Centro Studi Confindustria, previsioni molto fosche per l’Italia

Enorme la perdita di Pil nel I semestre 2020 causa la pandemia da Coronavirus. 

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Il Centro Studi Confindustria ha diffuso le sue previsioni per l’Italia del 2020 e degli anni futuri in un contesto di pandemiada Coronavirus che ha stravolto l’economia nazionale e quella internazionale, con il blocco quasi generalizzatodell’attività manifatturiera. Previsioni che sono molto fosche, almeno nell’immediato, per il Paese, soprattutto se la politica non saprà mettere in campo tutte le azioni necessarie per stoppare sul nascere una recessione che nell’immediato sarà fortissima.

Secondo lo studio, «mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economicadi queste proporzioni». «Le relazioni sociali ed economiche sono colpite in modi gravi, imprevedibili fino a poche settimane orsono. I consueti comportamenti individuali e collettivi, le relazioni tecnologiche tra fattori produttivi ed output, i meccanismi consolidati di trasmissione delle politiche pubbliche, i rapporti internazionali di scambio, sono alterati ed in alcuni casi del tutto saltati. Più che quello di prevedere il futuro, questo è il tempo di agire affinché il nostroPaese, la nostra società, possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l’emergenzasanitaria sarà mitigata».

«Occorre tutelare il tessuto produttivo e sociale della Nazione, lavoratori, imprese, famiglie, con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse in questo momento per garantire il benessere futuro. Occorre agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri paesi si stanno già muovendo in questa direzione. Nessuno conosce, ad oggi, la dimensione complessiva degli interventi necessari, che saranno comunque massivi e che saranno condizionali agli sviluppi sanitari ed economici. Ma a tutti è chiaro che solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese, la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata» si scrive nello studio.

Uno shock imprevedibile ha colpito l’economia italiana a febbraio 2020, quando è iniziata la diffusione nel Paese del virus Covid-19. Per il Centro Studi Confindustria «si tratta di uno shock congiunto di offerta e di domanda: al progressivo blocco, temporaneo ma prolungato, di molte attività economiche sul territorio nazionale, necessario per arginare l’epidemia, si è associato un crollo della domanda di beni e servizi, sia dall’interno che dall’estero».

«Le prospettive economiche, in questa fase di emergenza sanitaria, sono perciò gravemente compromesse. Non è chiaro, inoltre, con quali tempi esse potranno essere ristabilite neppure dal lato dell’offerta. Nelle previsioni che qui presentiamo, ipotizziamo che nel settore manifatturiero saranno attive queste percentuali di imprese nei prossimi mesi, nell’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria si vada esaurendo alla metà del secondo trimestre dell’anno. Aprile: 40% all’inizio; 60% alla fine del mese; maggio: 70% all’inizio; 90% alla fine del mese; giugno: 90% all’inizio; 100% alla fine del mese – elenca il Centro Studi Confindustria -. Anche con queste ipotesi, la caduta stimata del PIL nel secondo trimestre rispetto a fine 2019 è attorno al 10%. Inoltre, la ripartenza nel secondo semestre sarà comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi».Centro Studi Confindustria

Del realismo, o dell’eccessivo ottimismo di queste ipotesi, si vedrà nei prossimi mesi. Per il Centro Studi Confindustria «nel caso in cui la situazione sanitaria non evolvesse positivamente, in una direzione compatibile con questo scenario dell’offerta, le previsioni economiche qui presentate andrebbero riviste al ribasso. Nel 2020 un netto calo del PIL è comunque ormai inevitabile: lo prevediamo al -6,0%, sotto l’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria termini appunto a maggio. Si tratta di un crollo superiore a quello del 2009, e del tutto inatteso a inizio anno. Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, potrebbe costare una percentuale ulteriore di Prodotto Interno Lordo dell’ordine di almeno lo 0,75%».

«I consumi delle famiglie, nella prima metà del 2020, risentiranno delle conseguenze dell’impossibilità di realizzareacquisti fuori casa, ad esclusione di alimentari e prodotti farmaceutici – analizza il Centro Studi Confindustria –. Il totaledella spesa privata risulterà decisamente inferiore rispetto a quello dell’anno scorso (-6,8%). Al suo interno si determinerà una sostanziale ricomposizione del paniere, a sfavore di vari capitoli di spesa, quali l’abbigliamento, i trasporti, i servizi ricreativi e di cultura, i servizi ricettivi e di ristorazione».

«Gli investimenti delle imprese sono la componente del PIL più colpita nel 2020 (-10,6%). Calo della domanda, aumento dell’incertezza, riduzione del credito, chiusure forzate dell’attività: in questo contesto è proibitivo per un’azienda realizzare nuovi progetti produttivi, visto che la stessa prosecuzione dell’attività corrente è compromessa o a forte rischio, come mostra la caduta della produzione industriale. Gli investimenti privati, perciò, crolleranno nella prima metà di quest’anno».

L’export dell’Italia «non viene risparmiato dal calo generale dell’attività economica (-5,1% nel 2020). L’attesa di una riduzione delle vendite estere è dovuta a quella prevista negli scambi mondiali e, soprattutto, nelle filiere di produzione nei paesi europei, a causa della pandemia che ha colpito tutto il mondo, o quasi. Poiché il calo dell’attività sarà particolarmente forte nei principali mercati di destinazione dei prodotti italiani e i nostri esportatori saranno più penalizzati da difficoltàproduttive e logistiche, l’export è atteso cadere più della media mondiale. Peraltro, i rischi sono qui fortemente al ribasso, perché un blocco dell’attività più lungo e diffuso a livello internazionale potrebbe portare a un crollo del commercio mondiale comparabile a quello del 2009. Inoltre, concorrenti esteri potrebbero approfittare delle attuali difficoltà della manifattura italiana per sottrarre quote di mercato».

