Autonomia dell’Emilia Romagna, seminario a Bologna dell’Università con il ministro Stefani

Critico il presidente della regione Bonaccini verso certi esponenti del governo: «certi ministri non aiutano». Il ministro spera nell’approvazione definitiva dell’accordo entro Natale. 

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Autonomia dell’Emilia Romagna

Per approfondire la portata della “rivoluzione” con l’autonomia dell’Emilia Romagna, l’Università di Bologna ha organizzato un confronto tra il ministro leghista agli affari regionali, Erika Stefani, e il presidente Dem della Regione, Stefano Bonaccini. Un confronto franco, cui non sono mancate le frecciate, spesso rivolte contro i “frenatori” nel governo Conte, ad iniziare da certi esponenti pentastellati che, con la maggiore autonomia concessa alle regioni del Nord Italia maggiori produttrici di Pil e di gettito fiscale, temono che possano venire meno le risorse con cui alimentare quel Sud che alle scorse elezioni politiche li ha premiati con discutibili operazioni, al limite del voto di scambio, come il reddito di cittadinanza.

Il ministro Stefani nonostante tutto è ottimista: «spero che l’autonomia arrivi in Consiglio dei ministri prima di Natale» anche se non ci sono certezze sulle tempistiche del regionalismo differenziato chiesto dall’Emilia Romagna assieme a Veneto e Lombardia. Troppe le «grandissime resistenze di alcuni ministeri», dice il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, riferendosi velatamente al ministro del Sud, Barabara Lezzi, mentre Stefani glissa sulle divergenze di vedute all’interno della compagine di governo tra Lega e M5S, nonostante proprio il ministro berico a fine novembre avesse richiamato bruscamente i pentastellati al «rispetto del contratto di governo» anche su questo tema, che evidentemente non sta così a cuore ad un movimento che ha il proprio feudo elettorale nel Sud sgarrupato di Luigi Di Maio e allegra compagnia.

Secondo il ministro Stefani «l’autonomia è un tema trasversale e tecnico, su cui non dovrebbe intervenire alcuna forma di ideologia», trovando sponda dal presidente Bonaccini  che sottolina come «con il ministro Stefani abbiamo un buon rapporto di leale collaborazione e sono anch’io fiducioso che nelle prossime settimane si possa arrivare alla firma di un’intesa storica».

Cosa succederà con l’autonomia dell’Emilia Romagna con le competenze su 15 nuove materie richieste (contro le 23 avanzate da Lombardia e Veneto: tutte quelle concesse dalla Costituzione)? «Ci si avventurerà su un nuovo terreno – evidenzia Stefani – ma senza un itinerario preciso, in quanto la Costituzione regola la questione con un comma estremamente scarno. Non c’è nessun regolamento — sottolinea il ministro — protocollo o esperienza anteriore a cui ci possiamo ispirare nella costruzione di questo percorso». Stefani lamenta come «si sia affrontato il tema con un approccio figlio della politica di questi tempi, una politica che ha una velocità enorme, va di tre mesi in tre mesi, mentre per arrivare a creare una legge compiuta e ben fatta richiede i suoi tempi», sottolineando come «non sarà una questione cristallizzata, non basterà una legge sola, un’intesa sola, ci sarà un percorso articolato nel tempo».

Da parte sua, Bonaccini al governo chiede «di accelerare, perché siamo nelle condizioni di arrivare molto presto a quello che chiediamo, anche se constato un rallentamento curioso. Non mi permetto di entrare nelle contraddizioni interne del governo, ma non pregiudichino quello che crediamo di dover ottenere». Per Bonaccini «non c’è bisogno di nuove Regioni a statuto speciale». Piuttosto, secondo Bonaccini, «c’è la necessità di una ricognizione su quelle esistenti: il prossimo anno sarebbe il momento di andare a verificare qual è lo stato di salute di alcune Regioni a statuto speciale. Essendo anche quelle risorse pubbliche, voglio andare a vedere quali sono i criteri per comprendere se funziona davvero ovunque o non ci sarebbe bisogno di andare a qualche correttivo» dice mentre nell’aria si materializza il fantasma della Sicilia e, in misura minore, della Sardegna. Una Sicilia che da troppo tempo attende un vigoroso commissariamento governativo per rimettere in sesto una delle realtà più speciali in assoluto e anche quella con i maggiori contributi statali che, però, non bastano mai.

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