Decreto “Agosto”: incentivi all’automotive raffazzonati e privi di reale efficacia

Ancora più soldi sui veicoli elettrici ed ibridi che costituiscono una parte insignificante del mercato e degli acquisti. Anche con i generosi incentivi pubblici, rimangono più cari di un veicolo trazionale e meno inquinate. Introdotta una nuova fascia di incentivo che contrasta con i limiti della normativa europea. 

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decreto agosto mercato dell'auto

La fretta, come si sa, è cattiva consigliera e lo è ancora di più quando si mettono le mani in cose tecniche che l’attuale compagine del governo BisConte (Pd, M5s, Iv, Leu) conosce poco e male, per di più con i paraocchi dell’ideologia: così è accaduto anche con il decretoAgosto” fresco di pubblicazione dopo oltre una settimana di aggiustamenti dalla sua presentazione “urbi et orbi” che alla voce del sostegno al comparto automotive destina circa 500 milioni di euro, ma li ripartisce in modo da non assicurare la ripresa del settore, anzi se possibile ingenerando ancora più confusione e disorientamento di quella già esistente.

La cosa che ha fatto scattare anche la protesta dell’Unrae (l’associazione delle Case automobilistiche estere) è l’introduzione di una nuova fascia di incentivazione calcolata sul livello delle emissioni di anidride carbonica: 61-90 g/km/CO2. Bene, anzi peccato. Sono ormai anni che l’Unione Europea ha fissato degli obiettivi per la diminuzione dell’inquinamento degli autoveicoli, stabilendo quella valevole per il 2021 in 95 g/km/CO2. Bastava fare un classicocopia & incolla” dalle norme europee in cui tanti esponenti del governo BisConte sono maestri per fare una cosa oggettivamente corretta. Peccato che non siano riusciti a farlo, forze anche con lo zampino dell’eccesso di zelo, cosa che ha portato la “manina” a migliorare di 5 g/km/CO2 la soglia massima per rientrare nelle incentivazioni. 5 g/km/CO2 che sballano i piani di vendita e pure anche le tecnologie perché centrare quella che agli occhi di un profano può sembrare un’inezia, a livello pratico costituiscono un’enormità.

Già ora, centrare la soglia obiettivo dei 95 g/km/CO2 fissata dall’Unione europea costituisce un traguardo difficile da centrare per la maggior parte dei veicoli in produzione, specie quelli che siano un qualcosa di più di una leggera e compatta vettura da città con motori di piccola cilindrata e poco potenti. Se si va un po’ più in su nelle dimensioni (e peso) di un veicolo, magari verso una di quelle automobili di fascia media acquistate dalla stragrande maggioranza delle famiglie (tipo, ad esempio, una Ford Focus, una Volkswagen Golf, una Hyundai i30), spinta da un “normalemotore 1.600 cc da 120-140 cavalli di potenza, magari a benzina per risparmiare qualcosa sul Diesel più caro, ecco per incanto che questi modelli si piazzano fuori soglia dei 95 g/km/CO2 e pure di quella da 110 g/km/CO2 fissata nei decreti precedenti per accedere ai livelli più bassi d’incentivazione riservati alle automobili con motore “tradizionale”. benzina o Diesel.

Ovvio che l’Unrae (e, forse, anche l’Anfia: fino ad oggi nessuna presa di posizione in merito) chieda la revisione della norma in sede di discussione del decreto “Agosto”, che nelle more del procedimento taglierà comunque fuori molti potenziali acquirenti.

In tema di incentivi, il governo BisConte insiste nel premiare a prescindere i veicoli elettrici e ibridi, che costituiscono una parte marginale dell’offerta e della domanda, soprattutto di produzione nazionale. Come nel caso degli incentivi ai monopattini, il governo punta a regalare soldi pubblici a prodotti e tecnologie straniere, il cui minore impatto ambientale è tutto da dimostrare, visto che produrre una batteria con l’attuale tecnologia agli ioni di litio che impiega materiali rari e pericolosi (uno su tutti: il cobalto) dove la Cina esercita un monopolio di fatto costa oggi decisamente di più e con maggiori emissioni ambientali complessive rispetto ad un veicolo spinto da un motore tradizionale a standard Euro 6. 

Continuando in questa strategia che non privilegia la manifattura e l’occupazione italiana, dei 500 milioni complessivi stanziati dal decretoAgosto”, altri 100 milioni sono destinati per i veicoli situati nella fascia 0-60 g/km/CO2 di emissioni (in pratica veicoli elettrici e ibridi con annessa piccola batteria); altri 150 milioni vanno per la nuova fascia 61-90 g/km/CO2 denunciata dall’Unrae che riguarda praticamente le sole utilitarie. 100 milioni, infine, per la fascia 91-110 g/km/CO2 che costituisce con difficoltà il segmento cui maggiormente si rivolgono le famiglie. Gli ultimi 90 milioni vanno per alimentare un fondo volto alla diffusione degli impianti di ricarica dei veicoli elettrici.

Tutto bene? Affatto, in quanto i consumatori non sono grulli come tanti esponenti del governo BisConte ritengono e non sono disponibili a spendere migliaia di euro in più (al netto degli incentivi statali fino ad 8.000 euro, che spesso cumulano con quelli stabiliti dalle regioni, talvolta giungendo a raddoppiarli) per acquistare un veicolo elettrico che, almeno fino al 2025 quando è atteso l’arrivo sul mercato della nuova generazione di batterie, ha anche fortissimi limiti di impiego quando lo si impiega in percorsi extraurbani e un costo di gestione (quando si utilizzano i punti di ricarica pubblici ad alta potenza: scelta praticamente obbligata con batterie da 50 kWh e oltre di capacità; peccato che applichino tariffe doppie o triple di quella domestica, livello su cui si calcola la convenienza d’impiego di un’auto elettrica) chilometrico praticamente doppio rispetto ad un veicolo a gasolio che, complessivamente, è pure anche meno inquinante.

Visto che i 50 milioni di incentivo concesso per l’auto con motore termico sono stati “bruciati” nel giro di una sola settimana, è probabile che i 250 milioni resi disponibili dal decretoAgostovadano esauriti entro la metà (alla fine al massimo) del prossimo mese di ottobre. Mentre il fondo per l’auto elettrica, continuamente rimpinguato dai soloni di governo, crea rimanenze non utilizzate (il fondo per il 2019 ha avuto rimanenze di circa 20 milioni di euro). Di qui, la proposta di buon senso dell’Unrae di potere stabilire in sede di conversione del decreto un travaso automatico dei fondi all’atto dell’esaurimento di uno dei plafond, per garantire la massima operatività della norma a beneficio dei consumatori, dell’ambiente e della libera concorrenza.

A furia di procedere con decisioni del tutto disgiunte dalla realtà, a palazzo Chigi e dintorni non ci si lamenti se, nei prossimi mesi, si assisterà all’esplosione delle crisi dei concessionari e della chiusura degli stabilimenti di produzione e conseguenti migliaia di licenziamenti: se i sostegni ad un settore primario per occupazione, capacità di ricerca, occupazione, generazione di fatturato e di gettito tributario vogliono essere tali, si abbia il coraggio di guardare alla realtà e non ai sogni. La realtà è cosa ben diversa dall’utopia salita al governo del governo BisConte.

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