Cgia: entro fine 2020 boom della disoccupazione

Stimata la perdita di 1 milione di posti di lavoro. L’80% dei dipendenti ha il contratto di lavoro scaduto. Il primo luglio scatta il “bonus Renzi” aumentato a 100 euro e la sua estensione fino a 40.000 euro.

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L’Ufficio studi della Cgia lancia due allarmi: entro la fine del 2020 potrebbe verificarsi un boom della disoccupazione unitamente al fatto che oltre l’80% dei lavoratori dipendenti del settore privato presente in Italia ha il contratto collettivo nazionale di lavoro scaduto. In termini assoluti, si tratta di circa 12,6 milioni di operai e impiegati che attendono un rinnovo che, a seguito della recessione economica in atto, rischia di slittare anche quest’anno, alimentando una ulteriore flessione della dinamica salariale.

«Vista la caduta verticale dei consumi delle famiglie e l’andamento dell’inflazione che nel corso dell’anno scivolerà verso il quadrante negativo, c’è la necessità di appesantire le buste paga per dare un impulso alla ripresa della domanda interna – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo -. Ovviamente, ciò deve avvenire senza aumentare i costi fissi in capo alle aziende che, in questo periodo, non dispongono di risorse aggiuntive per farvi fronte. Pertanto, una strada percorribile potrebbe essere ridurre per legge il costo del lavoro in capo ai dipendenti, in modo tale da trasferire questo risparmio fiscale e/o contributivo nelle tasche degli operai e degli impiegati».

Secondo il CNEL, i contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti in Italia erano, al 31 dicembre 2019, 922. Di questi, 126 sono in scadenza nel 2020. Dal dicembre del 2012, lo stock complessivo dei contratti è salito del 67%. Il settore che presenta il numero più elevato di contratti è il commercio (244), seguito dagli enti e istituzioni private (114), edilizia (75), trasporti (70), agricoltura (53), aziende di servizi (47), poligrafici e spettacolo (43), alimentaristi-agroindustriale (42), metalmeccanici (36), chimici (33), tessili (29), credito e assicurazioni (28) e amministrazione pubblica (19) 

A partire dal prossimo primo luglio entrerà in vigore la modifica ed estensione del cosiddettobonus Renzi” che porterà nelle tasche dei lavoratori dipendenti, con reddito complessivo sino a 28.000 euro, 100 euro al mese (chi ne beneficiava già di 80 euro al mese ne potrà così ottenere 20 in più).

Questo beneficio, inoltre, verrà esteso anche ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo compreso tra i 28.000 e i 40.000 euro, con importi decrescenti al crescere del reddito fino ad annullarsi al superamento dei 40.000 euro. Per questa misura, il Governo metterà in campo risorse aggiuntive per 1,3 miliardi di euro per il 2020 e 3,5 miliardi di euro dal 2021.

In termini occupazionali, il 2020 rischia di chiudersi con dati molto preoccupanti con la crescita della disoccupazione. Secondo una stima dell’Ufficio studi della Cgia su dati della Banca d’Italia, entro dicembre il Paese rischia una perdita di quasi 1 milione di posti di lavoro (precisamente 969.000 unità). Se come parametro di riferimento si prendono le unità di lavoro (vale a dire il numero di lavoratori che potenzialmente sono occupati 8 ore al giorno), le stesse si riducono di 2.370.000 unità, facendo scendere lo stock complessivo degli occupati sotto i 22 milioni. Un dato mai così basso da 25 anni a questa parte.

Con un’economia sempre più in affanno, a pagare il conto saranno i lavoratori – siano essi autonomi o dipendenti – con la crescita della disoccupazione e le piccole imprese. Secondo l’indagine campionaria Banca d’Italia-Iseco tenutasi a metà marzo, finalizzata a raccogliere informazioni riguardo gli effetti della pandemia sull’attività economica, nel primo semestre 2020 la contrazione di fatturato dovrebbe colpire maggiormente le piccole imprese con meno di 50 addetti (-29%), rispetto alle grandi, vale a dire quelle con più di 500 addetti (-18%). Se, da un lato, non ci sarebbero forti squilibri a livello territoriale, dall’altro i settori più colpiti riguarderebbero i servizi, in particolar modo il piccolo commercio, gli alberghi e la ristorazione. Nel settore manifatturiero, invece, il calo più significativo si registrerebbe nel tessile, abbigliamento, calzature e nella metalmeccanica.

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