Il triste tramonto di Rossi (e del Patt) dopo la “sgrugnata” del 4 marzo scorso

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trentino laboratorio

di Stefano Elena

Penosi i tentativi di tenere a galla una barca già semiaffondata. I “successi” della legislatura a guida Patt si vedono tutti nel differenziale con la provincia di Bolzano, che si è allargato invece di stringersi.

A Trento c’è molta agitazione all’interno delle stanze del potere provinciale, sia nei palazzi della Provincia che in quelli dei partiti di centro sinistra autonomista che sorreggono l’attuale giunta guidata dall’autonomista Ugo Rossi: ogni giorno che passa si assiste al tentativo strenuo di tenere a galla una barca già semiaffondata, tanto che ormai il Patt (e Rossi) sembrano asserragliati nel fortino di Piazza Dante per difendere il primato del partito alla guida dell’Autonomia speciale, quando tutti gli altri partner hanno già esposto il cartellino rosso.

Praticamente, a favore di un Rossi bis alla guida della provincia di Trento c’è solo il suo partito e, in questo, solo la più ristretta schiera di fedelissimi e di “yes man”, visto che molti autonomisti lo hanno già abbandonato preferendo altri lidi, ad iniziare da quello del fuoriuscito Walter Kaswalder o quello della Civica Trentina che potrebbe essere il nuovo centro di gravità della politica trentina, specie se saprà coalizzare attorno a se i vari movimenti civici locali.

Anche da parte di Pd e Upt (ovvero quel che resta della vecchia Dc trasformatasi poi nel tempo nella Margherita dellaiana) la parola più in voga è “discontinuità”, seguita da “ricambio”, consci del fatto che la guida della maggioranza da parte di Rossi sostenuto in ciò dal suo segretario di partito, Franco Panizza (uscito personalmente sconfitto dalle “Politiche”, visto che è stato battuto dal candidato di Fratelli d’Italia), ha portato la compagine a sbattere clamorosamente sia sul risultato strettamente politico (la sconfitta 6-0 alle Politiche del 4 marso scorso) che su quello sociale ed economico, specie in confronto con la “cugina” provincia di Bolzano, dove i risultati, a differenza di quella di Trento, ci sono stati e molto tangibili.

Sono gli stessi partner di giunta uscente a chiedere al Patt di «non arroccarsi nella difesa dell’esistente», ma di guardare avanti, anche per il bene della stessa coalizione per cercare di arginare quella che nelle teste di molti è la disfatta attesa per le Regionali/Provinciali del prossimo 21 ottobre, quando per Rossi e compagni ci sarà il giudizio inappellabile del popolo elettore. Da molti, specie dall’ala Dem, s’invoca un deciso cambio generazionale, con l’individuazione di un leader capace di unire e di trascinare il popolo progressista sempre più evanescente e deluso. Ma anche trovare un leader di tal fatta dinanzi ad uno scenario che preannuncia una probabile Waterloo è difficile: anche trovando un “pezzo da 90” difficilmente si potrà invertire la tendenza dopo cinque anni di mal governo, che segue ad un quindicennio di governi di centro sinistra che hanno fatto decisamente poco per difendere e rafforzare l’Autonomia speciale dinanzi ai tentativi dei governi centrali di depotenziarla, soprattutto sul lato finanziario. Da questo punto, Roma ha “scippato” alle casse del Trentino qualcosa come un terzo del suo bilancio annuale: 1,5 miliardi di euro all’anno sottratti con la scusa di partecipare al risanamento dei conti dello Stato, mentre altri (e altre autonomie speciali) hanno continuato allegramente a sprecare e a chiedere più soldi per continuare nell’allegro andazzo (Sicilia docet). Soldi che potrebbero essere al centro di un’azione di recupero da parte di una maggioranza più forte e coesa di quella che sta per lasciare.

Anche il trastullo del cambio di genere alla guida dell’autonomia come avanzato da qualcuno difficilmente potrà invertire la tendenza: tra le fila del progressismo in salsa autonomista non s’intravvede all’orizzonte una donzella con le palle capace di prendere seriamente in mano il timone della gestione del potere provinciale.

Difficile che nei sei mesi che mancano al giudizio del voto popolare per la maggioranza uscente provinciale riesca a riguadagnare quel consenso popolare che solo cinque anni fa le aveva fatto conquistare una rotonda maggioranza nei confronti di un centro destra diviso e dilaniato. Quest’ultimo sembrerebbe avere imparato la lezione del passato, anche se c’è ancora qualche galletto che, più per puntiglio personale che per autentica necessità politica, potrebbe rompere il giocattolo dell’unitarietà del centro destra vittorioso delle Politiche del 4 marzo scorso. Dopo lustri di marginalità, il 21 ottobre 2018 ci potrebbe essere la possibilità di un generale rinnovamento alla guida della Provincia di Trento, specie se il centro destra saprà individuare un timoniere autorevole capace di unire e di fare squadra, superando quei vari personalismi che ancora compaiono qua e la nella compagine del centro destra. In particolare, si dovrà fare attenzione anche alla qualità e allo spessore dei candidati, perché le “Provinciali” sono cosa ben diversa dalle “Politiche”: qui c’è ancora la preferenza personale che va raccolta una ad una tra la gente con ben 35 candidati in lizza per ciascuna lista. Non ci si può permettere il lusso di candidare chicchessia come alle “Politiche” contando solo sulle capacità di mobilitazione e di traino dei leader nazionali che ha fatto decisamente premio sulla capacità dei singoli candidati nei collegi e nel listino bloccato.

Al risultato del voto in Trentino (e in Alto Adige) sono puntati molti occhi, specie all’indomani del voto in Friuli Venezia Giulia, dove il centro destra a trazione leghista ha conquistato oltre il 57% dei voti (pur in presenza di quasi il 50% di astenuti). Il Trentino costituisce nel Nord Italia l’unica macchia rosa in un contesto generalmente verde-azzurro, se si eccettua la storica Emilia Romagna, dove il rosso si sta vieppiù stingendo verso il bianco rosa, e il Piemonte dove la maggioranza Dem scricchiola vistosamente. E’ probabile che anche in Trentino l’onda del centro destra riesca a sopravanzare, forse con l’incognita del risultato delle formazioni post centriste che si stanno coalizzando intorno alle liste civiche. Come in Friuli Venezia Giulia, anche in Trentino la presenza grillina non dovrebbe andare oltre una pura testimonianza, forse per l’incapacità di interpretare i profondi sentimenti della popolazione locale che di quell’assistenzialismo all’ingrosso che ha fatto il successo dei pentastellati al Sud non sa che farsene.