Nel 2018 s’allungano nuovamente i tempi di pagamento della pubblica amministrazione

La Cgia denuncia il mancato rispetto della norma evidenziando pure che lo Stato non incassa i fondi UE che spettano all’Italia. 

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L’inefficienza della pubblica amministrazione (PA) italiana continua ad aumentare e a costare caro ai contribuenti e, soprattutto alle aziende che vedono i tempi di pagamento che s’allungano invece che calare.

Come ha denunciato nei giorni scorsi la Corte dei Conti Europea, l’Italia ha 22,3 miliardi di euro non ancora liquidati dall’Unioneeuropea a causa dei ritardi che gli uffici ministeriali e regionali hanno accumulato in questi anni nella fase di pianificazione/progettazione dei Fondi strutturali (Fesr, Fse, Sie) stanziati per l’Italia. Inoltre, la PA ha uno stock di debito con i propri fornitori di 57 miliardi di euro, 30 dei quali ascrivibili a ritardi superiori ai tempi di pagamento stabiliti per contratto, tempi che nell’ultimo anno si sono nuovamente allungati.tempi di pagamento

«Sia quando è chiamata a incassare i soldi da Bruxelles, sia quando deve saldare le fatture emesse dai propri fornitori – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre, Paolo Zabeo – la PA accumula dei ritardi spaventosi che penalizzano, in particolar modo, il mondo delle piccole e medie imprese. In entrambi i casi, comunque, nessuno in Europa registra dei risultati peggiori dei nostri. Un vertice che non fa onore all’Italia e che relega il Paese nelle ultimissime posizioni in Ue, anche quando viene misurata la qualità/quantità dei servizi pubblici erogati ai cittadini e alle imprese».

Per il milione di aziende private italiane che lavora per la PA, inoltre, la situazione negli ultimi anni è ulteriormente peggiorata. Dal 2015 ha fatto il suo “debutto” lo “split payment” che obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (e dal 1 luglio 2017 anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario. L’obiettivo era contrastare l’evasione fiscale, ovvero evitare che, una volta incassato il corrispettivo dal committente pubblico, l’impresa privata non versasse al fisco l’imposta sul valore aggiunto. Il meccanismo, sicuramente efficace nell’impedire che l’imprenditore disonesto non versi l’Iva all’erario, ha però provocato molti problemi finanziari a tutti coloro che con l’evasione, invece, nulla hanno a che fare. Vale a dire la stragrande maggioranza delle imprese.

«La PA – sostiene il segretario della Cgia, Renato Mason – non solo paga con un ritardo inaudito, ma quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore. Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti correnti. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese avvenuto in questi ultimi anni, ha peggiorato la tenuta finanziaria di  moltissime piccole aziende».

Che la situazione rimanga ancora molto critica è la Commissione europea che, pur avendo riconosciuto gli sforzi compiuti dal Governo italiano, ha avviato una procedura di infrazione con lettera di costituzione in mora nel giugno 2014 e il successivo invio del parere motivato nel febbraio 2017. Nonostante questi richiami, le PA italiane necessitavano in media 100 giorni per saldare le loro fatture. A fronte di questa situazione, la Commissione nel dicembre del 2017 ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’UE, ribadendo il sistematico ritardo con cui le amministrazioni pubbliche italiane effettuano i pagamenti nelle transazioni commerciali, in violazione delle norme dell’UE in materia di pagamenti. Secondo gli ultimi dati relativi alla periodica indagine condotta da Intrum  Justitia, nel 2018 la PA ha saldato i propri fornitori mediamente dopo 104 giorni: più del doppio della media europea che, invece, paga dopo 41 giorni.tempi di pagamento

E a cinque anni dall’introduzione della fattura elettronica secondo Zabeo «è inaccettabile che lo Stato non conosca ancora con esattezza l’ammontare complessivo dei debiti commerciali accumulati al 31 dicembre 2018, debito stimabile attorno ai 57 miliardi di euro.

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