Intervista a Gianmarco Centinaio, nuovo ministro all’Agricoltura e Turismo

«Voglio essere alla testa di un volano in grado di restituire al Paese crescita e considerazione internazionale». 

0
1775
gianmarco centinaio

di Stefano Elena

Alla guida di un ministero che potrebbe essere il motore dell’Italia grazie alle competenze sulla produzione agroalimentare e al turismo c’è il pavese Gianmarco Centinaio, esponente di lungo corso della Lega, con un passato di dirigente di azienda operante nel campo turistico.

Con lui una serie di riflessioni sui temi che lo attendono alla guida del dicastero.

 

Ministro Centinaio, sul suo tavolo ci sono letteralmente una serie di patate bollenti: dalla crisi dello zucchero a quella del riso, passando per l’olio e il depotenziamento dell’etichetta del “made in” voluto dall’Europa. Come intende muoversi?

Affrontando un problema per volta, possibilmente risolvendolo senza lasciarlo ai posteri. Quelle citate sono questioni che vanno affrontate concretamente in modo risoluto perché ci sono migliaia di agricoltori in affanno e che rischiano di soccombere per i problemi collegati all’importazione di prodotti extraeuropei grazie all’abbattimento dei dazi voluto dall’Unione Europea. Abbattimento che ha finito con il penalizzare l’agricoltura italiana, che è il maggior produttore europeo di riso, uno dei principali di olio extravergine d’oliva, un buon protagonista nel campo dello zucchero. Tutte produzioni che oggi sono minacciate dalle importazioni a prezzi che sono sotto costo rispetto alle produzioni italiane che devono sopportare oneri maggiori, dalla manodopera all’energia. Quando si fanno trattative internazionali sarebbe giusto evitare di utilizzare l’agricoltura come moneta di scambio. A poco vale trattare l’export di macchinari o di prodotti della moda quando poi si deve accettare di aprire il paese all’import di prodotti agricoli a prezzi irrisori che poi finiscono con il penalizzare gli agricoltori italiani. A livello di sistema Paese il conto finisce con l’essere in perdita e non ne vale la pena. Se la produzione agricola italiana ed europea è in calo lo si deve anche a scelte di politica economica di questo tipo, che privilegiando il settore manifatturiero finiscono con il penalizzare il settore primario che, non dimentichiamolo, è fondamentale per l’economia del Paese, per l’integrità del territorio e per la salute dei suoi abitanti.

 

Non si deve dimenticare che l’agricoltura è fondamentale anche per la bellezza del paesaggio e per la sicurezza del territorio.

Il successo dell’Italia nei secoli si è basato su tre fattori: la bellezza del nostro territorio, fatta di campi ben tenuti ed ordinati, la cultura in senso ampio e l’ampiezza dell’offerta enogastronomica. Nel mondo non c’è altra realtà che può vantare una ricchezza simile come quella italiana. Sta a noi il dovere di non trascurarla, ma semmai di curarla e di migliorarla per lasciarla ancora più bella ai nostri figli. Ecco, in questi termini, all’agricoltore tocca essere anche una sorta di giardiniere del territorio, con il compito, oltre che di produrre cose buone e genuine, anche di curare il bello del paesaggio.

 

Tornando al dumping delle importazioni da paesi esteri, specie di quelli in via di sviluppo, non ritiene che una leva potrebbe essere il rafforzamento dei controlli fitosanitari sui prodotti importati, visto che spesso in quelle realtà si utilizzando fitofarmaci da noi vietati da decenni e che potrebbero lasciare qualche traccia sui prodotti destinati all’alimentazione?

Il rafforzamento dei controlli fitosanitari sui prodotti all’importazione è una delle prime azioni che ho ordinato di mettere in campo al corpo forestale che dipende direttamente dal Ministero. Si tratta di un canale del tutto legale per verificare che il puntuale rispetto delle norme sanitarie italiane – che sono tra le più ristrettive al mondo – vengano puntualmente rispettate. Non solo: vorrei che anche l’industria prendesse coscienza che il sistema Paese regge se tutti facciamo la nostra parte. Più che puntare ad offrire ai consumatori merce a basso prezzo di dubbia origine, sarebbe meglio mirare su una filiera agroalimentare completamente italiana. Sarebbe un fattore di cui tutti si avvantaggerebbero, una logica vincente per tutti, dal produttore al trasformatore, al commerciante. Un prodotto italiano può essere completamente tracciato dal campo alla tavola, e anche sui mercati esteri questo è un plusvalore da non trascurare.

