Radiografia dell’artigianato negli anni della grande crisi

Costruzioni, manifattura e trasporti i settori più colpiti. A livello territoriale si salvano Milano e Bolzano. 

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radiografia dell'artigianato

La Cna ha realizzato la radiografia dell’artigianato: a dicembre 2017 le imprese artigiane registrate negli Albi delle Camere di commercio erano 1.327.180, in diminuzione rispetto al 2016 di 15.209 unità (-1,1%). Il calo del numero di imprese è stato determinato soprattutto dai settori delle costruzioni e della manifattura che insieme rappresentano il 60,9% dell’intera base produttiva dell’artigianato. Insieme i due settori hanno perso 14.811 unità produttive. Di queste 9.243 operavano nelle costruzioni (-1,8%), 5.568 nella manifattura (-1,8% anche in questo caso).

Tra i diversi comparti dei servizi, anche i trasporti hanno accusato una perdita rilevante in termini assoluti (2.078 imprese in meno tra il 2016 e il 2017, corrispondente a -2,4%). In controtendenza, invece, il comparto denominato “altre attività di servizi” nel quale è apprezzabile un aumento dello stock di imprese di 1.011 unità (+0,5%).

A livello territoriale, la riduzione del numero di imprese ha risparmiato solamente quattro province: Milano (437 imprese, +0,6%), Bolzano (88 imprese, +0,7%), Reggio Calabria (82 imprese, +0,8%) e Taranto (13 imprese, +0,2%). Nel resto della penisola le perdite più pronunciate sono state registrate nelle province di Torino (-1.379 imprese, -2,2%) e Bari (-1.104 imprese pari a -3,9%). Flessioni importanti, se valutate in termini percentuali, sono riscontrabili anche nelle province di Terni (-6,0%), Oristano (-5,9%) e Trento (-3,3%) dove le imprese perse tra il 2017 e il 2016 sono rispettivamente 291, 185 e 417.

La riduzione delle imprese artigiane verificatasi nel 2017 si inserisce in una dinamica ormai di lungo periodo. Dal 2009, infatti, la contrazione della base produttiva artigiana è stata continua ed è quantificabile in una perdita complessiva di 151.044 unità (-10,2%). Si tratta di dati particolarmente significativi e preoccupanti. In media, infatti, negli otto anni considerati l’artigianato ha perso 52 imprese ogni giorno. Inoltre, nello stesso arco di tempo, la dinamica delle imprese non artigiane è sempre stata in terreno positivo: dal 2009 al 2017 esso è aumentato infatti del 3,4% (+156.420 unità).

A livello locale, fatta eccezione per le province di Bolzano e Monza-Brianza, nelle quali tra il 2009 e il 2017 il numero delle imprese artigiane è aumentato rispettivamente del 2,2% e dell’1,7%, il calo delle imprese ha investito tutti gli altri territori, pur seguendo dinamiche differenti a livello settoriale. Rilevanti sono le perdite, in valore assoluto, nelle province di Torino (7.404 imprese artigiane in meno) e Bari (5.852 imprese artigiane in meno), mentre in termini percentuali le variazioni più ampie si sono registrate nelle province di Lucca (-21,6%), Crotone (- 19,5%), Oristano (-19,0%) e Pesaro-Urbino (-19,0%).

Come è stato puntualizzato già nell’edizione 2017 del rapporto redatto dalla Cna, a livello settoriale, in alcuni casi la diminuzione della base produttiva artigiana è stata determinata dalla crisi. È il caso della manifattura e delle costruzioni dove la caduta dell’attività produttiva ha investito l’intera base produttiva, in larga parte costituita da imprese artigiane. Purtroppo, la ripresa dell’attività economica consolidatasi nel 2017 ancora non si è riflessa in un aumento della base produttiva.

In altri casi, però, è stato soprattutto il modello artigiano a non avere retto all’impatto della crisi determinando così una diminuzione del numero delle imprese. Nel settore dei trasporti, ad esempio, a fronte di una riduzione ampia del numero delle imprese artigiane, si riscontra un aumento di quello delle imprese non artigiane. È verosimile che in questo contesto, la crisi abbia determinato una riorganizzazione del settore favorendo in particolare le imprese di dimensioni maggiori.

Infine vi sono alcuni ambiti settoriali nei quali la base produttiva complessiva, artigiana e non, è cresciuta tra il 2009 e il 2017 e nei quali però il modello artigiano non ha rappresentato necessariamente un fattore di vantaggio competitivo. Nei servizi alle imprese, infatti, il numero di imprese artigiane ha sperimentato una crescita più accentuata di quella complessiva. Negli “altri servizi”, invece, nonostante l’espansione importante del numero complessivo delle imprese (+6,8%), lo stock di imprese artigiane è rimasto invece pressoché stazionario (+0,1%) nel periodo di tempo considerato.

Di seguito, il dettaglio dei singoli comparti economici.

Manifattura. Vi è stata una crisi di natura settoriale che ha colpito l’intera platea del settore ma con una intensità diversa. Le imprese artigiane hanno registrato perdite più profonde in quanto penalizzate anche dal disgregamento delle filiere.

Costruzioni. In questo settore il 60,0% delle imprese è artigiana. La crisi ha connotazione settoriale ma riguarda da vicino anche il modello artigiano. Dietro alla contrazione della base imprenditoriale è possibile scorgere andamenti divergenti: le imprese artigiane hanno registrato una riduzione del 14,7%, le imprese non artigiane sono invece cresciute numericamente (+6,1%)

Trasporti. Il settore è a forte connotazione artigiana (50,6% delle imprese sono artigiane). In questo ambito è il modello artigiano che non ha retto alla crisi. Se, infatti, lo stock di imprese artigiane si è ridotto del 19,4%, quello di imprese non artigiane è aumentato dell’8,5%.

Servizi alle imprese. Il settore non sembra avere subito gli effetti negativi della crisi (almeno dai dati relativi alla numerosità delle imprese): tra il 2009 e il 2017 il numero complessivo delle imprese è aumentato spinto soprattutto dalle imprese artigiane (+39,5%).

Altre attività di servizi. Si tratta di un aggregato al cui interno sono ricompresi molti servizi per la persona (es. lavanderie, parrucchieri, centri benessere) e in cui il 77,1% delle imprese sono artigiane. In questo settore il modello artigiano non sembra avere costituito un fattore di vantaggio tant’è che il numero di imprese artigiane è rimasto sostanzialmente invariato (+0,1%) mentre quello di imprese non artigiane è aumentato del 38,0%.