Concessione A22: secondo Aiscat la liquidazione coatta dei soci privati è un esproprio illegittimo

L’associazione dei concessionari autostradali scende in campo contro la decisione del ministro: «mina la fiducia degli investitori». 

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concessioni autostradali A22 autobrennero

Comunque la si giri, la vicenda del rinnovo della concessione dell’A22 è una faccenda nata male e gestita peggio che rischia di finire in un classico scandalo all’italiana che potrebbe anche fare un botto nelle casse pubbliche.

A parte il fatto che politici di tutti i colori non sono stati in grado di arrivare ad un risultato definitivo da ben 6 (sei!) anni, c’è sempre l’errore politico di fondo di voler continuare a rinnovare concessioni per infrastrutture già ampiamente ammortizzate che, a rigor di logica, avrebbero dovuto rientrare automaticamente nella completa disponibilità del patrimonio pubblico allo scadere della concessione, termine spesso trentennale in cui il concessionario avrebbe dovuto rientrare ampiamente dei costi sostenuti per realizzare per contro dello Stato concedente l’opera pubblica per cui non avere i soldi in cassa. 

Il caso di A22 rischia di trasformarsi in qualcosa di patologico, dove per sei anni politici locali e nazionali si sono rimpallati la responsabilità per non essere giunti alla conclusione entro la data di scadenza della concessione e ora le soluzioni si sono fatte molto intricate, con quella più chiare e lineare – il passaggio diretto della gestione di A22 ad Anas o ad una sua partecipata come la Cav – che ci si ostina a non voler prendere in considerazione né a Trento né a Roma.

Dinanzi alla decisione del ministro alle Infrastrutture e trasporti, Paola De Micheli, di imporre la trasformazione di A22 in una societàin house” con l’espulsione di quel 14% di capitale detenuto da soci privati ha scatenato l’attesa reazione dei futuri esclusi per bocca dell’associazione di categoria, l’Aiscat.

«Una estromissione forzata di alcuni soci in mancanza di apposite previsioni statutarie al riguardo (e lo statuto della Autobrennero, lo ricordiamo, non ne contiene) si pone in aperto contrasto rispetto alle basilari norme di diritto societario nonché al principio, costituzionalmente garantito, di libertà di iniziativa economica risultando pertanto estremamente discutibile dal punto di vista giuridico – afferma l’Aiscat -. Non solo: una simile azione avrebbe inoltre la conseguenza di minare ulteriormente la già non elevata fiducia degli investitori stranieri verso il panorama aziendale italiano, in quanto costituirebbe un importante precedente di intromissione abusiva da parte dello Stato nel campo dell’iniziativa economica privata». 

Secondo l’Aiscat «al limite si potrebbe anche stabilire che la società debba diventare interamente pubblica, ma andrebbe fatto con le debite tempistiche e modalità, non mediante una mera imposizione ed omettendo oltretutto il legittimo riconoscimento dei propri diritti a soggetti privati che sinora hanno investito i loro capitali nell’azienda. Agire diversamente rappresenta una virata verso il peggiore statalismo, un esproprio illegittimo ed ingiustificato, contrario a qualunque principio di libero mercato ed iniziativa economica».

La norma inserita nell’ultimo decreto legge emanato in materia di misure connesse all’emergenza Covid-19, osserva l’Aiscat, «servirebbe a sbloccare la procedura di assegnazione della scaduta concessione A22 riassegnandola “in house” alla medesima società previa estromissione degli attuali soci privati. Ciò al fine dichiarato di evitare l’espletamento di una procedura di gara pubblica che sarebbe altrimenti necessaria secondo la disciplina europea e nazionale. Non è la prima volta – prosegue l’Aiscat – che si tenta, con manovre legislative dalla dubbia legittimità, di intervenire sulla questione legata al nuovo affidamento della concessione di Autobrennero, dimenticando che, ancorché a maggioranza pubblica, la società opera nel mercato dei capitali e costituisce un soggetto di diritto privato, dovendo quindi sottostare alle relative regole, in primis quelle dettate dal Codice civile che regolano l’attività di impresa». 

C’è poi la questione del “tesoretto” accumulato in esenzione d’imposta per il finanziamento incrociato dell’infrastruttura ferroviaria del corridoio del Brennero: per Aiscat «a rendere ancor più critico il provvedimento in esame, vi è inoltre il fatto che il riscatto delle quote private in favore dei soci pubblici debba avvenire ad un valore calcolato senza tenere conto del fondo (pari a circa 800 milioni di euro) accantonato da Autostrada del Brennero e vincolato, come noto, alla realizzazione/potenziamento della infrastruttura ferroviaria del Brennero; questo fondo – prosegue l’Aiscat – è stato costituito nel corso degli anni utilizzando parte degli utili societari, utili che in quanto tali appartengono per definizione alla società e, quindi, a tutti i suoi soci. Conseguentemente, il negare ai soci “espropriati” – illegittimamente, come già visto – anche di ricevere una parte consistente del valore reale sulla cessione delle proprie quote aggiunge ulteriore gravità alla situazione». 

Ciliegina sulla torta della posizione di Aiscat una riflessione sul modus operandi della politica del governo BisConte, esecutivo più a sinistra della storia repubblicana: «si potrebbe ribattere che qualsiasi legge può essere modificata da un’altra legge successiva, ed è vero, ma non ci si può spingere sino al punto di andare contro i fondamenti stessi del diritto e contro la costituzionalità delle norme giuridiche». 

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