Dove va la giustizia italiana? Due pesi, due misure?

Lo “strano” caso del leader della Lega, Matteo Salvini, per la medesima accusa prosciolto per non luogo a procedere a Catania e rinviato a giudizio a Palermo. E del caso Grillo? E di quello Palamara?

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giustizia italiana

Dove va la giustizia italiana che sempre più spesso pare avere perduto una linea di condotta unitaria preferendo quella dei “due pesi, due misure”, con sentenze creative che vengono poi capovolte in appello con tanto di strali dei giudici che bollano il processo di primo grado come “spreco di denaro”?

Sarebbe bello saperlo e il caso che vede coinvolto il leader della Lega, Matteo Salvini, accusato di avere tenuto in ostaggio dei clandestini su una nave, viene prosciolto in udienza preliminare per non luogo a procedere a Catania mentre per lo stesso reato viene rinviato a giudizio a Palermo è la puntuale testimonianza di un andamento ondivago della giustizia italiana.

C’è un fortissimo problema, aggravato pure dalle rilevazioni a mezzo libro-intervista dell’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, che ha tolto il coperchio ad un abisso senza fondo, con tanto di nomi e cognomi di soggetti di primo piano del sistema giudiziario nazionale senza che da alcuno si sia levata la pur minima querela: uno dei principali problemi sul tavolo del premier Mario Draghi, una volta risolta la questione delle vaccinazioni e del rilancio dell’economia nazionale, sarà proprio il riassetto della magistratura, riportandola nel suo alveo costituzionale, ad essere arbitro invece di protagonista e  strumento di potere nell’agone politico. 

E che dire di quanto è stato protagonista un altro leader politico nazionale come Beppe Grillo? Un comportamento decisamente oltre le righe, indegno delle origini del movimento politico che ha fondato a suon di “Vaffa”, trasformato da manettaro a prescindere a garantista e giudice supremo perché c’è di mezzo suo figlio accusato di un grave reato come uno stupro. Anche qui, peccato che la magistratura stia tenendo in ballo il ragazzo e i suoi tre amici da oltre due anni, tale da innescare una furibonda reazione grillesca che fa strame della separazione dei poteri, con un leader politico che si innalza a giudice, giungendo a ribaltare l’accusa sulla presunta vittima nel peggiore stile maschilista. Davvero non male.

Intanto, ecco come Domenico La Cava vede il “caso Palamara”.giustizia italiana

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