Consumi ancora in calo, vendite al valore diminuite del 7,2% rispetto a luglio 2019

Preoccupano le analisi di Federdistribuzione e i dati Istat negativi sul commercio al dettaglio. Allarme anche da Federalimentare.

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Cattive notizie sull’andamento dei consumi arrivano dall’analisi effettuata da Federdistribuzione, organismo espressione della Distribuzione Moderna Organizzata, relativa alle vendite ancora in calo dopo il post confinamento da Coronavirus. Condizioni economiche incerte per il futuro, una riduzione diffusa del potere d’acquisto ed un atteggiamento misurato dei consumatori in merito agli acquisti ritenuti “meno necessari”, sono gli aspetti che preoccupano Federdistribuzione e non solo. A questa cornice si aggiungono i dati Istat negativi sul commercio al dettaglio, e nettamente in calo rispetto all’anno precedente.

Rispetto a luglio 2019, a luglio 2020 è stato registrato un calo del –7,2% nelle vendite a valore. Il non alimentare è diminuito dell’11,6%, mentre l’alimentare è calato del 1,1%.

Preoccupate le parole del presidente Claudio Gradara: «assistiamo ad un ulteriore rallentamento dei consumi. Sul fronte non alimentare la flessione si conferma consistente per settori come l’abbigliamento, dove il crollo delle vendite raggiunge il picco del –27,9%, ma anche per prodotti di profumeria e per la cura della persona». 

Altro fattore che ha influito sulla crisi dei consumi, secondo Gradara, è la «mancata spinta dei saldi estivi, anche se solo il prossimo mese sarà possibile effettuare un bilancio più preciso. La flessione sull’alimentare è invece imputabile anche alla mancanza dei turisti stranieri, in particolar modo nelle città d’arte e alle variazioni climatiche che hanno in parte condizionato alcune tipologie di prodotto. Un andamento comunque altalenante che conferma le nostre stime e ci porterà a fine anno a una variazione nulla sul 2019».

Gradara sottolinea come sia necessario, «ora più che mai “invertire la rotta”, e per farlo è necessario mettere a punto un piano strutturale che punti principalmente sul “fattore fiducia” che deve essere rialimentato. A questo vanno aggiunte delle azioni dirette sui consumi, ma da sole non potranno fare la differenza».

Allarme per l’andamento dei consumi è espresso anche da Federalimentare: «finita la scia lunga dell’effetto scorte, le vendite alimentari hanno perso la spinta che avevano acquisito dal confinamento, per tornare in perdita e con una tendenza peggiore di quella degli ultimi anni, anche per la crescita dei discount» afferma il presidente Ivano Vacondio commentando i dati sulle vendite di luglio diffusi dall’Istat. 

Se nel confronto progressivo dei primi 7 mesi dell’anno con lo stesso periodo del 2019 le vendite alimentari risultano essere in crescita del +3,3% in valore e del +1,5% in volume e sul semestre le variazioni sono state rispettivamente pari al +4,1% e al +2,3%, da luglio sono entrati in negativo in entrambi i tendenziali, sia in valore che in volume. La GDO alimentare registra tendenziali del +4,4% se si guarda al confronto sui 7 mesi 2020/19, ma un calo dello 0,6% nel confronto luglio 2020/19.

Dopo export e canale Horeca, cui l’emergenza Coronavirus ha assestato un duro colpo, anche le vendite alimentari, com’era prevedibile, stanno andando giù, con la sola eccezione dei discount che evidenziano crescite in valore del +2,7% nel tendenziale di luglio e del +6,6% in quello dei primi 7 mesi. 

«Dati che mostrano una tendenza consolidata dei consumatori al risparmio – commenta Vacondio -. La produzione del primo semestre degli alimenti a basso costo è cresciuta a doppia cifra e questo non è casuale: un “ammortizzatore di spesa” come, per esempio, la pasta sta funzionando alla grande anche sui principali mercati europei e negli stessi USA. La crescita esponenziale di un prodotto come questo annuncia inevitabilmente una perdita in valore anche nel carrello della spesa che si va a sommare a quella provocata dalla crisi dell’export e dell’Horeca. Una tendenza che dobbiamo assolutamente invertire: servono aiuti urgenti al settore della ristorazione e del turismo, pena grandi danni economici e ancora più funeste conseguenze sulle eccellenze “Made in Italy”».

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