Effetti da Coronavirus sulle Pmi del Veneto: ripresa non prima del dicembre 2021

Intervista su 1.500 imprenditori di Confartigianato Veneto. Bonomo: «l’incertezza sui provvedimenti del governo blocca assunzioni e investimenti». Bitonci: «ennesima prova del fallimento delle politiche economiche del governo BisConte».

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Per tornare a livelli pre Coronavirus bisognerà aspettare la fine del 2021: metà dei 1.500 imprenditori di Confartigianato Imprese Veneto intervistati (tra il 1 e il 5 agosto) per valutare gli effetti della pandemia sulle Pmi del Veneto, vede il ritorno ai livelli di pre crisi non prima di dicembre 2021. No solo: l’indagine sulla recessione realizzata a due mesi e mezzo dall’uscita dal confinamento restituisce una fotografia di un artigianato Veneto colpito al cuore (il 51,3% delle aziende ha perso più del 25% del fatturato), che vuole ripartire ma in questo momento è concentrato a resistere (il 76,2% dichiara che il suo obiettivo principale è la continuità aziendale), obiettivo da raggiungere con i propri collaboratori (solo il 10,8% vorrebbe poter licenziare). Ma è difficile fare previsioni e pertanto sono al palo gli investimenti, con un imprenditore su due che ha congelato quanto programmato o rinunciato definitivamente. 

Dinanzi a questi risultati, il presidente di Confartigianato Imprese Veneto, Agostino Bonomo, lancia l’appello: «le nostre imprese mandano un messaggio chiaro al Governo: incentivare l’occupazione in questo momento da sola non basta (il 63,2% afferma che non assumerà comunque anche a fronte di incentivi). È necessario sostenere gli investimenti (bloccati o non programmati per il 78,1% degli imprenditori) che, questi si, portano in dote nuova occupazione. Le risorse messe in campo dal Governo siano dedicate alle leve per favorire gli investimenti. Ne va del futuro delle prossime generazioni». 

L’indagine evidenzia come 1 imprenditore su 2 promuova la cassa integrazione allungata di 18 settimane per tenere la forza lavoro legata alla azienda. «Il prolungamento della cassa – prosegue Bonomo – risponde all’esigenza specifica delle Pmi del Veneto di continuità dell’impresa che, nella professionalità dei collaboratori fondano la gran parte del loro successo. Si spiega dunque l’importanza assegnata allo strumento, positivo anche a fronte del vinicolo del divieto al licenziamento. Anche il rischio che ci siano aziende che chiudono per impossibilità di conciliare il divieto al licenziamento per poi riaprire, pur presente, per i due terzi degli artigiani sarà un fenomeno contenuto».

«Sono dati oggettivamente preoccupanti che testimoniano, ancora una volta, il fallimento delle politiche del governo BisConte in tema economico – commenta Massimo Bitonci, deputato della Lega e già sottosegretario all’Economia nel governo Conte I -. Insistere solo con bonus e mancette varie distribuite a pioggia non porta ad una vera ripresa dell’economia nazionale, ma solo nuovo spreco ed aumento di un deficit pubblico enorme che quest’anno è cresciuto di altri 100 miliardi di euro, oltre ad accompagnare molte Pmi del Veneto verso una probabile chiusura».

Rispetto alla possibilità di effettuare nuove assunzioni grazie agli sgravi sulle contribuzioni, pesa ovviamente l’incertezza. Il 63% non assumerà. Positivo però il fatto che oltre un terzo prenderà in considerazione la possibilità di assumere. Tra questi, il settore delle costruzioni più di altri dichiara che certamente assumerà (13% rispetto al 6% del manifatturiero) reagendo positivamente all’attese di una domanda in crescita spinta dalle detrazioni del 110%.

L’incertezza pesa poi sugli investimenti: oltre la metà delle imprese (36%) di quelle che avevano previsto investimenti (66% del totale) li ha sospesi e il 7,9% vi ha rinunciato in via definitiva. In questo momento sta prevalendo la ricerca di soluzioni per ridurre i costi aziendali e dare continuità. Tra i fattori di incertezza non c’è solo il dato economico attuale ma il quadro di sicurezza sanitaria. È stato chiesto, a fronte del rischio recrudescenza dell’emergenza sanitaria, dov’è opportuno intervenire: prevale di gran lunga una risposta di tipo preventivo: potenziare il sistema sanitario, obbligare tutti ad un uso rigoroso di mascherine e incentivare il ricorso ai tamponi. Insostenibile l’ipotesi di un nuovo confinamento e mal digerita anche l’ipotesi del tracciamento generalizzato degli spostamenti.

