In questo valore vengono conteggiate, ad esempio, le spese relative al pagamento delle pensioni, degli ammortizzatori sociali o gli oneri relativi alla sicurezza o al controllo dei confini. Il perimetro considerato non coincide pertanto con le competenze delle singole amministrazioni regionali, ma punta a ricomprendere la spesa pubblica effettuata in una determinata regione indipendentemente dal soggetto che gestisce quelle risorse. 

Nella costruzione del dato consolidato sono stati eliminati i pagamenti intercorsi tra i vari soggetti: potrebbero residuare talune duplicazioni di modesta entità, relative a flussi non evidenziati nelle fonti utilizzate. La Ragioneria generale dello Stato ritiene che tale circostanza non alteri in modo significativo i risultati della ricerca, in termini di distribuzione tra le regioni. Rimangono esclusi dal perimetro analizzato gli oneri relativi al pagamento degli interessi sul debito pubblico. Trattandosi di valori di cassa, la collocazione nella graduatoria di una regione in ciascun anno potrebbe dipendere in alcuni casi dal profilo di cassa di talune erogazioni di importo più rilevante, le cui annualità potrebbero essersi concentrate in un dato esercizio. 

L’analisi del Centro studi ImpresaLavoro prende in considerazione la media degli ultimi tre anni disponibili (2012, 2013, 2014) così da rendere meno evidenti eventuali picchi nelle uscite di cassa dovuti a peculiarità del singolo anno. 

La regione con la spesa pubblica pro-capite più elevata è la Valle d’Aosta, con 15.731 euro all’anno. Seguono il Lazio con 13.684, il Trentino Alto Adige con 13.278 e il Friuli Venezia Giulia con 12.975. In coda le regioni più grandi: la Lombardia è ultima per spesa pubblica pro-capite (8.647 euro), preceduta dal Veneto (8.734 euro) e dalla Campania (9.082 euro). La valutazione cambia se si raffronta la spesa pubblica al Prodotto interno lordo che ogni singola regione produce. In questo caso, le regioni con percentuale di spesa pubblica più elevata rispetto al Pil risultano la Calabria (66,15%), la Sardegna (59,9%) e la Sicilia (56,55%). In fondo alla classifica troviamo le regioni più ricche del Nord: la Lombardia, dove la spesa pubblica pesa per meno del 25%, il Veneto (29%) e l’Emilia Romagna (30%). 

«L’enorme differenza della quantità di spesa tra regioni non è semplicisticamente riconducibile alla loro collocazione geografica: si spende tanto al Nord quanto al Sud. Va però considerata la sua qualità – osserva Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro -. Prendiamo ad esempio la sanità. Il livello dei servizi resi in Lombardia è nettamente migliore di quello calabrese anche se il costo pro capite e’ di poco superiore; per l’Istat di soli 130 euro annuali a cittadino: un’inezia. E’ solo un esempio che riafferma però un concetto ineludibile. Si tratta di spendere di meno ma anche e soprattutto di spendere meglio. Dal trasporto pubblico ai servizi postali troppo spesso i nostri servizi pubblici sono lontani dagli standard che ci potremmo aspettare visto il loro costo, condizionati come sono da inefficienze ed eccesso di intermediazione politica. Un esempio? Nell’area di Napoli – continua Blasoni -, forse la peggio servita quanto a raccolta e smaltimento rifiuti, si paga una delle tasse sui rifiuti più alte d’Italia. Anche i costi della politica non sono uguali per tutti. Agli oltre 42 euro pro capite per il funzionamento degli organi istituzionali della Sardegna o ai quasi 32 euro della Sicilia fanno da contraltare Piemonte ed Emilia Romagna che si attestano attorno ai 5 euro annui».