La “ripresa” italiana: lenta, a macchia di leopardo e a fortissimo rischio di nuove cadute

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bandiera italia visa da sotto
Se le previsioni internazionali tendono al bello, in Italia ci sono ancora troppe contraddizioni che impediscono il reale consolidamento della crescita economica

bandiera italia visa da sottoSolo pochi giorni fa, gli esponenti del governo Gentiloni hanno suonato le capane a festa per l’inaspettata crescita del Pil italiano, risultata superiore alle previsioni di un’inezia. Crescita che rimane ancora la metà (a livello percentuale) di quella media europea e ancora inferiore rispetto agli altri grandi paesi europei, con una Spagna che ha ampiamente superato il Belpaese, nonostante partisse da posizioni peggiori rispetto a quelle tricolori.

Lo scatto di reni del Pil nazionale non deve trarre in inganno. Sono ancora tanti, troppi i segnali tra loro contrastanti, ad iniziare dal fatto che la crescita è stata tutta trainata dalla crescita dell’export, mentre i consumi sul mercato nazionale languono se non regrediscono.

Questi inzi contrastanti sono stati colti da numerosi esponenti, sia del Governo che dell’economia. Il ministro allo Svilippo economico, Carlo Calenda, ha messo in guardia i suoi colleghi di governo e la maggioranza che lo sostiene circa l’illusione di avere superato definitivamente la crisi. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha parlato chiaramente di una ripresa «congiunturale e non strutturale», strigliando la classe politica sui ritardi dell’azione di governo dell’economia e del territorio. Infine, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha criticato una delle leve su cui pare puntare la legge di Stabilità 2018 del governo Gentiloni, che prevede forti incentivazioni per l’occupazione dei giovani fino a 29 anni (forse estesa ai 32 anni), definendola una mezza misura destinata a restare inefficace. Oltre ad essere un boomerang, vedendo cosa è accaduto con la legge sul “Jobs Act”, costata una barca di preziosissimi miliardi di euro (oltre 30) per creare poche migliaia di posti di lavoro fissi.

Critiche pesanti, per di più provenienti da voci molto autorevoli, che non fanno i conti anche con l’imminente campagna elettorale che, stante la precarietà della maggioranza del Governo Gentiloni, sarà teatro di numerosi assalti alla diligenza per inserire provvedimenti clientelari e di favore per questo o quel gruppo di pressione od elettorale.

Il fatto è che la ripresa in essere è molto lenta, priva di creazione di nuovi posti di lavoro e per di più in presenza di un’inflazione pressoché a zero, cosa che incentiva la tesaurizzazione e la crescita del risparmio (ammesso che si riesca a fare) più che la spesa che servirebbe per iniettare denaro fresco nel sistema, specie quello del commercio spicciolo e delle professioni.

Il sistema Italia ha bisogno di una scossa energica, che può avvenire da un deciso taglio della tassazione e della burocrazia che strozza la corsa dell’economia. Più che erogare mance, mancette e premi come finora è stato fatto con risultati inesistenti, meglio sarebbe lasciare più soldi nelle tasche dei contribuenti tutti (i provvedimenti dei governi Renzi e Gentiloni hanno premiato i “soliti” noti, trascurando del tutto la realtà del lavoro autonomo), utili ad innescare la ripresa degli investimenti (meno tasse incentiva la produzione di maggior reddito) e dei consumi (grazie alla maggiore disponibilità generalizzata di denaro), generando il risultato composto anche di una crescita del gettito fiscale grazie all’incremento del Pil. Inoltre, tagliando decisamente l’asfissiante burocrazia italiana e portando la pressione fiscale su livelli più “umani”, si consentirebbe di attrarre in Italia quegli investimenti esteri che attualmente se ne guardano, spaventati da un Fisco da esproprio, una burocrazia incomprensibile, lenta e farraginosa e un sistema di risoluzione delle controversie indegno di un paese civile.