Decarbonizzazione dell’acciaio: non c’è solo l’idrogeno  

Il progetto di Danieli, Saipem e Leonardo per la riconversione sostenibile dell’ex Ilva in 30-40 mesi.

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decarbonizzazione dell'accaio

L’idrogeno verde potrà avere un ruolo importante nel processo di decarbonizzazione dell’acciaio, ma non è l’unica strada disponibile. La strada, come spesso accade, è fatta dalla sinergia di più elementi, di più tecnologie: in questo caso all’idrogeno si deve aggiungere la captazione di anidride carbonica. È quanto è emerso dal webinar di siderweb “Cieli azzurri per la siderurgia”.

«Può essere un’ottima fonte di accumulo dell’energia, ma non credo sarà la svolta – ha detto Carlo Mapelli, professore ordinario del Politecnico di Milano -. L’idrogeno verde non è poi così verde in termini di consumo di energia elettrica, di acque e di suolo e non è competitivo dal punto di vista dei costi». Molto interessanti sono altri due processi che permetterebbero di ridurre le emissioni di CO2 della siderurgia: «i sistemi di sequestro dell’anidride carbonica prodotta dalla combustione del gas naturale» e la «via biotecnologica, per produrre idrocarburi attraverso dei batteri».

Proprio sulla combinazione idrogeno-captazione della CO2 si basa il progetto di riconversione per la decarbonizzazione dell’acciaio dell’ex Ilva di Taranto elaborato da Danieli, Leonardo e Saipem.

«Per l’ex Ilva abbiamo avanzato una proposta che prevede la sostituzione degli altiforni con tre impianti di riduzione diretta e tre forni elettrici – ha spiegato Alessandro Martinis, vice presidente esecutivo di Danieli & C. Officine Meccaniche -. Produrre acciaio da altoforno determina il rilascio di 2 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di prodotto, che potrebbero essere ridotte a 7-800 chili con il forno elettrico e, in prospettiva, portate a livelli minimali con l’utilizzo di gas e idrogeno». Per Martinis «Energiron, la tecnologia messa a punto da Danieli in collaborazione con Tenova e basata sulla riduzione diretta del minerale di ferro utilizzando gas naturale, anche arricchito con idrogeno, permette di separare la CO2 dai gas di processo durante l’esercizio dell’impianto e di immagazzinarla, per poi utilizzarla per altre applicazioni».

«L’obiettivo è fornire ai clienti soluzioni chiavi in mano, integrando tecnologie che permettano di ridurre le emissioni anche utilizzando una miscela di gas e idrogeno, sull’utilizzo del quale Saipem ha grande esperienza che potremo mettere a frutto, per la riduzione del minerale di ferro e puntando a sistemi di cattura della CO2» ha detto Giovanna Villari, Sustainable Technologies Business Development Manager di Saipem. Uno dei temi rilevanti, a proposito di decarbonizzazione delle produzioni di acciaio, è ovviamente la riduzione dell’impatto ambientale: «ogni impianto – ha spiegato Villari – ha le sue peculiarità e nel confrontarsi con esse si devono tener presente la sua integrazione con il territorio, gli effetti e le ricadute che può avere sulla salute delle persone».

Se la strategia europea per l’idrogeno, contenuta nel “Green Deal” dell’Unione Europea, sarà rispettata nelle sue fasi, «ci saranno investimenti tra i 50 ed i 200 miliardi di euro e, al 2025, l’industria dell’idrogeno genererà un giro d’affari di 820 miliardi di euro e avrà creato circa 5,4 milioni di posti di lavoro nell’Unione. Inoltre, il 24% della domanda di energia dell’Ue sarà soddisfatta dall’idrogeno, con un abbattimento di emissioni per oltre 560 milioni di tonnellate annue» ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio studi siderweb.

E in questo contesto, l’industria siderurgica giocherà un ruolo chiave, essendo responsabile a livello mondiale di circa il 7-9% del totale delle emissioni dirette da combustibili fossili, secondo la World Steel Association, e avendo la decarbonizzazione dell’acciaio tra i suoi obiettivi primari.

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