Confindustria Emilia Romagna, bene gli investimenti da parte delle imprese della Regione

Ferrari: «Regione motore importante in un Paese che perde giri». 

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Nel 2018 le aziende dell’Emilia Romagna, nonostante ostacoli come la burocrazia o la difficoltà a trovare risorse umane specializzate, hanno avuto un’alta propensione agli investimenti: il 92,3% delle realtà produttive del territorio, come ha spiegato il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Pietro Ferrari, «ha confermato di credere nel fare impresa, nonostante le negatività del contesto» e «il 92% prevede di fare investimenti nel 2019. Un dato che, dopo il finale drammatico dello scorso anno segnato dalla Brexit o dai dazi, ci fa ben sperare e rivela come la nostra Regione sia un motore importante in un Paese che sta abbassando il numero dei giri».

Il dato è stato messo in luce dalla XX edizione della ricerca effettuata da Prometeia in collaborazione con le Associazioni eUnioni industriali. Obiettivo dell’indagine presentata a Bologna, a cui hanno partecipato 600 imprese del settore manifatturiero con un fatturato complessivo intorno al 20 miliardi di euro e 63.000 addetti, era mostrare le diverse strategie e visioni delle aziende emiliano romagnole che, dal 2007 al 2018, hanno registrato una crescita a ritmi più dinamici rispetto alla media nazionale.

Il fatturato, rivelano le stime, è cresciuto a tassi 3 volte superiori alla media nazionale: +2,8% medio annuo rispetto allo 0,9% nazionale. In Emilia Romagna la propensione a investire è stata più elevata: la quota sul valore della produzione, nel 2018, si è attestata al 6,6%. Un dato superiore a quello registrato dalle aziende sul territorio nazionale (6%).

La leva per sostenere gli investimenti sono state la capacità di autofinanziamento delle aziende e la redditività industriale(nel biennio 2016-2018 le realtà produttive emiliano romagnole hanno raggiunto quota 9,9% a fronte di una media nazionale del 7,5%).

L’indagine spiega anche in che direzione si sono orientati gli investimenti: nel 2018, il 60% del campione ha effettuato investimenti in formazione il 54,6% in Ict, il 53,3% in ricerca e sviluppo, il 53,3% in linee di produzione e il 28,1% in tutela ambientale.

«Rispetto al 2006 – ha aggiunto Ferrari – notiamo che le imprese hanno diversificato gli ambiti di investimento e anche quelle di piccole dimensioni, dopo la crisi, per riposizionarsi sul mercato hanno fatto un balzo in avanti straordinario investendo soprattutto nella formazione».

Tra gli ostacoli, fatti notare dagli imprenditori e riportati nella ricerca, ci sono la burocrazia, problema segnalato dal 33,1% delle aziende del campione; la domanda attesa, vincolo per il 31,1% degli intervistati; la difficoltà a trovare le competenze giuste e specializzate che preoccupa il 27,1% delle aziende. Quest’ultima voce mette in difficoltà soprattutto le aziende di piccole e medie dimensioni dei settori di elettrotecnica e meccanica.

Per il 2019, infine, le strategie di crescita mostrano le aziende impegnate in investimenti in sviluppo (dal 53% del 2018 al 59% delle preferenze), nella formazione (dal 57,8% al 59,9%) e in tutela ambientale (dal 27% al 28%).

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