Frode dei prosciutti Dop tra San Daniele e Parma

La procura di Pordenone indaga 103 persone per frode e sequestra 270.000 prosciutti. Quella di Torino indaga sul Parma con 200 persone coinvolte. Alla base della frode l’utilizzo di una tipologia di maiale non autorizzata dal disciplinare che ha maggiore resa e minori costi di produzione. 

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prosciutto san daniele dop

Ci mancava anche la “prosciuttopoli”, la frode dei prosciutti Dop tutta italiana per allungare il già vastissimo elenco di falsi e plagi ai migliori prodotti italiani di qualità. Solo che questa volta non sono imitazioni grossolane e scadenti. Qui sono coinvolti anche ispettori dei rispettivi consorzi di tutela che pare abbiano chiuso un occhio se non entrambi sul pieno rispetto del disciplinare di produzione di due dei più famosi prosciutti Dop italiani, il San Daniele e il Parma.

Alla base della frode l’utilizzo di un seme di una razza di maiale, il Duroc danese, per fecondare le scrofe per generare maiali che hanno una maggiore resa in minore tempo, abbassando così i costi di produzione per gli allevatori. Con quei geni gli esemplari crescono più rapidamente e con una carne più magra che stagiona in meno tempo. E così gli animali possono essere abbattuti prima dei nove mesi previsti. Peccato solo che l’utilizzo di questo genere di razza suina non sia ammessa dai disciplinari di produzione dei due consorzi, il Prosciutto di San Daniele e il Prosciutto di Parma.

Tra gli indagati dalla procura di Pordenone persone fisiche e società, tra responsabili e impiegati del macello di Aviano, allevatori, prosciuttifici, ispettori del Consorzio di tutela, in tutto ben 103 soggetti. Emessi decreti di sequestro per 270.000 prosciutti (il 10% della produzione di San Daniele), per un valore di 27 milioni di euro. Sono il risultato della chiusura dell’indagine preliminare della Procura di Pordenone sull’ipotesi di un’associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio di prodotti agroalimentari con denominazione di origine protetta, alla contraffazione della Dop “Prosciutto di San Daniele”.

Il sostituto procuratore Marco Brusegan ipotizza anche truffe per ottenere un contributo previsto dal piano di sviluppo rurale della Comunità europea di 400.000 euro, e per incassare ulteriori contributo per 520.000 euro. Scoperti anche reati di natura fiscale e ambientale. I reati sono stati contestati a 62 persone – tutti della filiera produttiva, di controllo e sanitaria – a 25 imprese ed a 16 posizioni stralciate ad altre procure.

L’inchiesta di Pordenone è parallela a quella della Procura di Torino che ha fatto emergere le medesime ipotesi di reato in relazione alla Dop Prosciutto di Parma. Le condotte contestate riguardano anche la commercializzazione di carne di suino con la certificazione di qualità regionale “Aqua”, il cui disciplinare di produzione è analogo a quello del prosciutto di San Daniele. L’indagine condotta dal sostituto procuratore Vincenzo Pacileo e dal Nas ha coinvolto quasi duecento persone, tra cui il tecnico di un centro genetico che aveva istituito la “banca del seme” di Duroc danese venduto agli allevatori, moltissimi dei quali sono accusati di frode e falso per aver fatto nascere suini con dna “danese”. Le indagini della procura di Pordenone e di Torino sono nate dalla segnalazione dell’ispettorato della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, organo del ministero delle politiche agricole e alimentari.

Immediata la mobilitazione di Coldiretti che sulle due vicende chiede di fare chiarezza al più presto: «il prosciutto San Daniele è al secondo posto sul podio delle Dop di carne italiane e rappresenta il 22,5% della produzione annua di prosciutti DOP italiani, e il 13,7% della produzione di prosciutto crudo a totale Italia. Ogni anno circa tre milioni di cosce di suino sono lavorate secondo un rigido disciplinare di produzione volto a tutelare la qualità e le caratteristiche organolettiche di un prodotto che vale 65 milioni di euro di esportazioni».

Dal 1 maggio, su ordine del ministero delle politiche agricole e alimentari, sono sospese le attività di certificazione dell’Istituto Parma Qualità (che dovrebbe vigilare sul Parma, ma anche sul prosciutto di Modena e il salame di Varzi) e della Ifcq Certificazioni (sotto cui ricade il controllo del San Daniele e tantissimi altri salumi italiani), accusate di non aver vigilato abbastanza.