Reddito di cittadinanza e i conti sballati

Assegnare a ciascun disoccupato e povero 780 euro al mese ai 9 milioni di persone comporterebbe la spesa di 84 miliardi quando ce ne sono disponibili 9 (che andranno rivisti al ribasso). 

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reddito di cittadinanza

Quelli che non arretravano di un centesimo sulle somme messe in bilancio per pensioni a quota cento e reddito e pensioni di cittadinanza stanno facendo lemme lemme una manovra a “U” con annessa retromarcia. Dopo balconate dimaiane e esposizionedi petti più o meno villosi salviniani, ora è giunta l’ora del mettere la coda tra le gambe e arrivare a più miti consigli.

Se per le pensioni si fà strada una serie di finestre che ridurrebbero la spesa da circa 6 miliardi di euro a poco più di 2 per il 2019, ben diversa è la strada per il reddito di cittadinanza, dove la sparata è stata decisamente troppo forte per poterla riportare a più miti consigli. Il perché è presto detto. Il sussidio promesso dai Cinquestelle in quella campagna elettorale che soprattutto al Sud ha permesso la raccolta di voti e di consenso a mani bassi e Luigi Di Maio e compagni è praticamente di impossibile attuazione. Almeno nelle modalità strombazzate urbi et orbi dai pentastellati.

La promessa era di erogare 780 euro al mese a 9 milioni di italiani indigenti. L’esempio propalato dalla propaganda pentastellata era chiaro e netto: «se in una famiglia di 3 persone in affitto, la madre e il padre sono disoccupati e hanno un figlio maggiorenne a carico, la misura del reddito di cittadinanza è piena, ovvero 780 euro per la madre e 780 euro per il padre, per un importo totale di 1.560 euro al mese». Una vera e propria manna, specie al Sud dove la vita costa decisamente meno che al Nord e 1.560 euro al mese a famigliasono una bella sommetta, anche se si deve pagare l’affitto di casa.

Peccato che questa manna cozzi contro l’aritmetica e, soprattutto, con i conti del bilancio dello Stato. Se si prendono 9 milioni di aventi diritto cui spetterebbero ogni anno 9.360 euro ciascuno (la moltiplicazione di 780 euro/mese per 12 mesi), risulta un totale di ben 84 miliardi di euro, qualcosa decisamente più alto dei 9 miliardi messi a bilancio per la bisogna pentastellata nel 2019.

Una prima retromarcia ha fatto sì che dalla manna fossero esclusi coloro che non risiedono stabilmente in Italia da almeno 5 anni, poi portati a 10, tagliano la platea dei beneficiati da 9 a 6,5 milioni di persone circa. Ma anche con un taglio di circa un terzo dei beneficiati della moderna distribuzione di pani e dei pesci, risulta pur sempre una cifra del tutto incompatibile con le disponibilità di bilancio: 60.8 miliardi di euro.

Né la successiva ideona di passare dall’erogazione pro-capite a quella per nucleo familiare ha aiutato la quadra, perché la platea beneficiaria, pur ridotta a 1,7 milioni di unità dà sempre 16 miliardi di euro, quasi il doppio di quanto disponibile.

Di qui successive elucubrazioni, tra cui quella di tagliare anche la soglia di erogazione, abbattendo gli ormai “mitici780 euro al mese (che ricordano tanto gli 80 euro renziani) a 500 ipotizzato dal Sole 24Ore, che consentirebbe sì la quadra finanziaria ma butterebbe alle ortiche la residua credibilità pentastellata e del suo leader di Pomigliano d’Arco. E probabilmente non sarà l’ultima versione della retromarcia, visto che si fa sempre più insistente spostare l’erogazione dalle famiglie alle aziende che formano i disoccupati per avviarli ad un lavoro serio. Cosa che renderebbe meno indigesta l’erogazione della mancia.

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