«Bisogna evitare il rischio ripiegamento e che l’attendismo diventi stagnazione – conclude Bonomo -. Positivi il sostegno alla cassa integrazione e la decontribuzione, ma gli effetti positivi si vedono dove ci sono prospettive di rilancio del mercato come nel caso delle costruzioni. Fondamentale dunque la politica di rilancio del “Green new deal”, investimenti su tecnologie digitali, nonché l’attenzione per processi di riallocazione in Italia degli investimenti prima spostati all’estero in modo da attivare segnali di crescita della domanda. Su tutto pesa poi l’incertezza di una ripresa dell’emergenza sanitaria per la quale le Pmi si attendono una strategia di Governo preventiva che eviti il ricorso a blocchi generalizzati».

Nonostante il recupero atteso, la produzione industriale nel complesso 2020 è destinata a un crollo senza precedenti rispetto al 2019. Le previsioni rilasciate da Prometeia a luglio fissano la dinamica del Pil del Veneto del 2020 in flessione del -10,6% (rispetto ad un dato nazionale del -10,1%) a seguito dell’indebolimento del settore turistico e della domanda estera. Le esportazioni sono viste in calo del -16,9%, gli investimenti fissi del -19,5%, i consumi delle famiglie del -10,2% e le unità di lavoro del -10,2%. 

Analizzando il dato sull’artigianato, il campione intervistato da Confartigianato Imprese Veneto è fatto dal 76,7% di imprese che durante il confinamento per obbligo o per scelta è rimasto chiuso, in gran parte con dipendenti ed opera in un mercato locale. Nel 51,9% dei casi, l’allungamento della cassa integrazione FSBA (solo ipotizzato al momento della rilevazione e confermato nel decreto agosto in questi giorni) è utile per mantenere i propri dipendenti e solo il 10,8% lo ritiene dannoso. L’80,2% ha invece fatto ricorso alla cassa durante i mesi di aprile e maggio, anche la riduzione d’orario è stata una valvola di sfogo per il 61,7% degli intervistati. La maggior parte poi, 63,2%, non assumerà anche a fronte di forti incentivi e il 28,4% ha molti dubbi. 

Forte l’impatto sui fatturati del I semestre 2020 delle Pmi del Veneto: il 13,5% ha registrato una riduzione superiore al 50%, il 37,8% tra il 25 e il 50. Un’azienda su 3 ha contenuto i danni sotto il -25%. Un 4% degli intervistati ha avuto un aumento di fatturato, nell’1% dei casi superiore addirittura al 50%. Le cose miglioreranno pochissimo nella seconda parte dell’anno. Tra 25, 50 e oltre di riduzione attesa troviamo il 33,3% dei casi mentre il 36,1% circa ipotizza di restare sotto il 25%. 

Buone notizie dai due fronti dei pagamenti (clienti e fornitori) e dall’accesso al credito e contributi. La metà degli intervistati dichiara di essere stato pagato nei tempi stabiliti, ed il 27% dopo una dilazione concordata. Affermano nel 71,7% dei casi di aver onorato le fatture e nel 21% di aver chiesto delle dilazioni rispettate. Solo il 7,3% non è riuscito ad onorare i debiti.

Il 61,2% delle Pmi del Veneto ha fatto richiesta dei contributi a fondo perduto, il 36,4% ha richiesto nuovi finanziamenti e il 53,8% ha infine attinto a risorse proprie. Tra coloro che hanno richiesto finanziamenti, il 79,7% afferma che sono stati concessi agevolmente (grazie anche alla assistenza determinante delle territoriali di Confartigianato), il 53% entro un mese a cui sommare un ulteriore 31% che li ha ricevuti entro due mesi.

L’incertezza legata all’emergenza sanitaria ha frenato naturalmente gli investimenti. Il 36,4% dei rispondenti non ha fatto investimenti, mentre il 7,9% ha vi ha rinunciato definitivamente. Tuttavia, una quota pari al 16,7% ha comunque dato seguito a quanto aveva pianificato. Il 33,8% dei rispondenti non aveva invece pianificato alcun investimento. Introdotti infine alcuni cambiamenti organizzativi e negli obiettivi aziendali. Il 62,7% dei rispondenti, a seguito dell’emergenza sanitaria ha ricercato soluzioni per ridurre i costi aziendali, il 28,5% ha avviato la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e/o servizi, mentre il 16,6% ha ricercato nuovi canali per commercializzare il proprio prodotto/servizio (es. vendita online, consegna a domicilio).

In questo momento di incertezza gli imprenditori hanno una sola certezza: il 75,2% dei rispondenti pensano solo a dare continuità all’azienda. Pochi pensano a fare grandi innovazioni e cambiamenti: per il 10,9% l’obiettivo principale è l’individuazione di nuovi processi organizzativi che permettano una riduzione dei costi aziendali, mentre per il 6,9% è necessario ricercare nuovi spazi e canali di commercializzazione del prodotto/servizio. Infine per il 6,1% è prioritario lo sviluppo di nuovi prodotti e/o sevizi.

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