Se cresce l’Iva, dilagherà anche il “nero”

Secondo la Cgia, l’Italia con l’aumento si porterà in testa ai paesi con l’aliquota più cara. Sarà un incentivo formidabile per l’evasione, soprattutto nei servizi resi ai privati. 

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Se l’incremento delle aliquote Iva non verrà disinnescato, oltre ai pesanti effetti recessivi sull’economia, l’Italia rischia anche un forte aumento dell’evasione. Il possibile aumento di 3 punti percentuali dell’aliquota ridotta e di 3,2 di quella ordinariainteresserebbe anche i servizi di manutenzione e di riparazione, gli onorari dei liberi professionisti e le ristrutturazioni edilizie. Secondo la denuncia della Cgia di Mestre, con questo aumento d’imposta, di fatto, molti clienti finali, soprattutto i privati che non possonoscaricarlasarebberospinti” a non pagarla affatto, evitando di richiedere al prestatore del servizio la fattura o la ricevuta fiscale, andando ad incrementare l’infedeltà fiscale che già ora sottrae alle casse dello Stato ben 113 miliardi di euro all’anno.

«Proprio perché siamo in piena campagna elettorale – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani mestrina, Paolo Zabeo -, i due vicepremier Di Maio e Salvini non possono limitarsi ad affermare che l’Iva non aumenterà. Devono dirci anche dove troveranno le risorse per evitare l’incremento d’imposta. Diversamente, i loro impegni non appaiono credibili, avvalorando così la tesi di coloro che prevedono una stangata fiscale a partire dall’inizio del 2020». Per la serie, ad urne chiuse, a voto incassato, gabbato l’elettore.

La Cgia sottolinea come un aumento di un punto dell’aliquota ridotta (attualmente al 10%) costerebbe agli italiani quasi 3 miliardi (2.896 milioni di euro) e quella ordinaria (attualmente il 22%) circa 4,3 (4.370 milioni di euro). Pertanto, non è da escludere che dei 23,1 miliardi di potenziale aumento (di cui 22.672 milioni di Iva ai quali si aggiungerebbero ulteriori 400 milioni d’incremento delle accise sui carburanti), l’Esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte. Un’ipotesi, quest’ultima, ugualmente non gradita agli artigiani mestrini.

«Di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta, l’eventuale incremento dell’Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e, conseguentemente, tutta l’economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti – sottolinea il segretario della Cgia, Renato Mason -. Già oggi siamo tra i principali Paesi dell’Area euro ad avere l’aliquota ordinaria Iva più elevata. Se da noi è al 22%, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19%. Con un ritocco all’insù di 3,2 punti, saliremmo a 25,2. Nell’Eurozona nessuno potrebbe contare su un’aliquota così elevata». Senza contare le difficoltà del calcolo veloce dell’aliquota con l’introduzione del decimale.iva

Chi verrebbe penalizzato maggiormente da un eventuale aumento dell’Iva? «In termini assoluti – prosegue Zabeo – sarebbero i percettori di redditi più elevati, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose».

Con più Iva si creerebbero effetti negativi per tutta l’economia, visto che circa il 60% del Pil italiano è riconducibile ai consumi delle famiglie. Nessun’altra voce che compone la ricchezza prodotta nel nostro Paese può vantare un’incidenza percentuale così elevata. Se si aumentasse i prezzi dei beni e dei servizi, sicuramente si rialzerebbe anche l’inflazione, aiutando sì i conti pubblici ma penalizzando tantissime famiglie e altrettanti lavoratori autonomi (artigiani, piccoli negozianti e partite Iva) che vivono quasi esclusivamente di domanda interna con i consumi italiani che sono ancora inferiori di circa 2,4 punti all’anno di pre-crisi, il 2007.

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