Grande Nord si prepara a conquistare gli spazi politici lasciati vuoti dalla Lega

La svolta nazionale del Carroccio ha deluso la base nordista ed imprenditoriale che vuole meno tasse, meno burocrazia, più infrastrutture, più merito e più autonomia. 

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Grande Nord
Roberto Bernardelli, fondatore di Grande Nord

Grande Nord come alternativa alla Lega di Salvini? La svolta nazionalista della Lega imposta al più “vecchio” dei partiti italiani dal segretario Matteo Salvini ha avuto il merito di fare resuscitare il Carroccio da una situazione di morte annunciata dopo gli scandali che hanno visto protagonista la famiglia Bossi e il suo entourage di fedelissimi. Il giovane leader leghista ha portato il partito dalle ceneri alle vette del panorama politico nazionale, con livelli francamente inimmaginabili, certificate prima dal risultato storico delle Politiche del 4 marzo scorso e ora dai continui sondaggi sull’orientamento politico dei cittadini che da qualche settimana ne fanno stabilmente il primo partito italiano con oltre il 30% delle intenzioni di voto.

Non è tutto oro quel che riluce sotto l’aurea del suo leader nazionale pro tempore, anzi. Qualche scricchiolio s’inizia a sentire e qualche crepa pure a vedere specie dopo la sostanziale abiura degli storici cavalli di battaglia della Lega, ad iniziare dal taglio delle tasse, tema su cui al Nord la Lega di Salvini ha ottenuto la valanga di consensi, specie tra le classi produttrici soffocate da un fisco da rapina e da una burocrazia degna di miglior causa. E dal difficoltoso percorso della formazione della manovra di bilancio 2019 ne esce un Salvini decisamente ridimensionato da un M5S dilagante, cosa che consente ai suoi avversari politici di criticarlo, anche pesantemente.

Tra il “nuovo” che avanza, negli spazi lasciati liberi dalla svolta nazionale della Lega, c’è il movimento che vede come suo leader Roberto Bernardelli, imprenditore lombardo del settore turistico e sanitario, già esponente politico di primo piano della Lega Nord, prima come consigliere comunale, poi come deputato e da ultimo come consigliere regionale lombardo nelle fila del Carroccio, salvo uscirne per disaccordi sulla linea politica, fondando prima Lega Padania Lombardia, che nel 20187 si trasforma nel movimento Grande Nord federando gli altri movimenti regionalisti ed indipendentisti rimasti orfani del nuovo corso salviniano. Grande Nord che ora è pronto a lanciarsi in tutto il Nord Italia in vista del congresso fondativo che si svolgerà a Milano il prossimo febbraio, raccogliendo i molti orfani del nordismo leghista.

Bernardelli, dapprima la cancellazione del lemma “Nord” dalla regione sociale storica della Lega, poi la svolta nazionalista e, da ultimo l’approvazione di provvedimenti davvero indigesti per la base storica del partito fondato da Bossi hanno aperto un’autostrada per il “Grande Nord”.

La svolta di Salvini ha lasciato libere praterie inimmaginabili solo pochi mesi fa e ogni vuoto non rimane tale a lungo e Grande Nord sta lavorando per riempirlo per riproporre le battaglie storiche, ancor attuali, della Lega a favore del Nord Italia e del suo tessuto sociale ed imprenditoriale rimasto sostanzialmente orfano di una sua rappresentanza politica che ne difenda fino in fondo gli interessi. Da imprenditore alberghiero e socio sanitario tocco con mano le mancate risposte della politica nazionale alle necessità di chi rischia e intraprende per portare avanti il Paese. Da otto mesi a questa parte, da quando Salvini ha cambiato il nome alla Lega, ho recuperato il progetto originale della Lega Nord che è ancora molto attuale e, purtroppo, inattuato. Se mi consente un esempio, quella di Salvini è come se Bertinotti, leader storico del Partito Comunista – detto per inciso, lo stesso Salvini all’epoca del Parlamento del Nord era un leader dei Comunisti Padani – si fosse iscritto al MSI di Almirante. Una svolta radicale che non è stata compresa dalla gran parte della base della Lega. Tanto che gran parte dei delusi del nuovo corso salviniano sono oggi con noi e stiamo aumentando giorno dopo giorno le adesioni anche da parte di molti amministratori locali.

