Dai controlli sulle acque Po trovati nuovi inquinanti da sostanze iperfluorate

Bottacin: «Le indagini condotte dall’Arpav emerge un quadro da approfondire». 

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sostanze iperfluorate

Dalle indagini ordinate dalla regione Veneto sulla qualità delle acque del fiume Po emerge la presenza di nuovi inquinanti da sostanze iperfluorate. «Lo scorso anno, a novembre, abbiamo dato mandato ad Arpav – afferma l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin – di procedere ad un accurato approfondimento scientifico sull’eventuale presenza di sostanze emergenti e/o persistenti all’interno della nostra regione. E lo abbiamo fatto nella consapevolezza che, nel caso fossero stati riscontrati nuovi inquinanti, il tema andasse affrontato fino in fondo, senza tentare di mettere la testa sotto la sabbia».

«A seguito della collaborazione con CNR IRSA – precisa Bottacin – l’Agenzia Regionale per l’Ambiente ha partecipato all’avvio dell’analisi di alcuni campioni di acqua per la ricerca di nuove sostanze organiche fluorurate, in particolare acido carbossilicicloro perfluoroeteri (Cl-PFPECA) – la cui presenza era stata segnalata da EPA New Jersey nelle acque a valle di impianto Solvay negli USA. Questi composti sono usati negli USA per la produzione del PVDF (polivinilidenfluoruro)».

Arpav sulla base delle indicazioni fornite, (si ricorda che per tali sostanze non esistono gli standard analitici di riferimento) e dei campioni concentrati inviati da CNR, ha effettuato delle primissime analisi, del tutto indicative, per la ricerca delle stesse sostanze nelle acque del fiume Po nel tratto Veneto. In due campioni di acqua superficiale, sono state rilevate due delle sostanze, Cl-PFPECA 1,0 e in tracce la sostanza 2,0, che corrispondono a quelle con risposta analitica maggiore rinvenute in altre regioni, in fiumi che affluiscono nel bacino del Po. Dall’analisi delle acque potabili in territorio veneto tali sostanze non risultano presenti. Si ricorda che il Veneto, rispetto alle altre regioni, ha posto filtri a carboni attivi che garantiscono la qualità delle acque potabili. E’ stato disposto un approfondimento attraverso campioni rilevati sul sito ex-Miteni a Trissino (Vicenza) e a valle dello stabilimento.

«Arpav ci informa che i primi esiti danno alcune indicazioni – dichiara Bottacinaspettiamo gli approfondimenti, disponibili, come sempre, a mettere in atto quanto necessario. Ciò che interessa indagare principalmente è la presenza ambientale di sostanze chimiche persistenti, tra cui i PFAS, e affrontare le difficoltà di tipo analitico e di messa a punto di sistemi e metodi di trattamento. La Regione ha, quindi, disposto una serie approfondimenti tecnici, che sono stati condotti da Arpav. L’agenzia ha provveduto a ricercare, accanto alle numerose sostanze già oggetto di monitoraggio, nuovi composti “emergenti” nelle matrici ambientali».

«Ricordo che, allo stato attuale, la Regione del Veneto è e resta l’unica in Italia ad aver avviato una serie di iniziative in questo campo – precisa ancora Bottacin – ad esempio, per l’abbattimento della presenza di sostanzeemergenti” e/o “persistenti” e dei sistemi di trattamento per abbatterle. Senza parlare della scelta di aver posto dei limiti sulla presenza delle sostanze perfluoroalchiliche che continua ad esporci a ricorsi da parte delle aziende in mancanza dei più volte annunciati limiti nazionali mai fissati».

Gli approfondimenti disposti hanno riguardano la verifica della possibile presenza di diversi microinquinanti, in particolare fitofarmaci e sostanze organiche persistenti, tra i quali: nuove sostanze perfluorurate (oltre a c6O4 e GenX), in particolare il nuovo Adona (sostituto del PFOA); diversi fitofarmaci (Cipermetrina, Chinossixifen, Aclonifen, Bifenox, e Eptacloro, Etofumesate, Flufenacet, Penconazolo, ecc.); glifosato; la DACT, un metabolita degli erbicidi triazinici; residui di prodotti ritardanti di fiamma (Polibromo difenileteri o Difenileteri bromurati, meglio noti come PBDE).

Tra gli approfondimenti richiesti, è stato indicato uno studio preliminare relativo ai PBDE. Si tratta di sostanze sottoposte da anni a restrizione d’uso, la maggior parte delle quali vietate, ma ancora ampiamente diffuse in tutta Europa.

«La Regione del Veneto ribadisce di ritenere che ne vada studiata la diffusione nell’ambiente, anche nel caso in cui i dati preliminari siano in linea con quelli europei e mondiali – conclude Bottacin – il monitoraggio di tali composti, infatti, rientra nell’ambito della direttiva comunitaria per definire gli standard di qualità ambientalenelle acque».

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