Dalla rivoluzione elettrica della mobilità in Germania atteso il dimezzamento dell’occupazione

Lo scenario delineato al 2040 da parte del ministero federale all’Ambiente. Un crollo dell’economia legata alla filiera dell’automotive senza vantaggi tangibili per l’ambiente.

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Smart Mobility Report

Chi sta puntando a tutta forza sulla rivoluzione elettrica della mobilità dovrebbe studiare approfonditamente lo scenario formulato dal ministero federale dell’economia e dell’ambiente tedesco, secondo cui in un decennio l’occupazione collegata con il settore dell’automotive potrebbe crollare fino al 48%.

Lo studioAutomobile Wertschoepfung 2030/2050” realizzato prima della pandemia dal ministero in collaborazione con IPE, ika, fka e Roland Berger, è diventato di ancora più di attualità per la diffusa crisi del settore produttivo e commerciale. 

Oltre che nelle fabbriche – in cui già entro 10 anni si potrebbe registrare cali dell’occupazione compresi tra il 20 e il 24%, pari a circa 640.000 posti di lavoro – anche i diversi ambiti dell’assistenza, del post vendita e delle riparazioni potrebbero soffrire per la diffusione dei modelli elettrici e semi-autonomi. Questo comparto dei servizi automotive potrebbe calare, secondo lo studio, dai circa 180.000 occupati attuali a poco meno di 130.000 entro il 2030 e a 110.000 entro il 2040, solo nel caso che si verifichi uno scenario di riferimento definitorelativamente mite”. Nello scenario più estremo, con forte diffusione dei modelli elettrici, nel 2040 potrebbero rimanere solo 90.000 posti di lavoro, la metà di quelli odierni. 

Gli autori dello studio hanno identificato tre ragioni principali per le perdite di posti di lavoro nel commercio e nel mercato post-vendita: minori esigenze di riparazione e minori costi di riparazione per le auto elettriche, minori tassi di incidenti per veicoli autonomi e un minor numero di mezzi in circolazione.

Non solo: l’elettrificazione dell’automotive non porterà tutti i benefici ambientali che la politica spaccia come obiettivo conseguibile. Con la rivoluzione elettrica si assisterà solo ad un colossale trasferimento delle fonti inquinanti dall’auto alle grandi centrali di produzione di energia elettrica, con vantaggi irrisori nel conto complessivo dell’impatto ambientale, specie in realtà come quella tedesca dove circa il 30% del totale prodotto deriva dall’utilizzo del carbone, fonte non rinnovabile altamente inquinante e problematica non solo per l’emissione di CO2, ma anche per le piogge acide. 

Inoltre, peggiorerà il rendimento complessivo dell’impiego energetico: se nei moderni motori termici Euro 6 benzina e Diesel il rendimento può raggiungere e superare il 40%, con l’elettrificazione spinta si guadagna in rendimento sull’impiego dell’energia all’atto della trazione (mediamente superiore all’80%), ma con forti perdite nella continua trasformazione tra corrente alternata (trasmissione energia) in continua (immagazzinamento nella batteria dell’auto) e nuovamente in alternata (alimentazione del motore di trazione), oltre che all’atto della produzione dell’energia se questa è di fonte fossile come in gran parte dell’energia consumata.

Non solo: ci sono problemi anche di livello geopolitico: mentre per le fonti fossili c’è la possibilità di approvvigionamenti diversificati, lo scenario elettrico apre ad una fortissima dipendenza, almeno per le batterie al litio di attuale generazione, della fornitura di terre rare e altamente inquinanti monopolio quasi esclusivo della Cina. 

Insomma, si passerebbe dalla padella alla brace. Ne vale la pena?

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