Autonomia/2: da Lombardia e Veneto “No” alla bozza formulata dal Governo Gentiloni

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Zaia e Maroni fanno una controproposta soprattutto per risolvere il nodo delle risorse finanziarie per superare il criterio della spesa storica 

zaia maroniSe in Emilia Romagna, regione gestita dal centro sinistra, si va verso la sottoscrizione dell’intesa per una maggiore forma di autonomia sulla base della proposta formulata dal Governo, in Veneto e Lombardia, regioni gestite dal centro destra, si tira il freno e si dice “No” alla prima bozza inviata la scorsa settimana dal Governo uscente a Venezia e Milano. 

Di fatto, quello inviato da Roma è stato un testo identico per tutte e tre le Regioni sedutesi al tavolo con il sottosegretario Gianclaudio Bressa, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che contravviene per questo – osservano dalla Regione Veneto – alla logica del regionalismo differenziato propria dell’art.116; cioè un’autonomia che dovrebbe essere “cucita addosso” ai territori in base alle loro specificità. 

C’è poi il nodo dei tributi e della spesa storica, che il governatore veneto Luca Zaia pensa «debba essere assolutamente superata» per giungere ad un accordo. Così Zaia si è seduto al tavolo assieme agli esperti della delegazione trattante e ha redatto una controproposta per la «vera autonomia» del Veneto. Cinque punti, che si appresta a spedire a Roma, e sui quali dovrebbe esserci anche la firma di Roberto Maroni. 

«Il gruppo di esperti sta ancora lavorando – ha detto Zaia – Stiamo parlando di una bozza di osservazioni, che oltretutto non è stata ancora inviata al Governo». «Non c’è ancora alcuna lettera al Governo – ha detto a sua volta Maroni -, ma sono in costante contatto con il governatore del Veneto e insieme ai nostri tecnici stiamo lavorando a delle proposte emendative comuni alla bozza inviata da Palazzo Chigi». 

Nella contro-bozza, il Veneto chiederà innanzitutto il «radicale superamento» del criterio della «spesa storica», con l’individuazione di altri che invece tengano conto delle specificità territoriali e confinarie della Regione. Per le risorse, chiederà una «compartecipazione al gettito dei tributi erariali maturato sul territorio della Regione» o «una riserva di aliquota determinata sugli stessi». Che, vista dalla parte di Zaia, significa riproporre il principio del 9/10 delle tasse da lasciare sul territorio dove quei tributi vengono generati, similmente a quanto accade nel confinante e “specialissimo” Trentino Alto Adige. Nel documento di Palazzo Chigi, tra l’altro, questo aspetto sarebbe finora lasciato in secondo piano. La bozza del Governo farebbe riferimento al gettito di un tributo erariale (la compartecipazione regionale all’Iva), mentre Venezia vorrebbe che fossero più tributi. 

C’è poi il capitolo delle materie: 5 quelle finora analizzate nei tavoli tra Venezia (così come Milano e Bologna) e Roma: sanità, ambiente, istruzione, e rapporti con l’Ue. Zaia invece era partito dal referendum vittorioso del 22 ottobre 2017, e il “contratto” con gli elettori parlava di 23 materie (cioè tutte quelle consentite dall’articolo 116). Nel contro-documento da spedire al Governo, il Veneto chiede così che il negoziato rimanga comunque “aperto” sulle materie già trattate, e che prosegua sulla competenze non affrontate in questa prima fase. Un compito, quest’ultimo, che spetterà al Governo che sarà deciso dal voto del 4 marzo.

«E’ certo che non farò sconti a nessuno» ha sottolineato il governatore Luca Zaia -. I veneti da me si aspettano di firmare documenti che fanno bene alla regione, anche se non cerco la rissa con Roma e non l’ho mai cercata. Io conto di firmare se vengono accolte le nostre osservazioni al documento bozza che ci è stato presentato. Se non vengono accolte, vuol dire che la firma non è sostenibile. Infine, sia chiaro che noi vogliamo aprire dei tavoli su tutte e 23 le materie previste dalla Costituzione, non una di meno».