L’Emilia Romagna scende in campo per difendere il Parmigiano Reggiano, un prodotto unico noto e amato non solo dai consumatori italiani che ora, complice anche la crisi innescata dal prolungato confinamento delle persone e chiusura di molte attività commerciali causato dall’emergenza Coronavirus, rischia di attraversare una pericolosa fase di stop e non trovare sbocchi sul mercato.
L’eccessiva volatilità dei prezzi – problema strutturale del settore dei formaggi Dop – che ora sta portando a un crollo dei prezzi al caseificio anche del 30%, insieme alla crisi dei circuiti dell’export, che rappresenta circa il 40% delle vendite di questi prodotti e dell’Ho.Re.Ca., stanno mettendo in forte crisi un comparto d’eccellenza per l’Emilia Romagna che è la seconda regione in Italia per produzione di latte, con quasi 2 milioni di tonnellate prodotte e consegnate nel 2019.
«È inaccettabile riconoscere così poco guadagno a chi produce un bene straordinario, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo – afferma l’assessore regionale all’agricoltura, Alessio Mammi -. Con i prezzi che vediamo, le aziende non stanno in piedi, non coprono nemmeno le spese. Si vanifica il lavoro, la dedizione, la passione di migliaia di lavoratori del comparto: bisogna intervenire con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione».
«I consumi interni di Parmigiano Reggiano non stanno diminuendo – prosegue Mammi -, e nemmeno diminuiscono i prezzi che i consumatori pagano nei negozi e nei supermercati, non si capisce allora perché vengano fatti prezzi così bassi ai produttori. Rischiamo davvero di indebolire aziende storiche che distribuiscono valore a interi territori, soprattutto a quelli più fragili come le aree interne. Come Regione cercheremo di contrastare ogni tentativo di speculazione e di tutelare i produttori».
Il comprensorio del Parmigiano Reggiano conta nella Regione 325 caseifici, 62% in forma cooperativa e i restanti privati e aziendali in parti uguali, 2.652 allevamenti, il 64% dei quali ubicati in zona montana.
Di seguito le sette misure individuate dalla Regione, tra aiuti comunitari, statali e regionali, da attuare subito per dare ossigeno a un comparto economico vitale.
In primo luogo, occorre concretizzare rapidamente le misure del primo bando indigenti da 50 milioni di euro, dei quali 14,5 milioni euro destinati ai formaggi Dop, per ritirare prodotto dal mercato a prezzo equo per i produttori.
Inoltre, l’incremento del Fondo indigenti contenuto nel Decreto “Rilancio” per indirizzare nuove risorse a ulteriore acquisto di formaggi Dop e di latte fresco italiano da destinare a latte Uht.
Venendo agli aiuti comunitari all’ammasso privato dei formaggi, occorre valutare una possibile riapertura dell’intervento con risorse nazionali, come contributo per le spese di stoccaggio, oltre ad aiuti diretti alle imprese di allevamento a compensazione di cali di produzione forzati per mancati ritiri o riduzione della loro valorizzazione.
Altra leva di sostegno alla produzione è agire sul credito di imposta per le imprese che dimostrino di utilizzare materie prime agricole e prodotti agroalimentari di origine italiana.
«È importante inoltre che la filiera – incalza Mammi – valuti seriamente la possibilità, concessa dalla Commissione europea, di utilizzare l’art 222 del Regolamento Ue 1308/2013, che consente di realizzare in periodi di grave squilibrio di mercato, accordi e decisioni tra agricoltori e loro associazioni, anche in deroga alle norme sulla concorrenza, per stabilizzare il settore».
Per quanta riguarda la Regione, è prevista da subito una iniezione di liquidità. La legge di conversione del decreto “Milleproroghe” ha confermato il rifinanziamento all’Emilia Romagna di 21 milioni di euro, destinato al rimborso delle somme anticipate dalle Regioni a favore delle imprese agricole danneggiate da eventi calamitosi in anni passati. Fondi che potranno essere impiegati per completare il finanziamento dei progetti della filiera lattiero casearia, il cui fabbisogno negli anni scorsi non è stato interamente soddisfatto per mancanza di risorse. I progetti attualmente in attesa di finanziamento sono 8 e il fabbisogno per la concessione dei relativi contributi, ammonta a 17.840.000 euro. Tali risorse faranno da volano a investimenti per circa 49,5 milioni di euro. Tra le imprese che verranno finanziate con queste nuove risorse, la maggior parte si concentra nelle province emiliane legate alla produzione di Parmigiano Reggiano: Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma.
«Inoltre è indispensabile – sottolinea Mammi – che nella nuova programmazione comunitaria 2021-2027 venga prevista un’Organizzazione comune di mercato zootecnica, per migliorare le relazioni tra gli anelli della filiera, favorirne la corretta programmazione e garantire una più equa distribuzione del valore all’interno della filiera, come già accade per altre produzioni del nostro Paese. Serve anche uno sforzo significativo per la promozione del “Made in Italy” e sull’e-commerce, con un forte impulso alla digitalizzazione delle imprese e un approfondimento delle regole per la garanzia del consumatore: la Regione c’è e farà la sua parte al fianco del Consorzio e dei caseifici».
Ultima leva, individuata dalla Regione, è la tutela legale internazionale per i prodotti Dop, un problema quanto mai attuale dal momento che gli effetti della crisi economica sul mutamento dei consumi, potrebbero portare inevitabilmente ad un aumento del rischio imitazioni.
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