Decreto “Agosto”: per Unimpresa non risolve i problemi delle Pmi

Salustri: «solo tanti rinvii fiscali che non assicurano la liquidità indispensabile alle piccole e medie imprese».

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decreto agosto
Il decreto "Agosto" e il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte.

La discussione di conversione in legge del decretoAgosto” è appena iniziata alla commissione competente del Senato, dove si svolgerà l’unico esame articolato parlamentare causa i tempi stretti per evitarne la decadenza, con la conseguenza che la Camera dovrà approvare il decreto con il voto di fiducia senza poterlo discutere ed emendare.

Secondo il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri, «con il decretoAgosto” gli imprenditori aspettavano con ansia che il governo BisConte varasse misure fiscali e finanziarie in grado di assicurare alle piccole e medie imprese quella liquidità tanto attesa e sempre rinviata. La liquidità, garanzia di sopravvivenza per le imprese e sostegno agli investimenti, era stata letteralmente azzerata, nei mesi precedenti, dalle misure di contenimento della pandemia e negata, contestualmente, dalle iniziali politiche del governo, a carattere emergenziale, che nulla hanno prodotto, se non una lenta agonia che sta portando alla distruzione del sistema imprenditoriale del Paese». 

Secondo Salustri «quanto è contenuto, purtroppo, anche in questo quarto decreto economico, si riduce ad un ulteriore groviglio di rinvii delle scadenze fiscali, che non risolvono, piuttosto aggravano, il problema della carenza di liquidità. Dopo tre mesi di annunzi e di tatticismi, non avere ancora definito una chiara strategia, in materia fiscale e finanziaria, che possa garantire una rapida ripresa economica, corre il rischio di tradursi, per le nostre imprese, in una resa incondizionata al miglior offerente, anche straniero, sia di provenienza lecita sia, peggio, illecita». 

«Un’evidente mancanza di esperienza e di conoscenza della realtà delle Pmi significa – esemplifica Salustri -, annichilire un tessuto imprenditoriale che ha reso famosa l’Italia nel mondo e, soprattutto, significa svendere un patrimonio di conoscenze identitario del nostro sistema economico-produttivo. Ci si interroga, alla vigilia di un settembre di fuoco, se questo governo sia ancora capace o meno di attuare un deciso cambio di rotta a tutela della nostra cultura e del nostro genio creativo, varando misure strutturali e incisive per la ripresa, cioè gli investimenti strategici, senza più limitarsi a reiterare misure contingenti e tatticistiche, che non garantisco alcun futuro».

Entrando nel dettaglio delle norme contenute nel decretoAgosto”, il groviglio salta immediatamente agli occhi: in riferimento ai contribuenti che non avevano versato IVA, ritenute, contributi INPS e premi INAIL nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, era stata programmata la scadenza del 16 settembre per adempiere a tali incombenze con l’ulteriore possibilità di rateizzare le somme in quattro rate mensili. Il decretoAgosto” ha previsto, per i contribuenti, la possibilità di versare il 50% delle somme dovute, nei mesi di marzo, aprile e maggio, entro il 16 settembre in un’unica soluzione, oppure in quattro rate, e il restante 50% a partire dal 16 gennaio 2021 fino ad un massimo di 24 rate mensili. 

Un ulteriore rinvio viene fissato dall’articolo 65 del provvedimento circa la proroga della moratoria, su prestiti e mutui, per le piccole e medie imprese, estesa al 31 gennaio 2021, rispetto a quanto era previsto in precedenza, ossia il 30 settembre 2020. 

Un altro rinvio, il cui riferimento è l’articolo 98, viene concesso per il versamento del secondo acconto IRES, IRAP e IRPEF, la cui scadenza è fissata, di norma, al 30 novembre 2020. Questa proroga è rivolta ai contribuenti, soggetti agli ISA, che hanno avuto un calo del fatturato del 33% nel primo semestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. La scadenza per il versamento di queste imposte è stata prorogata al 30 aprile 2021. Lo stesso articolo 98 ignora, dunque, la vasta platea dei contribuenti che non applicano gli ISA, come i dipendenti che dovranno, quindi, versare il secondo acconto entro e non oltre il 30 novembre 2020. 

Anche per gli avvisi esecutivi delle Entrate Fiscali vi sono rinvii sanciti nell’articolo 99, ossia dal 31 agosto 2020 al 15 ottobre 2020. Viene, inoltre, annullato il secondo acconto IMU per tutti gli albergatori, a patto che il gestore della struttura sia anche il proprietario. Un contributo specifico, inoltre, è quello che potrebbe essere erogato, sempre agli albergatori, pari al 65% degli delle opere di miglioramento e riqualificazione delle proprie strutture ricettive. Un altro contributo, a fondo perduto, è previsto per alcune categorie di ristoratori che acquistano materie prime del territorio, a condizione che abbiano conseguito un calo del fatturato, dal marzo a giugno 2020, pari a tre quarti rispetto a quello dello stesso periodo dell’anno precedente.

Quanto descritto in estrema sintesi, costituisce un ulteriore ostacolo per i piccoli imprenditori che non possono trarre alcun beneficio da questo quarto decreto ai fini della liquidità necessaria. Il rinvio delle imposte, infatti, non agevola il contribuente, né gli dà la garanzia di una maggiore liquidità perché, nel concreto, non sono stati fatti sconti né vengono previste esenzioni d’imposta. Il reiterato rinvio delle imposte, di fatto, comporta solo uno spostamento del problema della liquidità, non la soluzione, rappresentando, contestualmente, un altro aggravio degli adempimenti fiscali con la ovvia conseguenza di un maggior costo da parte degli imprenditori. 

Procrastinare le scadenze fiscali può essere, in generale, una giusta soluzione nel breve periodo, ma quando questo “modus operandidiventa una normale prassi testimonia soltanto l’incapacità del governo di elaborare un’alternativa concreta e immediata di rilancio, fiscale e finanziaria. Anche per la filosofia dei bonus va ribadita l’assoluta inidoneità di questo strumento di elargizione a pioggia a placare le aspettative dei contribuenti. Questo deterrente trova una sua ragion d’essere solo se concesso “una tantum”, mentre se diventa la costante di ogni decreto evidenzia la mancanza di una strategia governativa di fondo, soltanto un tampone magari strumentalizzabile ai fini elettorali o di ricerca del consenso a breve.

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