La regione Emilia Romagna investe sui Big Data

Disponibili 58 borse di dottorato di ricerca per oltre 5 milioni di euro e formazione ai neolaureati di tutte le discipline degli atenei dell'Emilia-Romagna per 900.000 euro. Secondo uno studio di Nomisma, con i Big Data 3 aziende su 4 aumentano fatturato e produttività. 

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La regione Emilia Romagna ha approvato due progetti di ricerca e specializzazione sui Big Data. Sono disponibili borse triennali di dottorato per un’economia digitale, per l’innovazione e la specializzazione del nostro sistema economico-produttivo e il patrimonio culturale. E poi formazione sui Big Data aperta a tutti i neolaureati degli atenei dell’Emilia-Romagna, provenienti da tutti gli indirizzi.

«Con la sottoscrizione del “Patto per il lavoro”, tutti i firmatari si sono impegnati a contribuire al rilancio dello sviluppo e dell’occupazione nella nostra Regione, a partire dall’analisi dei cambiamenti in atto – ha sottolineato l’assessore regionale al lavoro, formazione e università, Patrizio Bianchi -. Siamo convinti che la crescita e la capacità di generare buona occupazione della nostra società si fondino sulla diffusione delle conoscenze e delle competenze e quindi su un’ampia capacità di innovazione nella produzione e nei servizi delle imprese del territorio grazie alla connessione tra sistema produttivo e il mondo della ricerca e della formazione».

Il beneficio della diffusione di conoscenze in questo ambito viene confermato da uno studio di Nomisma commissionato da Aster e Regione: sfruttando i Big Sata tre aziende su quattro (71,4% delle risposte) riescono ad aumentare la produttività o il fatturato e a sviluppare nuovi processi e prodotti, ma per ottenere questi risultati è necessario aspettare almeno due o tre anni. L’analisi, che ha riguardato un campione di importanti aziende emiliano-romagnole – fra cui Bper, Cir, Coop, Granarolo, Unipol Sai, Yoox, Crif, Sacmi, IMA – che lavorano con i Big Data, ha evidenziato gli ostacoli che le imprese incontrano nel raggiungimento degli obiettivi fissati nei progetti, tra cui la mancanza di adeguata formazione sul tema anche a livello manageriale.

La ricerca ha evidenziato che le aziende di produzione e servizi utilizzano i Big Data prevalentemente per effettuare analisi di mercato e della clientela (83,3% delle risposte), per sviluppare nuovi prodotti/servizi e per migliorare la produzione (75% ciascuna) e per gestire le attività post vendita (41,7%). Dall’altro lato, le imprese di ICT utilizzano i big data per migliorare la produzione (64,7%), per sviluppare prodotti e servizi (58,8%), ma anche per analizzare i mercati e i comportamenti della clientela (41,2%)e per gestire le attività di post vendita (47,1%).

La ricerca ha evidenziato gli ostacoli che le imprese incontrano nel raggiungimento degli obiettivi fissati nei progetti. Si tratta di fattori culturali per il 60% delle aziende ICT e l’81,8% di quelle produzione e servizi: gli operatori non sanno spesso come utilizzare le procedure di analisi e non sanno capirne né le funzionalità né le finalità.

In alcuni casi vi è anche un problema a livello manageriale che, in assenza di adeguata formazione sul tema, si trova spesso a gestire in modo inadeguato i progetti di Big Data analytics. Diversi sono gli obiettivi strategici che le imprese intervistate nello studio commissionato da Aster vorrebbero raggiungere utilizzando tecniche avanzate di data analytics. Le imprese di produzione e servizi, per non divulgare dati che potrebbero contenere informazioni sensibili preferiscono (82%) fare la prima analisi internamente e puntano principalmente a ottenere un aumento del fatturato e a sviluppare nuovi processi e prodotti (78,6% per ognuna delle opzioni). Altrettanto importanti sono lo sviluppo delle relazioni con i clienti e il marketing (71,4%), l’efficientamento dei processi esistenti (50%), l’aumento della produttività e l’individuazione di nuovi mercati (42,9% ciascuna). Gli obiettivi delle imprese ICT sono invece prevalentemente orientati all’aumento del fatturato (90%), all’aumento della produttività e all’efficientamento dei processi (70% ciascuna).

Le aree aziendali che più di tutte beneficiano dell’utilizzo dei Big Data nelle imprese di produzione e servizi sono il “business” (54,6%), l’IT (36,4%), il “marketing” e la ricerca e sviluppo (27,3% ciascuna), e la divisione produzione (18,2%).

La Regione ha una tradizione nel campo dei Big Data e del calcolo informatico: il 70% della capacità di supercalcolo del Paese è concentrata in Emilia Romagna. L’insieme dei soggetti che nella regione opera nell’ambito dei Big Data rappresenta uno degli hub più grandi in Europa, una concentrazione di centri di tecnologie e di ricerca all’avanguardia internazionale – alcuni dei quali confluiranno nel Bologna Big Data Technopole – come il Cineca, Infn, le università regionali, Inaf, Ingv, Cnr, Enea che conta più di 1.700 ricercatori, in parte stranieri. Tutte queste realtà che insieme formano la Big Data Community dell’Emilia-Romagna si sono costituite recentemente in una associazione.