 

Poi c’è l’annosa questione delle imitazioni dei prodotti Dop italiani e dell’“italian sounding”

Proprio per questo è necessario potere contare su una filiera completamente italiana e tracciabile. Uno dei compiti del ministero è combattere le falsificazioni all’estero dei migliori prodotti tipici italiani. Un formaggio Parmigiano è cosa totalmente diversa da un Parmesan o da un Reggianito, così come non è ammissibile assistere alla vendita di polverine che assicurano la produzione dei nostri migliori vini Dop con l’aggiunta di un po’ d’acqua. Ho già sul tavolo un piano per rafforzare l’azione di promozione e commercializzazione dei prodotti tipici italiani, perché è indispensabile comunicare e convincere i consumatori esteri che se vogliono mangiare italiano, con tutti gli effetti benefici della dieta mediterranea, non possono sicuramente rivolgersi a delle imitazioni, spesso scadenti, dei prodotti italiani. Anche nel campo internazionale, è necessario rafforzare l’azione di contrasto per difendere meglio di quanto si è finora fatto gli interessi nazionali nella stipula degli accordi internazionali in collaborazione con il ministro degli Esteri, avendo il coraggio di opporsi se contrari ai nostri interessi.

 

Altro tema delicato è l’olio extravergine spacciato per europeo quando proviene da olive marocchine o tunisine…

Premesso che non possiamo interferire con le logiche che giudico controproducenti messe in atto da qualche paese europeo che si presta a fare da ponte alle importazioni extraeuropee, bisogna rafforzare il ruolo informativo costituito dalle etichette sulle confezioni dei prodotti. Anche se l’Europa di fatto lo ha reso un’arma spuntata, l’Italia deve avere la costanza e il coraggio di persistere nella sua battaglia per la trasparenza dell’origine dei prodotti. Sull’etichetta deve essere riportato chiaro ed evidente (non scritto caratteri microscopici) l’origine degli ingredienti di base (dal grano alle olive, al latte, tanto per fare un esempio), il luogo di trasformazione e di confezionamento. In questo modo si dà al consumatore la facoltà di scegliere cosa mangiare. Spero che questo scenario sia supportato da tutti i protagonisti del nostro “Made in Italy” che mi piacerebbe fosse orgogliosamente chiamato “Prodotto in Italia”, per rilanciare e promuovere in tutto il mondo la dieta mediterranea con vantaggi per i produttori e anche per il turismo.

 

In agricoltura si assiste ad un massiccio ritorno di giovani, che però lamentano il caro della terra e oneri burocratici asfissianti…

Che l’agricoltura sia tornata ad essere attrattiva per i giovani è un ottimo segnale e al Ministero tocca il compito di rendere il più possibile facile agli imprenditori del settori, chiunque siano, tagliando gli adempimenti burocratici, accelerando i pagamenti dell’Agea con scadenze certe e stanziando risorse adeguate per il sostegno del comparto. Come detto, il mio obiettivo è di mettere l’agricoltura al centro dell’attenzione del Paese sia come protagonista della qualità del paesaggio a fini turistici, sia per la manutenzione del territorio per evitare incendi e dissesti idrogeologici. Inoltre, il settore deve recuperare il tempo perduto in tema di sviluppo tecnologico: c’è bisogno anche qui di un’agricoltura 4.0, sia per ridurre i costi di produzione che per migliorare l’efficienza e la riduzione dei trattamenti fitosanitari al minimo indispensabile.

 

Agricoltura che può dare una mano anche all’industria…

Si sta andando sempre più verso un’economia non basata sul petrolio ma su prodotti a base naturale. Vedo bene l’impiego di campagne non più redditizie per l’agricoltura ad uso alimentare per la produzione di basi per le biomasse da utilizzare a fini energetici o per la biochimica, così come per la produzione di materia base per la produzione di cellulosa e di pannelli di legno per l’industria edile o l’arredo che oggi in gran parte importiamo dall’estero. Ci sono tanti settori che da una più stretta collaborazione tra l’industria e l’agricoltura possono trarre giovamento anche tutto il sistema Paese, oltre che l’ambiente in termine di minore inquinamento e di migliore impiego di risorse rinnovabili.

 

Tocco un tasto dolente, quello dei forestali in sovrannumero in certe realtà del Paese, oppure della protesta contro l’accorpamento del Corpo forestale dello Stato con i Carabinieri…

Dico chiaramente che il settore forestale in certe zone del Paese non deve più esser inteso con un servizio di collocamento sociale, ma deve essere un servizio effettivamente svolto per il bene del territorio e del Paese. Si tratta di un consistente numero di persone che deve essere adeguatamente valorizzato e nei prossimi giorni il Ministero si attiverà con le amministrazioni regionali interessate per portare a normalità la situazione non più sostenibile. Quanto all’incorporazione del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri personalmente sono sempre stato contrario. Ora è pendente un ricorso contro la decisione del mio predecessore. Vedremo il risultato, ma tengo a sottolineare che il ministro condivide la richiesta di autonomia gestionale e funzionale del Corpo forestale.

 

A giorni lei otterrà anche la delega come ministro al Turismo. Cosa si propone dall’unione di Agricoltura e Turismo?

