Maggiore autonomia anche per il Piemonte: la richiesta al governo entro la fine dell’anno

Cirio: «puntiamo a tutte le 23 materie previste dalla Costituzione, come Lombardia e Veneto». 

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Il nuovo presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.

Da pochi mesi, anche il Piemonte ha virato nuovamente a destra con una giunta guidata dal forzista Alberto Cirio (già assessore regionale al turismo nella giunta Cota e fresco ex eurodeputato), supportato da Lega e Fratelli d’Italia. Alberto Cirio punta a recuperare il tempo perduto durante la legislatura appena trascorsa, puntando a ricevere le competenze in tema di maggiore autonomia in tutte e 23 le materie previste dalla Costituzione, dopo che la giunta di sinistra a guida Chiamparino aveva timidamente avanzato una richiesta per sole 13 materie. In quest’intervista, il governatore Alberto Cirio fa il punto della situazione.

Governatore Cirio, cosa si aspetta dalla maggiore autonomia per il Piemonte?

Mi aspetto soprattutto un nuovo rapporto con Roma e un rilancio dell’economia regionale. Non dobbiamo dimenticare che a Torino è nata la moderna democrazia italiana e quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è venuto in visita al capoluogo un mese fa, io l’ho ricevuto a Palazzo Madama, sede del primo Senato italiano. In quell’occasione ho ribadito la richiesta della Regione di ottenere più autonomia, sottolineando che più autonomia non significa affatto dividere il Paese o essere egoisti. E’ solo una richiesta di maggiore responsabilità e ricerca di maggiore efficienza. Se questo governo si ritiene legittimato a proseguire il proprio lavoro, anche se il voto dell’Umbria dimostrerebbe il contrario almeno dal punto di vista politico, vedremo come si comporterà.

La nuova maggioranza di centro destra piemontese punta a tutte le competenze previste dalla Costituzione: non rischia di essere controproducente viste le recenti dichiarazioni del ministro agli Affari regionali Boccia?

Se la Costituzione afferma che ci sono 23 materie che possono essere devolute alle regioni che lo chiedano, non può esserci un governo e un ministro Boccia che a giorni alterni costruisce e disfa. La Costituzione è chiara: se una regione chiede di ricevere maggiori competenze negli ambiti che ritiene di avere capacità gestionale, intavola una trattativa con il governo per definirne gli ambiti. Ma non può esserci un ministro che si arroga il diritto di negare la devoluzione di una o più materie tra quelle previste dalla Costituzione. La Costituzione va letta tutta e applicata per intero. Abbiamo ereditato una regione ferma, lenta e timida nella rivendicazione di autonomia, con il governo Chiamparino che ha chiesto solo 13 materie delle 23 materie disponibili, imitando quanto fatto dal suo collega di partito dell’Emilia Romagna. Il 9 agosto scorso abbiamo fatto una delibera di integrazione delle 10 materie mancanti, per arrivare a tutte quelle previste dalla Costituzione. La delibera è ora all’esame del Consiglio regionale e contiamo che entro la fine dell’anno questa possa essere operativa.

Un’approvazione, quella piemontese, che cade in coincidenza con la definizione della famosa legge quadro sulla maggiore autonomia che il ministro Boccia ha detto di essere pronto a presentare a giorni per averla approvata entro fine anno…

C’è una coincidenza straordinaria dei tempi e lo ho ribadito anche allo stesso ministro. Ma mentre io sono certo che la mia norma sarà legge entro fine anno, viceversa sono molto dubbioso che quella del ministro Boccia sarà effettivamente in vigore. E, poi, bisogna vederne i contenuti.

Anche lei teme che sia una sorta un provvedimento capestro in danno alle regioni che ambiscono ad una maggiore autonomia?

Il rischio è più che fondato se si guarda a tutte le varie dichiarazioni intercorse in questi ultimi giorni sia da parte dello stesso Boccia che da esponenti della sua maggioranza di sinistra. Di più: è molto probabile che lo stesso Boccia proponga sì una legge quadro, ma l’abbandoni ai marosi parlamentari, dove il tema della maggiore autonomia è facile che venga inghiottito dalle sabbie mobili delle procedure e dei calendari tra commissioni e aula. E’ molto possibile che la cosa si possa tirare avanti anche per un paio d’anni, con esiti tutt’altro che certi, mentre da parte delle regioni sarebbe necessario che il governo attuasse in fretta la devoluzione, anche per recuperare maggiori efficienze nel processo decisionale e di spesa, che rimane uno dei più grossi problemi dello stato italiano che può e deve recuperare efficienza allegerendosi.

Anche lei condivide la posizione di Zaia e di Fontana di attuare dal fronte regionale una maggiore autonomia compiuta in caso di latitanza da parte del governo?

Stiamo operando all’unisono e aggiungerei a Zaia e Fontana anche il ligure Toti. In caso di latitanza da parte della maggioranza di governo, inizieremo a lavorare su singole leggi regionali in ciascuna regione nell’ambito delle competenze statali richieste, ad iniziare da quella sulla scuola, dove la Corte costituzionale ha già riconosciuto alle regioni una precisa competenza in ambito organizzativo, e starà al governo uscire dalla sua indecisione. Non pensino da Roma di potere ingabbiare le rivendicazioni di una giusta autonomia da parte delle regioni facendoci affondare nelle sabbie mobili parlamentari. Noi governatori del Nord siamo intenzionati ad andare fino in fondo, sollevando il conflitto di competenza dinanzi alla Corte costituzionale per vederci riconosciuti i nostri legittimi diritti.

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