Pasta Zara chiede il concordato preventivo per arginare la crisi di liquidità

L’azienda della famiglia Bragagnolo risente degli effetti del terremoto delle ex-banche popolari venete che hanno avuto ricadute anche sulla solidità economica dell’azienda trevigiana. 

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Nuova tegola sulla testa del celebre pastificio trevigiano Pasta Zara, guidato da oltre un secolo dalla famiglia Bragagnolo: a causa della situazione finanziaria sempre più delicata esplosa con la crisi delle ex banche popolari venete, è partita la richiesta del concordato fallimentare preventivo, a seguito della comunicazione dell’incapacità da parte dell’azienda di onorare la scadenza al 31 marzo scorso della cedola di un prestito obbligazionario da 5 milioni di euro. Oltre a questo, già l’anno scorso, l’azienda di Riese Pio X aveva mancato di versare i contributi previdenziali (per i quali è previsto il pagamento rateizzato), sempre per difficoltà di liquidità, culminate nella chiusura del bilancio 2017 con un “rosso” di 25,7 milioni di euro.

Sulla richiesta di concordato ora dovrà esprimersi il Tribunale della Marca, che in caso di ammissione garantirà l’operatività dell’azienda e una sorta di ombrello contro le richieste dei creditori. A fare scattare la domanda di concordato l’impossibilità di fare fronte al pagamento della cedola semestrale di circa 325.000 euro a favore delle banche che avevano sottoscritto il prestito obbligazionario. Lo scorso 14 dicembre 2017 l’azienda aveva cercato con i creditori una dilazione nel pagamento delle cedole in scadenza a causa anche della riduzione degli affidamenti bancari.

Come detto, le difficoltà di Pasta Zara derivano dalla crisi di Popolare Vicenza e di Veneto Banca, dove Bragagnolo aveva investito, come tanti suoi concittadini, investimenti evaporati dalla crisi dei due istituti, tanto da mandare in perdita il bilancio della società dovute alle svalutazioni nelle due banche. A questo, si deve aggiungere gli effetti della crisi dei consumi che hanno inciso anche sul mercato della pasta, cosa che ha comportato la riduzione del giro d’affari dell’azienda con un fatturato in calo passato dai 282 milioni di euro del 2015 ai 239 del 2016.

In forte preoccupazione anche i circa 500 dipendenti dell’azienda suddivisi tra gli impianti di Riese Pio X, Muggia (Trieste) e di Rovato (Brescia), mentre le quote di mercato dell’azienda, attiva in 100 paesi nel mondo, non dovrebbero subire scossoni.