Zaia, Toti e Fontana a Trieste per “tirare” la vittoria di Fedriga

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Sottoscritto nuovamente il “Patto del Nord” tra i governatori delle più importanti regioni amministrate dal centro destra.

A Trieste è c’è stata la riedizione del “Patto del Nord” tra i governatori delle maggiori regioni del Nord Italia amministrate dal centro destra, similmente a quello che era stato sottoscritto a Sirmione nell’ormai lontano 2013 tra Cota (Piemonte), Zaia (Veneto), Maroni (Lombardia) e Tondo (Friuli venezia Giulia), solo che ora ci sono i volti nuovi del governatore ligure Giovanni Toti (Forza Italia), del lombardo Attilio Fontana( Lega), che assieme al veneto Luca Zaia (Lega) hanno dato una sorta di imprimatur politico alla vittoria elettorale (scontata) del prossimo 29 aprile del leghista Massimiliano Fedriga alla guida del Friuli Venezia Giulia.

Proprio Fedriga spiega i motivi della nuova edizione del “Patto”: «è indispensabile far uscire dall’isolazionismo la Regione, dopo che l’amministrazione uscente targata Pd ha fatto perdere 1,8 miliardi di euro all’anno, grazie all’accordo Padoan-Serracchiani, che di fatto ha compresso l’autonomia della regione». Per Fedriga, il nuovo “Patto” costituisce una sorta di  soccorso reciproco tra le Regioni, oltre a servire per rinegoziare nuove misure con lo Stato, per acquisire maggiori competenze, per ragionare su diversi spazi finanziari».

Il tema dell’autonomismo è stato ribadito anche da Fontana e da Zaia, amministratori di due regioni che ahnno in corso con lo Stato una trattativa per aumentare le rispettive forme di autogoverno, oltre che dallo stesso Toti che chiede per la “sua” Liguria lo stesso trattamento delle altre due regioni del Nord. Zaia parla di «volontà di un percorso assieme, non solo di buone pratiche ma soprattutto di strategie». Toti sottolinea che «di fronte a una legislatura che stenta a decollare e di equilibri fragili in Parlamento le Regioni devono dare priorità alle istanze dei cittadini, devono essere ascoltate a Roma dal Governo centrale». Per Toti la priorità è anche «la riprogrammazione dei fondi Ue». Fontana, fresco di elezione alla guida della Regione Lombardia, avverte che «non si può tornare ai rigurgiti del centralismo» e il patto di Trieste «dà la visione di un gruppo di Regioni che assieme vogliono lavorare».

Quanto siglato a Trieste dai “Quattro del Nord” costituisce la base per redigere un documento più corposo e che verrà proposto congiuntamente alla Conferenza delle Regioni al fine di introdurre i costi standard nella gestione della spesa pubblica, meccanismo che premia le amministrazioni virtuose, riducendo gli sprechi. Sullo sfondo anche la richiesta al futuro governo, nell’ambito della trattativa già aperta con il precedente sul tema dell’autonomia, della «piena applicazione dei decreti sul federalismo fiscale, la compartecipazione al gettito tributario relativo al recupero dell’evasione fiscale, in particolare dell’Iva a cui le Regioni si impegnano a dare il proprio contributo».

Dal suo pulpito, la ex presidente, Debora Serracchiani, che non ha voluto tentare il bis alla guida della Regione conscia dello sfracello da lei (e dalla sua maggioranza di centro sinistra) creato (puntalmente giudicato dai cittadini nelle urne elettorali delle Politiche del 4 marzo scorso, dove la Serracchiani ha perso seccamente il confronto diretto con Renzo Tondo, recuperata solo al fotofinish nel proporzionale) quello di Trieste «è un patto burla».