L’abiura di Salvini ha stupito molti.

Che fine ha fatto l’uscita dall’euro, la lotta contro Roma Ladrona che ora è tornata a tutti gli effetti Roma padrona? E la lotta contro le tasse che sotto il suo governo addirittura crescono nuovamente per cittadini ed imprese? E che dire delle migliaia di pensionati veri del Nord che si vedranno svalutate le loro “ricche” pensioni da 1.500 euro lordi al mese per alimentare quelle farlocche del Sud che saranno addirittura aumentate da 500 a 780  euro al mese, netti? Il Nord ha bisogno di tornare a respirare e di avere una forza politica che lotti per le sue esigenze, che faccia da sindacalista dei diritti delle famiglie e delle imprese del Nord. Anche sul fronte dell’autonomismo chiesto dalle regioni del Nord, fino ad ora la Lega non ha saputo imporre le proprie priorità ai pentastellati che tentano in ogni modo di rallentare il processo scaturito dal referendum dell’anno scorso, magari pure di sabotarlo per paura di perdere la mucca da mungere del Nord per alimentare il loro reddito di cittadinanza e l’assistenzialismo al Sud dove hanno raggiunto vette di consenso bulgaro. Sono tutte cose che alla base della Lega bruciano e che Grande Nord s’impegna a risolvere.

Gli imprenditori contestano a Salvini di avere tradito le loro aspettative.

Lo stiamo richiamando ai fatti vedendo il suo operato al governo. Da un ignobile decreto dignità al divieto di tenere aperti i centri commerciali alla domenica, stiamo assistendo all’espulsione dalle aziende di migliaia di lavoratori, che saranno pure a termine, ma erano lavoro vero e buste paga concrete. Anche qui, la Lega di Salvini ha abiurato ad uno dei suoi storici punti programmatici a favore dei desiderata dei grillini che in compenso ci stanno rifilando una selva di nuove tasse, al momento quasi 5 miliardi di nuovo gettito fiscale prelevato direttamente dalle aziende in termini di taglio alle detrazioni e alle contribuzioni allo sviluppo, come ha certificato la Cgia di Mestre, oltre a balzelli odiosi che colpiscono tutte le famiglie come la nuova tassa sull’auto che con oltre 1.000 euro va a colpire le automobili normalmente utilizzate da famiglie ed aziende, che sono tutto fuorché di lusso. Che, naturalmente, va ad assommarsi al già odioso superbollo introdotto dal governo Monti che Salvini non è stato in grado di cancellare, ingrassando i noleggi e il leasing delle auto prestazionali all’estero, facendo perdere all’Erario nazionale oltre un miliardo di euro di gettito. E che dire, per rimanere in tema, dell’annunciato taglio delle accise sui carburanti italiani che sono tra i più cari d’Europa e che, dal punto di vista di un imprenditore del settore turistico come me, penalizzano l’arrivo in Italia dei turisti, visto che oltre l’80% degli arrivi esteri arriva a mezzo dell’automobile?grande nord

Un bilancio che è difficile definire lusinghiero, almeno per chi ogni giorno lavora e rischia in proprio.

