Il sistema di ricerca del Friuli Venezia Giulia alla prova di Argo

La regione sperimenta un modello di ricerca applicata al sistema industriale che, se efficace, sarà esportato in tutt’Italia e anche all’estero. Rosolen: «il nuovo governo regionale punta ad ampliare le collaborazioni a tutto il NordEst, all’Italia e anche fuori confine».

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ricerca del Friuli Venezia Giulia

Il sistema dell’innovazione e della ricerca del Friuli Venezia Giulia è ad un bivio, con la necessità di affrontare i bisogni della ricerca di base e di quella applicata, oltre a pensare alle ricadute sul tessuto produttivo che deve innovare per rimanere competitivo a livello globale. Esigenze che parrebbero tra loro in contraddizione, ma che è possibile ricondurre ad unicità e a sistema tramite un progetto pilota sperimentale di portata nazionale che il ministero dell’Università e della ricerca (Miur), quello dello Sviluppo economico (Mise) e regione Friuli Venezia Giulia stanno sperimentando sotto le insegna di “Argo”. Con l’assessore regionale all’università e ricerca, Alessia Rosolen, il punto sul sistema di ricerca regionale e sui futuri sviluppi del progetto “Argo”.

Assessore Rosolen, come giudica l’assetto e la qualità della ricerca regionale?

Si tratta di un tema strategico che va coltivato con cura e aggiustato sul fronte delle ricadute, in quanto la ricerca non deve essere solo fine a se stessa, autoreferenziale, ma deve puntare ad avere ricadute sul territorio e, soprattutto, sul sistema produttivo per aiutarlo ad innovare e a rimanere competitivo. Il Friuli Venezia Giulia è una realtà all’avanguardia nel campo della ricerca, sia per la presenza di organismi nazionali che internazionali. Dobbiamo superare quelle criticità esistenti sul fronte di ordine politico ed amministrativo ereditati dalla precedente legislatura per valorizzare ulteriormente l’attività dei parchi scientifici e tecnologici attivi in Regione, ciascuno specializzato in un ambito diverso, potenziando il ruolo dell’università e del sistema manifatturiero.

Si va verso una razionalizzazione e una maggiore finalizzazione del sistema di ricerca locale?

Si tratta di una scelta obbligata, specie in un’epoca di risorse calanti che devono essere maggiormente qualificate. Il Friuli Venezia Giulia è una regione autonomia che deve porsi come obiettivo di qualificare al meglio le risorse investite. Siamo una realtà di 1,2 milioni di abitanti che deve aprirsi maggiormente a collaborazioni con i territori confinanti, il NordEst in primis, ma anche l’Italia e anche i paesi dell’Est europeo confinanti con la Regione. Negli anni passati si è investito molto con risultati non sempre all’altezza dello sforzo profuso. E’ necessario fare una seria analisi di quello che si è fatto, individuare i filoni da seguire che abbiano un reale significato per il territorio e per il suo sistema produttivo. Già nelle due precedenti legislature si è intervenuti sull’assetto universitario, ora è necessario fare un ulteriore passo sulla ricerca applicata finalizzandone meglio le attività.

La Regione continua ad investire con decisione nel settore.

La legge di bilancio regionale per il 2019 mette a disposizione del settore una ventina di milioni di euro, cui vanno aggiunti i fondi nazionali, quelli europei e quelli derivanti dalla compartecipazione con i privati. Queste risorse vanno investite sia nella ricerca di base, ma soprattutto in quella applicata, dando ai cittadini e alle imprese tangibili ricadute dello sforzo pubblico. Soprattutto è necessario comunicare meglio sia verso i cittadini, sia verso il sistema della ricerca e produttivo per fare circolare meglio di oggi tutte le possibilità offerte dal sistema regionale ed extraregionale. Vogliamo puntare anche sulla formazione di giovani ricercatori, locali e non, sfruttando la nostra realtà di confine, senza dimenticare quello dei diplomati tecnici, strategico per il settore della manifattura.

Il Friuli Venezia Giulia si caratterizza come territorio che vede la più alta presenza dei contratti di rete, anche grazie alla presenza di numerosi distretti e di cluster.

Sì e questo costituisce uno dei fattori di competitività del sistema produttivo regionale che ha dinanzi ancora molti spazi di miglioramento. I cluster hanno un senso quando riescono ad essere ad un tempo espressione del territorio e punto d’incontro con la ricerca, agendo da volano per lo sviluppo e la modernizzazione in modo da accrescere la competitività complessiva del sistema. I cluster devono essere una cinghia di trasmissione dall’industria ai centri di ricerca e all’università e viceversa. Si deve dialogare più fattivamente tra le varie realtà in modo da attivare progetti congiunti che abbiano un coinvolgimento più ampio possibile dei vari soggetti attivi sul territorio.

ricerca del Friuli Venezia Giulia
Alessia Rosolen

Il prossimo anno, Trieste sarà Capitale europea della scienza con l’evento Esof 2020. Un evento che sarà la vetrina d’eccezione per tutto il sistema della ricerca ed innovazione regionale.