Secondo il Centro Studi Confindustria «tutto ciò esercita una pressione senza precedenti sulla capacità di resilienza del nostro sistema produttivo. Dalla sua tenuta dipendono le prospettive di rilancio, una volta terminata l’emergenza sanitaria. In particolare, dall’industria dipendono direttamente o indirettamente un terzo circa di tutti gli occupati nel nostro Paesee originano circa la metà delle spese in R&S e degli investimenti necessari ad aumentare il potenziale di crescitadell’economia».

«Oggi è urgente evitare che il blocco dell’offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquiditànelle imprese: a fronte delle spese indifferibili (tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi) e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive. Bisogna evitare che la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell’epidemia avevano bilanci e prospettive solide» sottolinea il Csc.

Pur con alcune differenze tra i diversi comparti e con sfumature diverse tra imprese di piccole, medie o grandi dimensioni, «il tema della tenuta del tessuto produttivo italiano durante la fase emergenziale è cruciale per tutte le aziende. Le imprese e le persone che vi lavorano sono il vero patrimonio dell’Italia. Solo la loro tutela, quindi la tutela dell’occupazione, in questa fase delicata consentirà al Paese di tornare a crescere in futuro».

«Servono, perciò, interventi di politica economica, immediati e di carattere straordinario, su scala sia nazionale che europea. Per sostenere la tenuta e poi la ripartenza dell’attività economica già nella seconda parte del 2020 e quindi nel corso del 2021. In Europa, dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della BCE, che hanno fermato per ora l’impennata dello spread sovrano per l’Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato».

Il Centro Studi Confindustria va oltre: «queste azioni, però, vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l’introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata. L’Europa è chiamata a compiere azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale».

«In Italia, gli interventi auspicabili sono molti e vanno in diverse direzioni. Alcune delle quali già recepite nel recente decretolegge “Cura Italia”, che ha adottato prime misure per il rafforzamento del sistema. Il DL è dichiaratamente solo un primo passo per la tutela del sistema economico e sociale. Al netto di alcune sgrammaticature, gli intenti sono condivisibili ma la dimensione degli interventi è largamente insufficiente, anche tenendo conto delle risorse messe in campo da altri paesi europei e non. È stata anticipata da parte del Governo l’intenzione di varare un ulteriore intervento in aprile, di portata analoga a quello di marzo (circa 25 miliardi), di cui però al momento non sono disponibili i dettagli sulle singole misure».

Il Centro Studi Confindustria stima che, «se le nuove misure in cantiere fossero analoghe a quelle del primo intervento e finanziate integralmente con risorse europee, si potrebbe avere – a parità di altre condizioni e nello scenario di ripresa delle attività produttive delineato sopra – un minor calo del PIL in Italia nel 2020 per circa 0,5 punti rispetto allo scenario di base, senza impatti sul deficit pubblico».

Secondo il Csc «è tuttavia chiaro che occorre rafforzare massicciamente la diga a difesa della nostra economia, anche con strumenti innovativi. È cruciale che si definisca fin d’ora il quadro delle prossime azioni, necessarie per restituire fiducia a famiglie e imprese, rispetto a un percorso di salvaguardia del sistema produttivo da un evento così profondamente negativo. Il nostro Paese deve muoversi subito, con una ingente dotazione di risorse volte a generare effetti positivi per tutte le imprese italiane. Attivando un flusso di liquidità che consenta di diluire nel lungo termine l’impatto della crisi per le imprese, senza appesantire eccessivamente il debito pubblico».

Confindustria ha definito una serie di proposte concrete che devono comprendere: «un piano anti-ciclico straordinario, finanziato con risorse europee; interventi urgenti per il sostegno finanziario di tutte le imprese, piccole, medie e grandi; strumenti di moratoria e sospensione delle scadenze fiscali e finanziarie; un’operazione immediata di semplificazione amministrativa, per rendere subito effettiva l’azione di politica economica».

Per il rilancio del Paese, «bisogna progettare da subito per rendere attiva la ripartenza appena possibile ed anche nell’anno in corso», il Centro Studi Confindustria ha realizzato due simulazioni con il modello econometrico. Le stime che emergono da queste analisi «mostrano come, finanziando con risorse europee e nazionali gli ingenti interventi necessariper liquidità delle imprese, trasferimenti alle famiglie, investimenti pubblici e privati aggiuntivi in sanità, tecnologia, ambiente, è possibile far ripartire il Paese lungo un sentiero sostenibile di medio termine. Confindustria insieme con le Confindustrie tedesca e francese ha proposto un piano europeo straordinario di entità pari a 3.000 miliardi di euro di investimenti pubblici. Considerando una prima tranche di entità pari a 500 miliardi su un periodo di 3 anni, fatta inizialmente anche di misure per la liquidità e, poi, soprattutto di investimenti in sanità, infrastrutture e digitalizzazione, questo sarebbe in grado di alzare la crescita in Italia e nell’Eurozona di rispettivamente 2,5 e 1,9 punti percentualinell’orizzonte di stima».

A questo link è possibile scaricare lo studio nella sua interezza.

 

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