In carenza di incentivi, a novembre mercato auto nuovamente in rosso

Necessario attuare misure strutturali a sostegno del settore, ad iniziare dalla completa detraibilità dell’auto aziendale come negli altri paesi europei. Indispensabile ridurre il supporto finanziario pubblico all’auto elettrica e ibride che spostano l’inquinamento senza cancellarlo.

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mercato dell'auto immatricolazioni di autoveicoli Mercato dell'auto in Europa

In novembre sono state immatricolate in Italia 138.405 autovetture con un calo del mercato auto dell’8,34% su novembre 2019. Il risultato avrebbe potuto essere molto peggiore dato che l’esaurimento dei fondi per gli incentivi alle vetture con emissioni di CO2 da 61 a 110 gr/km ha determinato una drastica caduta della domanda che non emerge pienamente dalle immatricolazioni di novembre perché è stata in parte compensata da tre fattori. 

Il primo è il fatto che novembre 2020 ha un giorno lavorato in più del novembre 2019 e questo in termini di immatricolazioni vale circa il 4,5% del risultato del mese. Il secondo fattore è l’immatricolazione in novembre di autovetture con incentivi prenotate prima dell’esaurimento degli stanziamenti e il terzo fattore è l’immatricolazione ai concessionari (per il mercato dei “chilometri zero”) di autovetture in giacenza che sulla base della normativa vigente non potrebbero più essere immatricolate come nuove nel 2021. Al netto di questi tre fattori distorsivi il calo delle immatricolazioni in novembre sarebbe stato molto più severo. 

Dall’inchiesta congiunturale mensile condotta dal Centro Studi Promotor a fine novembre emerge che per il 98% dei concessionari l’affluenza negli autosaloni è crollata a livelli infimi e per il 92% vi è stato un crollo nell’acquisizione di ordini, mentre l’indicatore di fiducia degli operatori dell’auto determinato ancora dal Centro Studi Promotor è precipitato, sempre in novembre, a quota 20,90, un livello talmente basso che si era stato registrato soltanto nelle fasi più acute delle grandi crisi del 1993 e del 2008.

Molto negativo anche il consuntivo del mercato auto dei primi undici mesi dell’anno che chiude con un volume di immatricolazioni di 1.261.802 autovetture, con un calo sullo stesso periodo del 2019 del 28,97%. Dato questo risultato e considerato che le previsioni per dicembre sono infauste, si può prevedere che l’intero 2020 chiuderà con un volume di immatricolazioni inferiore a 1.400.000 unità, un livello assolutamente depresso e ben lontano dal volume necessario per assicurare la regolare sostituzione delle auto a fine corsa ancora in uso nel nostro Paese. Ne consegue un ulteriore invecchiamento del parco circolante italiano che è il più vecchio tra quelli delle economie avanzate del mondo, con tutto quello che comporta per l’inquinamento e la sicurezza della circolazione.

«Le misure di sostegno alla domanda del mercato auto degli scorsi mesi – afferma Paolo Scudieri, presidente di Anfia, la filiera nazionale automotive – oltre ad avere un ruolo determinante per la ripartenza del mercato e per il rinnovo del parco circolante in chiave ecologica, hanno anche sortito effetti positivi sulla produzione di autovetture e componenti nel nostro Paese, a beneficio di una filiera industriale per cui il mercato domestico occupa un posto importante accanto ai mercati internazionali. Inoltre, con un mercato nazionale ed europeo ancora sotto pressione a causa della pandemia, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un sensibile incremento del ricorso alla cassa integrazione da parte delle aziende automotive, una situazione che rischia di peggiorare se non verranno attivati, nel breve, interventi a supporto della domanda che prevediamo vengano ripagati dal maggior gettito fiscale generato, e, nel medio-lungo periodo, provvedimenti che accompagnino la transizione green e digitale della filiera. Ricordo, infine, la necessità di dare sostegno alla ripresa del comparto dei veicoli commerciali leggeri, che vanta un’importante presenza industriale in Italia e che, anche in conseguenza dell’impennata delle vendite online, sta assumendo un ruolo sempre più strategico nella logistica urbana delle merci». 

«Senza un nuovo intervento per il sostegno al mercato auto, il nuovo calo delle vendite – evidenzia Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, l’associazione dei concessionari auto – pone le nostre aziende nella necessità di riattivare la cassa integrazione che, comunque sia, non sarà sufficiente ad arginare la perdita di fatturato oggi attestata, rispetto al 2019, su un valore medio di -25%. I dati sul ricorso alla cassa integrazione nel periodo gennaio – ottobre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, mostrano un aumento del 6.000%, per un ammontare di ore autorizzate superiore a 60 milioni. Sono dati eclatanti che inducono a riflettere sul costo di un mancato intervento a sostegno dell’auto». 