Ho sotto mano i ritagli di giornale dove Salvini nella sua campagna elettorale vittoriosa del 4 marzo scorso diceva che alla prima seduta del Consiglio dei ministri avrebbe proposto e fatto approvare la flat tax al 15% per tutti. Invece è andata che al posto della tassa piatta che avrebbe dato reale ossigeno all’economia, alle famiglie e alle imprese, ci ritroviamo il reddito di cittadinanza che sarà alimentato per la quasi totalità dalle tasse pagate dai contribuenti del Nord e Centro Italia, salvo essere erogato quasi esclusivamente al Sud Italia, nel bacino elettorale di quel M5S che ha votato per l’allargamento ulteriore dell’assistenzialismo di Stato. Della flat tax se ne potrà giovare solo una ristretta platea di contribuenti, per di più con un percorso fiscale non molto lineare, ragion per cui molti eviteranno di sfruttarla per non complicarsi la vita.

Stante questi risultati, Grande Nord in questo periodo sta riscuotendo molto interesse dalla base delusa della Lega.

Sì e proprio nelle settimane a cavallo della discussione della legge di bilancio 2019 sono stato subissato dalle chiamate dei miei colleghi imprenditori, di ogni categoria, che si sono detti delusi di avere dato il voto a Salvini e al nuovo corso politico della Lega. Il Nord Italia si sente tradito da Salvini. E sono anche tanti gli amministratori pubblici della Lega che non ne possono più di un’alleanza contro natura con lo statalismo assistenzialista del M5s, tanto che ci stanno chiedendo di approdare a Grande Nord. Dopo Lombardia, c’è molto interesse nel Veneto, in Friuli Venezia Giulia e anche in Trentino Alto Adige, dove sarò domani (sabato 22 dicembre, ndr) per trattare con decine di esponenti della Lega e dei partiti autonomistici locali l’apertura di una sede di Grande Nord anche nel cuore dell’autonomia speciale. Lo stesso stiamo facendo in Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Ci stiamo organizzando in vista del congresso del prossimo febbraio a Milano che sarà la base per la partecipazione alle elezioni europee, dove i cittadini del Nord potranno scegliere tra chi vuole difendere veramente i diritti del Nord e chi lo ha semplicemente abbandonato per altri lidi.

Tutto questo mentre i sondaggi sulle intenzioni di voto danno la Lega di Salvini al massimo storico mai raggiunto.

I sondaggi sono cosa da maneggiare con molta cautela. Le ricordo la favola della rana e il bue, con la rana che prese a gonfiarsi a più non posso per emulare l’imponenza del bue fino a scoppiare. Ecco, con i proclami e con i tweet sparati a raffica sui social non si governa e non si fa il bene della nazione e, soprattutto, del Nord. I risultati di Salvini sono lì a dimostrarlo. Se la legge di Bilancio 2019, che oltretutto sta nascendo con il peggior percorso democratico della storia parlamentare della nazione con un testo presentato all’ultimo momento utile da prendere e votare a scatola chiusa senza nemmeno la possibilità di migliorarlo depotenziando o cancellando il neo assistenzialismo dei grillini e i provvedimenti contrari alle esigenze della manifattura e della popolazione del Nord, dubito fortemente che il 30% dei consensi teorici di queste settimane si riprodurranno nelle urne delle elezioni europee del prossimo maggio. Al Nord lo scontento sta crescendo ogni giorno che passa, parallelamente al rallentamento dell’economia nazionale che avrebbe bisogno di risposte dalla politica in direzione diametralmente opposta a quella imboccata. Se si continua lungo questa china, il 2019 sarà un anno difficile per l’economia nazionale e il 2020 ancora di più, visto che ci attende già da ora un maggior carico fiscale di oltre 50 miliardi di euro con l’Iva ordinaria ad oltre quota 25% e quella agevolata al 13%, visto che Bruxelles no si fida dell’attuale governo pentaleghista e ha imposto precise garanzia per evitare che i conti pubblici italiani finiscano fuori controllo per via della maggiore spesa per il debito pubblico e per l’assistenzialismo. Queste sono tutte buone ragioni per scegliere una politica più accorta e concreta, volta a difendere gli interessi delle famiglie e degli imprenditori del Nord Italia, quello che avrebbe dovuto fare da tempo la Lega di Salvini e che ora farà Grande Nord.

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