Rapporto 2019 Fondazione NordEst: il “Pentagono dello sviluppo” è a NordEst

Pesa l’alto grado di incertezza per il futuro, nonostante il NordEst sia leader a livello italiano. 

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fondazione nordest

Si chiama il “Pentagono dello sviluppo”, il Rapporto 2019 Fondazione NordEst, presentato a Verona, che ha focalizzato l’attenzione su quelle regioni dove si sono concentrate crescita e occupazione, export e servizi di qualità.

«La Fondazione NordEst – osserva il presidente Giuseppe Bono – ha avviato numerose collaborazioni per sviluppare con chi opera nel contesto nordestino le analisi e l’individuazione e la diffusione delle idee e delle proposte di policy per la competitività del NordEst nell’ambito di 8 macro tematiche». Che sono benessere, demografia e migrazioni; capitale umano, organizzazione e lavoro; imprenditorialità, finanza e mercati; città e territori, crescita, competitività, mercati internazionali; dinamiche sociali e politiche, sostenibilità e cambiamenti climatici; tecnologie e trasformazioni digitali.

Per il direttore scientifico della Fondazione NordEst, Carlo Carraro, «i fattori principali che caratterizzano queste 5 regioni sono livelli di reddito pro capite alti, in un range compreso tra 28.532 e 36.000 euro, rispetto ai 26.425 euro della media italiana. Tassi di disoccupazione quasi la metà della media nazionale: 6% rispetto a 10,6% e minor numero di giovani inattivi, circa il 15% contro una media italiana del 23%. C’è poi – rileva Carraro – una matura sensibilità per la raccolta differenziata con una punta massima in Veneto del 73,6% e un maggiore grado di apertura commerciale e sviluppo di servizi avanzati e innovazione tecnologica».

I limitati investimenti in istruzione e formazione, in infrastrutture, in capitale digitale (nonostante i progressi ottenuti con Industria 4.0) ed in innovazione tecnologica sono un limite che caratterizza tutto il Paese e dai cui nemmeno il “Pentagonodello sviluppo”, nonostante i maggiori livelli di sviluppo, sono esenti.

Concorda l’ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, per la quale «il “Pentagono dello sviluppo” è trainante in termini di occupazione, di Pil, di export. Qui c’è una forte vocazione industriale, in Lombardia magari ci sono aziende più grandi, qui medio-piccole, però sono molto forti e comunque con senso per l’innovazione e una spiccata vocazioneall’export e c’è un tessuto sociale che lavora in positivo. Poi – prosegue Marcegaglia – ci sono buoni centri di ricerca, buone università. Però nonostante quest’area rimanga il traino del Paese, se la confrontiamo con le altre grandi regionid’Europa, ci sono differenze in negativo come gli investimenti in infrastrutture, che non sono sufficienti, né è sufficientel’attenzione alla scuola e alla ricerca».

Il futuro delineato dal Rapporto 2019 della Fondazione NordEst delinea un alto grado di incertezza, già nel breve periodo, i dati sull’economia delle regioni del “Pentagono” fanno suonare numerosi segnali di allarme: nel 2019 la crescita stimata per quest’area è pari allo 0,5% con un leggero recupero (0,9%) previsto nel 2020, comunque a fronte di valori medi nazionali previsti tra lo 0,1% nel 2019 e mezzo punto percentuale l’anno prossimo. Non si tratta infatti solo di affrontare il rallentamento del commercio e dell’economia mondiale, ma di sapersi confrontare con le sfide che si delineano per imprese e società. Un nuovo ordine geopolitico caratterizzato dal ruolo crescente della Cina, l’urgenza degli effetti del cambiamento climatico, il diffondersi di nuovi strumenti finanziari che spiazzeranno il sistema bancario, l’emergenzainfrastrutturale che penalizza soprattutto il Triveneto, la perdita di capitale umano qualificato (che emigra all’estero dalle regioni del “Pentagono” più che da altre aree), il diffondersi di tecnologie digitali che richiedono competenze e organizzazioni nuove. Queste sono, in sintesi, le criticità evidenziate nel Rapporto 2019 della Fondazione NordEst. Due dati spiccano: tra 10 anni la popolazione sopra i 65 anni rappresenterà il 41% (oggi è al 36%) e la crescente quota di popolazione giovane e istruita che lascia il paese (285.000 nel 2018, record dal 1949, di cui oltre il 36% con un diploma e il 30% con una laurea). Oltre la metà dalle regioni del “Pentagono”.

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