«Non possiamo non ricordare – aggiunge Michele Crisci, presidente dell’Unrae, l’associazione delle case costruttrici estere – che gli incentivi estivi hanno rappresentato certamente una boccata di ossigeno per costruttori e indotto industriale, ma soprattutto hanno prodotto un indubbio beneficio per l’ambiente: grazie agli incentivi, secondo i dati resi noti da Invitalia, sono state rottamate più di 120.000 vetture delle categorie fino a Euro 4, fortemente inquinanti e poco sicure, risparmiando alle nostre città oltre 155.000 tonnellate di CO2 su base annua. Ambiente ed economia hanno dimostrato di poter convivere bene se le manovre sono ben fatte. Auspichiamo – conclude Crisciuguali misure sul 2021, con un rinnovo degli incentivi allo svecchiamento del parco auto per contrastare le attuali condizioni di recessione e una maggiore detraibilità dell’Iva per vetture aziendali, misura già in atto nei maggiori paesi europei e la cui assenza penalizza il nostro mercato perché ne riduce la competitività». 

«E’ del tutto evidente – sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che non prevedendo, il progetto di Legge di Bilancio 2021 all’esame del Parlamento, incentivi per l’auto, è assolutamente necessario, nella conversione in legge del progetto, che le Camere approvino gli emendamenti volti a rifinanziare gli incentivi alla rottamazione. Tra l’altro, da studi accurati emerge che anche per gli incentivi alla rottamazione del 2020 il costo per l’Erario è stato ampiamente compensato dal maggior gettito Iva sulle vetture vendute in più ed emerge anche che l’impatto sull’ambiente, in termini di risparmio di CO2, degli incentivi per le auto ad alimentazione tradizionale è stato superiore a quello degli incentivi alle auto a basso impatto. Si rafforza quindi l’esigenza di incentivare il mercato auto tramite l’acquisto con rottamazione anche di vetture di ultima generazione con alimentazioni tradizionali e questo anche perché, ancora per molti anni, le case automobilistiche potranno finanziare il loro percorso verso l’auto elettrica soltanto con la vendita di autovetture ad alimentazione tradizionale con emissioni di CO2 che saranno, però, sempre più contenute come prevedono e prevederanno le norme europee».

Non solo: è necessario uscire dal meccanismo perverso che al momento vede premiata dal sostegno pubblico solo l’auto elettrica e ibrida, ritenute dalla maggioranza di governo ecologiche e a basso impatto ambientale. Peccato che inchieste indipendenti di associazioni ambientaliste abbiano dimostrato che l’auto elettrica o ibrida non sono affatto più ecologiche di un moderno veicolo con motore termico con omologazione Euro 6 piena. Tutt’altro, e il problema si amplia nel confronto tra un’auto ibrida e una tradizionale, in quanto la batteria dell’auto ibrida raramente viene ricaricata dall’utilizzatore medio – e ancora meno da quelli delle flotte aziendali – con il risultato che questo genere di veicoli, oltre a costare di più, finiscono con l’inquinare decisamente di più di un moderno propulsore Diesel Euro 6 in quanto sono mossi da motori a benzina (più inquinanti di un Diesel) che consumano di più e che sono più pesanti di almeno 150-200 kg. Di fatto, gli incentivi fiscali sull’auto ibrida finiscono per essere un clamoroso boomerang ambientale, visto che s’incentivano veicoli che sono meno inquinanti solo per le normative di omologazione, non per l’utilizzo quotidiano su strada.

Stesso discorso vale per il veicolo totalmente elettrico che, oltre a scontare un prezzo ancora decisamente più alto al netto dei ricchi incentivi pubblici (che possono arrivare anche a 15.000 euro ad unità: una follia che pagano tutti i contribuenti per un consumo di nicchia, spesso da parte di chi può permettersi di pagare di più un veicolo alla moda), non fanno altro che spostare l’inquinamento dalla strada alla centrale di generazione dell’energia utilizzata per caricare la batteria. Energia il cui costo presso le colonne di ricarica veloce mette fuori scala la competitività dell’auto elettrica rispetto ad una Diesel Euro 6 quanto a costo chilometrico, visto che questo praticamente raddoppia, senza contare la penalizzazione dei tempi necessari per effettuare il pieno alla batteria: ore contro i pochi minuti del carburante tradizionale.

Quando a Roma qualcuno capirà che quanto finora fatto è stato solo buttare centinaia di milioni di euro nel cesso senza alcun beneficio ambientale, andando ad aggravare il deficit pubblico e la crisi di un settore manifatturiero strategico per l’economia nazionale, sarà troppo tardi.

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