Questo riconoscimento europeo certifica lo spessore delle attività scientifiche attive sul territorio, oltre che sulle strutture attive nel campo del trasferimento tecnologico. Con quest’evento, la Regione ha un’occasione formidabile per attrarre su di se l’attenzione internazionale per allargare la sua area d’influenza, attivando collaborazioni con altre realtà internazionali, superando una visione autoreferenziale regionale. Esof 2020 sarà l’occasione per far fare un salto di qualità al sistema regionale scientifico aprendosi a collaborazioni internazionali, come è riuscito a fare Innovation Factory di Area Science Park portando una cinquantina di start up italiane ad una vetrina tecnologica unica come il Ces di Las Vegas nello scorso gennaio. Un’esperienza che va consolidata ed allargata.

In questo contesto, che ruolo gioca il progetto pilota Argo?

Argo è un progetto pilota che nasce a marzo 2018 con la sottoscrizione di un accordo tra la Regione Friuli Venezia Giulia, il Miur e il Mise che ha individuato in Area Science Park di Trieste il soggetto coordinatore di tutte le attività complesse. L’accordo prevede, per un periodo di tre anni, risorse finanziarie pari a 8,8 milioni di euro. Argo punta a sviluppare quattro progetti complessi: la creazione a Trieste del Porto dell’Innovazione industriale, in stretta collaborazione con l’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale e con l’operatore privato, leader della logistica portuale, Samer&Co Shipping; la nascita di una rete per la generazione di imprese ad alto tasso di innovazione; l’attivazione di una piattaforma (IP4FVG) a supporto della digitalizzazione delle imprese su scala regionale, in collaborazione con altre realtà attive sul territorio e con quattro nodi a specializzazione tematica (Amaro, Pordenone, Trieste e Udine); la realizzazione di piattaforme scientifiche e tecnologiche aperte alle imprese che vogliano lavorare a progetti di innovazione. Si tratta di un unicum a livello nazionale, che poi servirà da esempio anche in altre aree del Paese.

Come si articola Argo?

Particolarmente interessante ritengo sia il progetto di portare nel retroporto di Trieste, che è anche porto franco, la logica dell’“industrial innovation harbour”, un luogo dove la manifattura possa incontrare la ricerca e l’innovazione del sistema scientifico regionale applicandolo ai casi concreti. Si tratta di un modello innovativo che stiamo sviluppando in collaborazione con l’Autorità portuale che ha come focus l’economia circolare all’insegna della sostenibilità ambientale, dove creare le migliori condizioni per attrarre nuovi investimenti privati nel campo delle aziende tecnologiche. C’è già un progetto pilota portato avanti da un’azienda indonesiana, la Giava Bio Colloid, che produce le alghe agar agar da cui si estrae l’agar, un gelificante utilizzato in ambito alimentare, cosmetico e farmaceutico, che a Trieste ha aperto la sua filiale europea.ricerca del Friuli Venezia Giulia

E nel campo dell’innovazione?

Uno dei quattro pilastri di Argo è proprio l’innovazione, che prevede lo sviluppo di una piattaforma digitale regionale la cui missione è aiutare l’impresa ad evolversi verso i criteri di industria 4.0. Il sistema è articolato secondo la logica “hub & spoke”, con una rete di 23 diversi enti pubblici e privati messi assieme in quattro diversi ambiti di attività: data analitics, intelligenza artificiale e internet delle cose, soluzioni per la manifattura avanzata e ottimizzazione dei processi.

Quanto all’ambito della ricerca, con Argo cambia qualcosa?

Saranno potenziate e messe in rete le infrastrutture di ricerca di base ed avanzata, che saranno messe a disposizione sia per le finalità di ricerca pura che per le aziende al fine di risolvere problematiche e sviluppare applicazioni con ricadute commerciali. Sarà un sistema basato sui criteri dell’“open lab”, del laboratorio aperto per massimizzare le ricadute sul territorio, utilizzando le risorse già presenti e creandone di nuove, come nel campo della genomica.ricerca del Friuli Venezia Giulia

Infine, il progetto Argo prevede anche la nascita di una fondazione.

Sarà un organismo il cui ruolo è di fungere da supporto ed acceleratore delle start up, coinvolgendo il sistema della ricerca e della produzione locale, con un occhio attento anche all’internazionalizzazione. Sarà un volano per costruire reti tra le nuove iniziative e quelle già consolidate, oltre che costituire un momento di dialogo, comunicazione, confronto e contatto tra il pubblico e i privato.

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