Natalità: piano dei sindaci per arrivare a 2 figli per donna

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I primi cittadini Dario Nardella (Firenze), Matteo Biffoni, (Prato), Luigi Brugnaro (Venezia), Andrea Gnassi (Rimini), Giorgio Gori, (Bergamo), Francesco Nelli (Cittareale) e Matteo Ricci (Pesaro) chiedono al governo specifiche risorse economiche

bambin riposo culla pannolino.jpg Un piano strategico che abbia l’obiettivo di incrementare l’attuale livello di natalità da 1,34 a 2 figli per donna, «al fine di garantire il ricambio generazionale e quindi il futuro del nostro Paese»: questa la richesta dei sindaci Dario Nardella (Firenze), Matteo Biffoni, (Prato), Luigi Brugnaro (Venezia), Andrea Gnassi (Rimini), Giorgio Gori, (Bergamo), Francesco Nelli (Cittareale) e Matteo Ricci (Pesaro) al Meeting di Cl. «Chiediamo a tal fine l’impegno di maggiori risorse economiche, da reperire attraverso l’efficientamento e razionalizzazione della spesa pubblica».

«Riconoscendo il lavoro meritorio e innovativo degli ultimi Governi nazionali che hanno introdotto importanti misure a favore del sostegno alle famiglie e alle nuove nascite, siamo pronti – si legge nel documento – come amministratori di importanti città a garantire un nostro apporto concreto di idee e attività per creare le condizioni per una crescita demografica. Va riaffermato, infatti, il ruolo unico ed insostituibile che su questi temi possono svolgere i comuni e le amministrazioni locali, da un lato, le istituzioni più vicine alla vita ordinaria delle persone e, dall’altro, i soggetti attivi delle politiche urbane che, ormai è accettato da tutti, sono l’unico vero motore pulsante delle politiche pubbliche». 

In particolare, i sindaci propongono «la promozione di una corretta campagna comunicativa, scevra da approcci ideologici, per informare su tutti i servizi e i mezzi di sostegno alle famiglie; maggiori incentivi fiscali ed economici per i neo genitori, che rafforzino le iniziative degli ultimi Governi; la creazione di un sistema di welfare che offra diritti di maternità e paternità a tutti i lavoratori, anche non dipendenti; il miglioramento della conciliazione tra vita familiare e professionale ed un’organizzazione del lavoro più funzionale ed attenta alle nuove esigenze lavorative dei genitori, con l’obiettivo primario di agevolare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, elemento decisivo per una ripresa della natalità; un maggiore investimento, in collaborazione con l’associazionismo e il privato sociale, nei servizi di assistenza agli anziani non-autosufficienti, il cui carico di cura è oggi in larga misura sulle spalle delle famiglie e in particolare delle donne, costituendo un fattore di allontanamento di queste ultime dal mercato del lavoro».

I sindaci propongono poi «la riduzione delle spese delle famiglie per l’iscrizione e la frequenza alle scuole dell’infanzia, grazie a maggiori investimenti pubblici e privati nei servizi all’infanzia; l’attivazione di politiche per l’emancipazione e l’autonomia dei giovani, a partire da misure che ne favoriscano l’inserimento e la stabilità occupazionale; l’ampliamento della platea interessata dal Reddito di Inclusione, a comprendere quella vasta porzione di giovani che versa oggi in condizioni di povertà; la trasformazione, in tutte le medio-grandi città, di vecchi immobili pubblici in social housing e nuove forme di abitazione a sostegno di famiglie e giovani genitori e la sottoscrizione di accordi territoriali, promossi dai Comuni, finalizzati ad incrementare l’offerta di alloggi a canone convenzionato destinati ai giovani e alle giovani coppie; l’attivazione di asili, condomini e servizi di domicilio condiviso per una vera convivenza generazionale che, sull’esempio di alcune realtà già presenti nel nostro Paese, porti a dialogare le esperienze della popolazione anziana e la vivacità dei più giovani; una maggiore collaborazione e sostegno alle iniziative dell’associazionismo e del privato sociale nell’assistenza agli anziani; il varo di un piano nazionale per l’inserimento sociale degli immigrati economici, basato sulla formazione e sul lavoro, che faccia tesoro delle positive esperienze locali che hanno accompagnato l’impegno di accoglienza che tenga conto delle effettive esigenze del sistema produttivo nazionale e delle capacità di accoglienza in generale».