Tassazione ecologica sulle emissioni inquinanti: marcia indietro del Governo

La proposta è durata il volgere di una notta, seppellita dalle proteste generalizzate di case produttrici, categorie economiche e sindacali, associazioni dei consumatori. 

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Sulle emissioni inquinanti delle auto il governo della trimurti Conte-Di Maio-Salvini ancora una volta lancia il sasso nello stagno, per vedere l’effetto che fa, salvo subito dopo nascondere la “maninacolpevole dopo che si sono sollevate le proteste generalizzate unendo tutti contro il governo giallo-verde.

Il tema del contendere la proposta di tassare con un obolo aggiuntivo variabile da 150 a 3.000 euro le automobili all’atto della prima immatricolazione sulla base del loro livello di emissioni inquinanti, premiando al contempo con un contributo variabile da 1.500 a 6.000 euro gli acquirenti di auto elettriche o ibride o, comunque, a basso impatto ambientale. Un provvedimento nato male e proposto alla pubblica opinione peggio, per di più in un momento in cui il mercato dell’auto è nuovamente in crisi e con esso tutta la filiera dell’automotive italiano che assicura una fetta non trascurabile dell’occupazione e del gettito fiscale italiano.

Così come è stata concepita la norma, in caso di approvazione definitiva, si sarebbero erogati contributi da 6.000 euro a chi spende già di suo oltre 90.000 euro per l’acquisto di una lussuosa supercar elettrica come la Tesla, mentre avrebbero costretto alla cassa per pagare l’obolo ecologico un acquirente di una vettura come la Panda da 9.000 euro di costo, colpevole di emettere più di 90 g/km di CO2. Un provvedimento chiaramente cervellotico che avrebbe colpito solo chi acquista auto in Italia, mentre nulla avrebbebastonato chi ricorre a leasing e noleggi a lungo termine esteri, i quali avrebbero continuato a sfrecciare per le strade italiane in barba ad ogni gabella, così come già fanno, del resto. Tant’è che sia Salvini che Di Maio, accortesi del clamoroso boomeranginnescato, hanno deciso di fare marcia indietro.

Se si vuole veramente incentivare l’evoluzione ecologica del mercato dell’auto, meglio ideare provvedimenti meno estemporanei e di più facile applicazione, oltre che non penalizzanti per il mercato e per la filiera dell’automotive. Iniziando a defiscalizzare i veicoli, di qualsiasi tipo di alimentazione, immatricolati secondo lo standard Euro6d, di cui le Case iniziano a proporre modelli (ancora pochi, in verità) che saranno obbligatori solo a partire da gennaio 2020. Lo standard Euro6d, dopo quelli transitori in corso (Euro6c – in vigore – e Euro8d-temp – obbligatorio da settembre 2019, ma già presente su numerosi modelli), assicura livelli di emissioni inquinanti grandemente ridottirispetto agli standard odierni, simili o migliori di quelli di un veicolo elettrico, il cui impatto è sì zero quando viaggia su strada, ma è decisamente elevato se si fa riferimento alla produzione dell’energia elettrica che utilizzano (specie se è a base fossile con elevate emissioni inquinanti) e all’energiautilizzata per produrre la costosa e pesante batteria di cui sono dotati, tant’è che se si calcola l’emissione complessiva delle varie tipologie di veicoli, quelli migliori risultano esser ancora quelli alimentati a gas, meglio se di provenienza da biomasse.

Fare come ha fatto la “manina” della commissione Bilancio della Camera serve solo ad alterare il mercato, senza alcun reale impatto ecologico se non sull’immagine e sulla coscienza di qualche anima candida. Meglio sarebbe stato se si fosse agito per facilitare contemporaneamente la rottamazione dei veicoli da Euro0 a Euro3 per sostituirli con veicoli, anche usati, di livello almeno Euro4 o superiori per agevolare la sostituzione di veicoli decisamente inquinanti da parte di coloro con ridotte capacità di spesa.

Se si continua ad agire in modo estemporaneo, non ci si lamenti poi se il mercato dell’auto e dell’indotto va a picco, con calo delle vendite, dell’occupazione e del gettito fiscale.

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