Nel Veneto post Coronavirus forte il “buco” nel settore turistico

Nei mesi di marzo, aprile e maggio mancati 4,5 milioni di arrivi e 12,5 milioni di presenze (il 67,4% stranieri). Bonomo: «il piano di rilancio turistico del territorio veneto punti anche verso gli italiani».

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I 100 giorni di confinamento domestico da Coronavirus hanno lasciato in Veneto, un “buco” nel settore turistico da 4,5 milioni di arrivi e 12,5 milioni di presenze (il 67,4% stranieri). A tanto infatti ammontavano, nel 2019, arrivi e presenze (i pernottamenti) nelle cinque destinazioni, mare, città d’arte, lago, montagna e terme nei mesi di marzo, aprile e maggio. Un blocco che ha fatto venire meno 4 miliardi di fatturato e mandati in fumo almeno 3 miliardi di consumi turistici con pesanti ripercussioni anche sul comparto artigianale regionale.

«E’ evidente. Se vogliamo salvare il tessuto imprenditoriale veneto dedito al turismo, quasi 16.500 imprese solo nell’artigianato, da qui a fine anno dobbiamo attivare tutti gli strumenti utili ad intercettare il maggior numero possibile dei 12,7 milioni di nostri connazionali che lo scorso anno sono andati in vacanza all’estero tra giugno e dicembre e che, molto probabilmente rimarranno in Italia per le vacanze – afferma Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Imprese Veneto -. Dobbiamo puntare sulla qualità con un ragionamento analogo all’export: la desiderabilità dell’esperienza italiana».

Ora, con cautela, si torna a viaggiare: l’Unione europea ha fissato due date simboliche, per la riapertura delle frontiere: il 15 giugno per i Paesi membri e 1° luglio per gli altri. E’ bene cercare di analizzare cosa potrà succedere. Molte sono le incognite sulla ripresa del turismo in vista della stagione estiva.

Dalla fotografia sul turismo in Veneto scattata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Veneto emerge che il periodo da giugno a dicembre vale circa il 76,7% del movimento turistico complessivo regionale: oltre 14 milioni di arrivi e 54,5 milioni di presenze. Il 68,7% delle quali imputabili a stranieri (37 milioni e mezzo) e quindi in forte dubbio, considerando l’estrema incertezza della situazione. 15,5 milioni erano state le presenze di stranieri al mare (41,4%), 11,5 milioni nelle città d’arte (30,6%) e 9 milioni nei laghi. Un milione e mezzo infine tra montagna e terme. Nello stesso periodo 12,7 milioni di italiani, la gran parte tra città d’arte e mare (82%), hanno trascorso le loro vacanze all’estero.  

Uno scenario complesso e preoccupante che impatta direttamente sulla vita delle imprese artigiane venete, quelle coinvolte più direttamente dal turismo (Abbigliamento e calzature, Agroalimentare, Altre industrie manifatturiere, Attività ricreative, culturali e intrattenimento, Bar, caffè e pasticcerie, Carta, Giornali, guide, editoria, Orafo e argentiero, Ristorazione, Strumenti musicali, Trasporto persone). Si tratta del 13,2% del totale artigianato che, nei primi tre mesi del 2020, hanno fatto registrare ben 521 cessazioni (pari al 14,3% del totale chiusure), quasi 6 al giorno. E il forte il “buco” nel settore turistico potrebbe amplificare ulteriormente le chiusure.

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