Marketing del vino: secondo Nomisma l’export Italia in 10 anni è cresciuto del 69% in valore

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export vino italiano

Il punto con la presentazione del libro “Wine Marketing” edito dal centro di ricerca bolognese che analizza scenari, mercati internazionali e competitività del vino italiano.

La “premiumization” dei consumi, le incognite dell’effetto “Brexit”, i cambiamenti nella gestione dei monopoli canadesi, le performance dei vini rosé negli Stati Uniti, il nuovo approccio alla sostenibilità del “Systembolaget” svedese, sono solo alcune delle informazioni strategiche contenute nell’edizione 2018 di “Wine Marketing”, la pubblicazione di Nomisma Wine Monitor su scenari, mercati internazionali e competitività del vino italiano presentato a Firenze presso l’Accademia dei Georgofili.

Uno strumento utile per gli operatori del settore nella comprensione delle dinamiche e delle tendenze di un mercato in continua evoluzione e che ha visto crescere export italiano del 69% nell’ultimo decennio. Un risultato di tutto rispetto, superiore a quanto messo a segno dai vini francesi nello stesso periodo (+33%), ma meno di quelli neozelandesi (+160%).

A dieci anni dalla prima edizione pubblicata nel 2008, Wine Marketing 2018 si arricchisce della “vision” sul futuro del vino italiano di 3 protagonisti di punta del settore: Lamberto Frescobaldi (Marchesi Frescobaldi), Matteo Lunelli (Gruppo Lunelli), Ettore Nicoletto (Santa Margherita Gruppo Vinicolo).

Nel corso degli ultimi dieci anni, il vino italiano è stato protagonista di importanti cambiamenti e conquiste. Tra queste, la riduzione dell’export di vino sfuso (-15% a volumi) nonché la crescita dei consumi di spumanti nel mondo e la contestuale esplosione delle esportazioni italiane, in particolare di Prosecco.

«Grazie ad una crescita del 240%, oggi l’Italia contribuisce al 23% di tutto l’export mondiale in valore degli spumanti, contro un peso di appena il 10% detenuto nel 2007. Ovviamente il nostro ruolo diventa quello di leader nel caso dei volumi esportati, arrivando a pesare per il 43% del totale, contro il 21% degli spumanti francesi e spagnoli» ha evidenziato Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor e curatore del volume. Dall’altro lato, i vini rossi fermi, che continuano a rappresentare l’architrave dell’export italiano con un’incidenza del 40%, non sono riusciti ad eguagliare tali performance, fermandosi ad un +56%.

«Le forti potenzialità di crescita per il mercato cinese derivano da consumi di vino ancora ridotti e soprattutto concentrati solo in alcune fasce della popolazione, con maggiori capacità di spesa e risiedenti nelle aree urbane delle città più popolose – ha dichiarato Silvana Ballotta, amministratore delegato di Business Strategies -. Nei prossimi cinque anni, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, il reddito medio pro-capite in Cina dovrebbe aumentare del 50%, con più di 6 cinesi su 10 concentrati nelle aree urbane. Ed è proprio alla luce di questi fattori di scenario che ci hanno convinto una volta di più – nell’obiettivo di supportare le imprese italiane del vino a cogliere tali opportunità – ad essere presenti direttamente su questo mercato con una nostra Wine Academy».