Legge elettorale, iniziativa trasversale delle minoranza dell’Alto Adige contro la norma che privilegia il potere dell’asse SVP-PD-PATT

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Biancofiore: «nella norma votata dal Parlamento ci sono fondati elementi di incostituzionalità che penalizzano la corretta rappresentatività della popolazione in Trentino Alto Adige»

poltrone elezioni TAAMichaela Biancofiore, coordinatrice regionale di Forza Italia per il Trentino Alto Adige ne è convinta fin dalla sua affrettata discussione in Parlamento: la nuova legge elettorale contiene fondati elementi di incostituzionalità, specie per i meccanismi scelti per dare rappresentatività al voto dei cittadini residenti in regione che utilizzano un sistema differenta da quello vigente nel resto del Paese.

La deputata azzurra è riuscita a far convergere in un gruppo trasversale sia politico (Forza italia, Potere al popolo, M5S, Freiheitlichen) che etnico (italiano, tedesco e ladino) nella presentazione di un ricorso contro il “Rosatellum” che sarà utilizzato nelle elezioni politiche del 4 marzo prossimo. Nel mirino dei ricorrenti le eccezioni adottate per il Trentino-Alto Adige che andrebbero a tutto vantaggio della Svp, «violando i principi di uguaglianza e libertà di voto». Un ricorso a tappe forzate, visto che già nella giornata di giovedì 18 gennaio al Tribunale civile di Trento si svolgerà l’udienza per valutare i dubbi di costituzionalità che, se fossero riconosciuti come «non infondati», aprirebbe la strada verso la Corte Costituzionale. 

Il ricorso è stato presentato da due avvocati, il milanese Felice Cesare Besostri (ex parlamentare di sinistra e già protagonista di battaglie vittoriose contro l’“Italicum” e il “Porcellum” ) e il bolzanino Igor Janes. Gli avvocati hanno evidenziato alcuni punti della legge elettorale considerati un po’ troppo «su misura» della Svp. La prima contestazione verte sulla soglia regionale di sbarramento del 20% (che sale di fatto al 40% considerando il solo Alto Adige) per i partiti rappresentativi delle minoranze linguistiche. «Una soglia così elevata — sostengono i legali — parrebbe in contrasto con il principio di tutela della minoranza linguistica, la quale, nonostante goda di una popolazione sufficiente ad eleggere un numero plurimo di seggi, non riuscirà a darsi una rappresentanza pluralistica a causa appunto della soglia irragionevolmente alta». Di fatto, solo la Svp può puntare realisticamente al superamento di tale asticella, lasciando fuori tutti gli altri, tanto che la destra tedesca ha rinunciato in partenza alla competizione. Viene poi contestato il “paracadute”: anche in caso di tracollo elettorale, basterà aggiudicarsi due seggi uninominali su tre (per esempio i di Bressanone e Merano, da sempre baluardi SVP) per accedere al accedere alla ripartizione dei seggi.

Altro punto sollevato dal ricorso, il ribaltamento rispetto al resto d’Italia del rapporto tra seggi assegnati con proporzionale e con maggioritario. Se fuori dalla Regione prevale il sistema proporzionale (con il 65% circa dei seggi), in Trentino Alto Adige ad ogni seggio uninominale ne corrispondono 0,83 proporzionali. Un’oasi maggioritaria che, ancora una volta, premierebbe il partito locale di maggioranza relativa (la SVP) e i suoi palafrenieri (PD e PATT). A peggiorare la situazione, sempre secondo i promotori, sarebbe l’abolizione del cosiddetto “scorporo”: fino all’ultima tornata elettorale, il meccanismo prevedeva un ripescaggio del “miglior perdente” dei seggi uninominali, un modo per riequilibrare i risultati che è stato abolito nel “Rosatellum”. «La distorsione della rappresentanza proporzionale — sottolineano i legali — raggiunge il suo massimo in questa regione. Le liste di maggioranza relativa si assicurano la totalità dei seggi proporzionali. Il metodo proporzionale è poi del tutto sbeffeggiato al Senato perché viene eletto un solo senatore, che in assenza di scorporo non funge nemmeno da riequilibrio proporzionale».

Il ricorso contesta infine anche l’impossibilità per l’elettore di effettuare un voto disgiunto: il voto al candidato dell’uninominale “trascina” la scelta verso il listino bloccato della quota proporzionale. In questo modo un elettore, per votare il candidato preferito nel collegio, può essere costretto a votarne un altro “sgradito” come capolista del proporzionale. Qui si nasconderebbe, secondo i ricorrenti una limitazione del diritto di voto.

Il giudice ha preso atto delle istanze dei ricorrenti e si è riservato 60 giorni per decidere, con la conseguenza che le elezioni politiche del 4 marzo si terranno regolarmente, mentre potrebbe esserci qualche sorpresa con la proclamazione degli eletti. «Spero vivamente che ci sia un giudice a Berlino – sottolinea Biancofiore – capace di stoppare un sistema elettorale che mira a consegnare la vittoria a tavolino all’alleanza SVP-PD-PATT e che fa strame della democrazia rappresentativa».