Buono libri in Veneto applicate le norme nazionali

Donazzan: «nessuna discriminazione, in Regione sono in vigore dal 1999 queste norme. Nessun aggravio per i comuni, sarà la Regione a verificare correttezza delle dichiarazioni Isee».

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Una tempesta in un bicchier d’acqua la polemica per una presunta discriminazione a danno degli immigrati per il rilascio dei buono libri per la scuola da parte della regione del Veneto a fronte dell’esibizione di una dichiarazione Isee presentata dalle famiglie non comunitarie corredata anche da dichiarazione di possesso di immobili o di redditi all’estero rilasciato dalle autorità del Paese di provenienza.

Tocca all’assessore regionale all’istruzione e formazione, Elena Donazzan, fare chiarezza: «il Veneto non si è inventato nessuna norma anti-immigrati, si limita ad applicare la legislazione nazionale in materia di erogazioni e contributi e chiede ai Comuni di rispettarla. Tutto qui. Esattamente quanto accade in molti altri stati comunitari fra cui Spagna, Germania e Gran Bretagna».

La legge regionale 7 febbraio 2018 n. 2 “Disposizioni in materia di documentazione amministrativa” all’art. 2 prevede, in caso di erogazione di contributi regionali e degli enti locali o di servizi e utilità economicamente valutabili, la presentazione di una dichiarazione sostitutiva della situazione personale familiare ai sensi dell’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” e dell’articolo 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Si tratta di una norma di indirizzo con la quale il legislatore regionale ha inteso ribadire, con riferimento all’ordinamento regionale, quanto già stabilito dalla vigente normativa statale in materia di rapporti con la pubblica amministrazione, in ordine all’utilizzo degli istituti della autocertificazione di fatti, stati e qualità personali relativamente i soli cittadini non comunitari, appartenenti a Paesi che non hanno sottoscritto con lo Stato Italiano convenzioni internazionali in merito (in particolare la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961), che consentano la presentazione delle dichiarazioni sostitutive previste dagli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000.

Con le istruzioni operative inviate un mese fa, la Regione ha chiesto ai comuni solo di confermare o meno (e non di “verificare”) di aver ricevuto dai richiedenti con cittadinanza non comunitaria il certificato o l’attestazione rilasciata dallo Stato estero di provenienza su eventuali redditi o patrimoni immobiliari o mobiliari, legalizzati dalle autorità consiliari italiane, così come previsto dalla normativa nazionale vigente.

«Nel caso del “Buono Libri” non si è trattato di un’invenzione estemporanea – sottolinea Donazzan -, ma più semplicemente dell’applicazione in ambito regionale del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, tuttora vigente, approvato Presidente della Repubblica Carlo Azeglio  Ciampi, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri Massimo D’Alema».

«Mi chiedo tuttavia, prosegue l’assessore – se un emigrato italiano in un paese extra Ue, intenzionato a domandare l’erogazione di una prestazione sociale, trovasse difficoltà a ottenere la documentazione dal consolato o dall’ambasciata, contro chi dovrebbe protestare? Contro la diplomazia italiana o contro l’amministrazione del paese che lo ospita? Non sarà che si sta riproducendo il solito paradigma? Se la norma è varata da un “civile” governo di centrosinistra è sacrosanta, se la applica un governo di centrodestra è “discriminatoria” e “anticostituzionale”?  E ancora: ci possiamo basare sull’autocertificazione per valutare l’effettivo stato di bisogno di centinaia di migliaia di residenti veneti di origine extracomunitaria? E come effettuare controlli fuori dai confini nazionali ed europei? In ogni caso, nessun aggravio per i comuni – conclude l’assessore – Spetta ora alla Regione verificare la corretta compilazione  delle domande di contributo e della documentazione sulla situazione patrimoniale dei richiedenti».

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