La crisi Ferrarini viene da lontano

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La crisi Ferrarini viene da lontano: i problemi finanziari del gruppo salumiere emiliano non sono dovuti solo al fallimento di Veneto Banca, dove l’azienda è stata coinvolta nella deleteria pratica dei finanziamenti baciati che hanno comportato la perdita di circa una decina di milioni di euro. Secondo quanto riportato da “il Fatto”, l’azienda emiliana guidata dalla vicepresidente di Confindustria Lisa Ferrarini, naviga già da tempo in cattive acque, nonostante un marchio solido e con buon gradimento sul mercato da parte del pubblico.

La montagna di debito che ha condotto la Ferrarini Spa e la sua controllata Vismara Spa a chiedere il concordato preventivo ha radici che risalgono indietro negli anni. A quanto risulta a “il Fatto”, il debito cumulato dal gruppo sarebbe superiore ai 200 milioni di euro, con le banche esposte per 100 milioni e i fornitori per oltre 50 milioni. Già nel 2012 il debito complessivo del gruppo Ferrarini superava i 200 milioni di euro, saliti a 233 alla fine del 2015, con un fatturato stabile attorno ai 250 milioni di euro ed un margine lordo di 20 milioni, decisamente basso per servire la mole di debito accumulato.

Già nel 2014 le banche per concedere linee di credito avevano chiesto ai titolari del gruppo garanzie sui beni aziendali, mentre nel 2015 l’emissione di un’obbligazione da 30 milioni di euro è stata accompagnata da una maxi cedola del 6,375%, che ha comportato per l’azienda il pagamento di ben 9 milioni di euro in cinque anni in un contesto generalizzato di tassi vicini allo zero.

Ora, l’azienda e i suoi soci hanno 150 giorni di tempo per presentare il piano di ristrutturazione finanziaria e salvare il salvabile, mentre per gli 800 dipendenti di Ferrarini sono scattati i contratti di solidarietà e la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori della Vismara.