Realizzare un formidabile volano per la promozione del sistema Paese, passando dal paesaggio all’ambiente, alla cultura e alla tavola. Chi arriva in Italia spesso lo fa per assaporare le nostre migliori tradizioni culinarie ed enologiche. Dobbiamo essere in grado di allestire un’offerta integrata che spazi a tutto tondo in modo da offrire un’esperienza completa al turista, che spazi dagli occhi alle papille gustative, magari facendolo tornare a casa munito di un ricco bagaglio di provviste rigorosamente genuine e prodotte ed acquistate in Italia.

 

Intanto, come primo biglietto da visita ai turisti dal Nord Europa ci sono carburanti ben oltre la soglia dei due euro al litro, come sull’Autostrada del Brennero.

Il caro carburanti non affligge solo i turisti stranieri per i quali convengo che sia un pessimo biglietto da visita, ma tocca anche gli italiani, i quali viaggiano sempre di meno per via dei costi del viaggio tra carburanti ed autostrade. Nel programma del centro destra e anche in quello del Governo è previsto il taglio delle accise per portare il prezzo medio dei carburanti il più possibile vicino a quello medio europeo anche in considerazione che gran parte dei turisti che arrivano in Italia lo fa in automobile e che il turista è sempre più attratto dalle offerte dei paesi confinanti, ad iniziare da Francia e Croazia che offrono prezzi più bassi. In Italia il comparto turistico deve essere valorizzato alla stregua di quello manifatturiero perché è dimostrato che costituisce uno dei volani per lo sviluppo dell’economia nazionale. Fino ad ora è stato colpevolmente trascurato. E’ ora di riportarlo all’importanza e all’attenzione che spetta al comparto.

 

Cosa intende fare da subito?

Uno dei primi aspetti su sui agire di concerto con i miei collegi ai Trasporti e al Tesoro è di agire sulla qualità dei trasporti e sul peso del fisco. Bisogna puntare ad avere servizi ferroviari e aerei di qualità migliore, con più collegamenti dalle principali località italiane con il resto del mondo. Bisogna recuperare ad efficienza e sicurezza gran parte della rete stradale, risolvendo le attuali congestioni. Bisogna recuperare competitività sul fronte dei prezzi iniziando dall’applicare sul comparto turistico una fiscalità meno penalizzante di quella attuale, spesso doppia rispetto ai nostri competitori europei. Bisogna stroncare i fenomeni di concorrenza sleale nel settore, ad iniziare da quello delle offerte turistiche digitali che non generano gettito fiscale per il fisco italiano, contribuendo ad abbassare artatamente i prezzi. Bisogna ridurre oneri e adempimenti burocratici nei confronti degli operatori turistici attivi sul territorio. In questo modo, si dà la possibilità agli imprenditori di avere più risorse per l’ammodernamento delle loro strutture, che in media sono poco in linea con le esigenze della clientela, oltre che per offrire al cliente finale una tariffa più competitiva. Si tratta di un impegno preso in campagna elettorale che intendo onorare.

 

C’è poi la questione della formazione e della professionalità degli operatori del settore.

Da operatore del turismo ho ben presente le difficoltà che gli imprenditori del settore devono affrontare per trovare personale di qualità. Vorrei che, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, si desse il via il prima possibile alla creazione di istituti superiori del turismo in grado di formare operatori di qualità per tutte le mansioni del settore, dal maître al dirigente d’albergo passando per i sommelier, gli chef, gli operatori di cucina e di sala, oltre che le guide turistiche. Nel campo turistico è la qualità dell’operatore che fa la differenza, sia nel comportamento che nella conoscenza delle lingue, del territorio e dei prodotti tipici del territorio. E’ indispensabile che in questo campo la formazione passi dal solo apprendistato sul campo a quella acquisita sui banchi delle scuole che deve unirsi a quella ottenuta sul campo con l’alternanza scuola-lavoro. E alle famiglie rivolgo anche un appello: una buona scuola tecnica che prepara un ragazzo ad un lavoro che assicura un buon reddito e un impego certo non è sicuramente un ripiego rispetto ad una puramente classica o teorica il cui sbocco lavorativo oggi non è assicurato.

 

Nei prossimi tre anni ci saranno una serie di eventi internazionali: da Cortina 2021 all’Expo di Dubai ai Giochi Olimpici di Tokio. Potrebbero essere una vetrina per il prodotto e il turismo italiano?

Si tratta di eventi di portata globale con un’elevata ricaduta mediatica che vanno attentamente pianificati ed organizzati per evitare di buttare via montagne di denaro. Da subito bisogna realizzare un progetto complessivo di presenza dell’Italia a questi eventi, ma a patto che il sistema Paese sia rappresentato in modo unitario e coerente. Bisogna essere in grado di offrire alle persone con cui entriamo in contatto un’emozione, una sensazione unica ed indelebile, che induca in loro la necessità di venirci a trovare o di acquistare i nostri prodotti, dalla moda ai prodotti tipici. Dobbiamo essere in grado di sfoggiare il meglio del Paese. Solo così vale la pena di partecipare e di trasformare una spesa in un investimento produttivo in termini di maggiore export e di presenze turistiche.