A novembre nuovo calo (-6,3%) per le vendite di auto

Leggermente migliore rispetto a quello di ottobre, ma il settore segna le difficoltà tra nuove metodiche di immatricolazione e incertezza sul futuro del Diesel, oltre all’eccessivo peso fiscale. 

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In novembre nuovamente in calo le vendite di auto nuove: sono state immatricolate in Italia 146.991 autovetture con una riduzione del 6,31% sullo stesso mese del 2017. Su un mercato sostanzialmente stagnante ha pesato nel mese scorso la frenata di alcune case sui chilometri zero, ma anche la crescente consapevolezza da parte del pubblico dell’esaurirsi della ripresa economica.

Questa consapevolezza emerge con chiarezza dall’indice Istat sul clima di fiducia dei consumatori che in novembre è sceso a 114,8 da 116,6 di ottobre. Il calo di fiducia dei consumatori riflette, non solo componenti psicologiche, ma anche il reale andamentodell’economia con il prodotto interno lordo che nel terzo trimestre di quest’anno dopo quattordici trimestri positivi ha fatto registrare per la prima volta un calo e, secondo il Centro Studi Confindustria, con cali della produzione industriale sia in ottobre che in novembre. Tra l’altro dall’ultima inchiesta congiunturale mensile del Centro Studi Promotor emerge che il quadro economico generale viene considerato oggi il maggior fattore di freno delle vendite di auto.

E’ quindi comprensibile, anche in vista del sempre più probabile inizio di una nuova recessione, che i potenziali acquirenti di automobili tendano ad attendere. A questo proposito, molto opportuna sarebbe l’adozione da parte del Governo dei nuovi incentivi alla rottamazione a costo zero proposti recentemente dal Centro Studi Promotor. La proposta è stata fatta per fornire un sostegno agli automobilisti che vedono le loro vetture fermate dall’adozione di misure anti inquinamento, ma dato il deteriorarsi del quadro congiunturale nuovi incentivi sarebbero molto opportuni per contrastare la recessione che si profila. «La proposta del Centro Studi Promotor è costruita sulla falsariga dei primi incentivi alla rottamazione che furono in vigore nel 1997 e ottennero ottimi risultati senza oneri per lo Stato, dato che l’aumento del gettito Iva e delle tasse di immatricolazioni sulle auto vendute in più coprì completamente il costo dell’erogazione del bonus e lasciò all’Erario un maggior gettito netto di 1.400 miliardi di lire (723 milioni di euro). E oltre a ciò vi fu un importante contributo alla crescita del Pil certificato dalla Banca d’Italia che sul suo Bollettino Economico N.30 del Febbraio 1998 scrisse che il contributo degli incentivi auto 1997 all’aumento del Pil “può essere stimato intorno a 0,4% punti percentuali».

Anche gli incentivi proposti oggi dal Centro Studi Promotor sarebbero a costo zero e anzi darebbero un contributo netto alle entrate erariali. Se per il 2019 venissero accolti, il recupero del bonus a carico dello Stato (2.000 euro) sarebbe ampiamente garantito, dato che oggi, secondo l’Unrae, il prezzo medio per l’acquisizione di un’autovettura è di 21.020 euro di cui 3.790 di Iva.

Ancora, si potrebbe rilanciare il mercato in modo strutturale abbattendo l’eccessivo carico fiscale gravante sull’utilizzo degli autoveicoli, soprattutto quelli aziendali. Prevedere nella Finanziaria 2019 soglie di deducibilità più alte per i veicoli aziendali rispetto alle irrisorie soglie attuali, consentirebbe di vendere circa 300.000 unità nuove in più ogni anno, oltre a recuperare circa un miliardo di euro all’anno che oggi il Fisco perde per via del ricorso ad immatricolazioni estere o al noleggio a lungo termine o al leasing da parte di operatori basati fuori Italia, che consentono agli utenti di abbattere in modo legale l’esosità del fisco italiano. Soprattutto, si eliminerebbe uno dei casi che rendono meno competitive le aziende italiane rispetto ai concorrenti europei, che riguardo all’auto aziendale possono fruire della completa deducibilità dei costi d’acquisto e d’esercizio.

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