Fisco, Confprofessioni reclama più equità e progressività per il lavoro autonomo

Troppe distorsioni sull’Irpef creano una disparità impositiva tra professionisti, imprenditori e dipendenti. E professionisti e lavoratori autonomi sono i più penalizzati. Stella: «parità di trattamento per tutti i redditi da lavoro».

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Adepp Professionisti non ordinistici

Un fisco più equo e progressivo, con particolare attenzione alle giovani generazioni: è questa la sintesi della proposta che Confprofessioni ha presentato al Senato, esponendo il lavoro realizzato dalla Commissione sulla riforma fiscale della Confederazione, cui hanno partecipato esperti delle principali sigle associative dei commercialisti e dei consulenti del lavoro.

Equità, progressività, intergenerazionalità: l’Irpef secondo Confprofessioni” è il documento che il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, e il delegato alla fiscalità, Andrea Dili, hanno presentato ai parlamentari.

«Siamo partiti dalla constatazione di alcuni dati – afferma Stella – che dimostrano come l’attuale modello IRPEF risulti iniquo e inadeguato a rappresentare le complessità della nostra società. Basti pensare che oggi a parità di reddito le imposte possono variare anche in misura considerevole a seconda di una pluralità di variabili che inquinano l’equità orizzontale del modello; oppure al fatto che le attuali 5 aliquote e 5 scaglioni nominali dell’IRPEF in realtà nascondono ben 13 aliquote e 10 scaglioni effettivi, disincentivando la produzione (e l’emersione) di reddito incrementale».

«In tale contesto – prosegue Stella – i soggetti più penalizzati risultano i lavoratori autonomi, in particolare i liberi professionisti che, ad esempio, a 20.000 euro di reddito pagano circa il doppio delle imposte rispetto ai dipendenti, scontando una aliquota media del 20,15% contro l’11,31%; e, in generale, tutta la classe media, per effetto di una curva di progressività che sale velocemente sui redditi medio bassi per poi attenuarsi a livelli più alti». 

I dati elaborati dal Centro Studi Confprofessioni, inoltre, dimostrano come proprio i professionisti siano la categoria che paga più imposte, determinando un’IRPEF media di 16.602 euro contro i 4.896 degli imprenditori, i 4.237 dei dipendenti e i 3.362 dei pensionati.

Secondo Confprofessioni, occorre mettere in campo una riforma che corregga le iniquità dell’attuale modello IRPEF, i cui cardini dovranno essere la parità di trattamento tra tutti i redditi da lavoro e la progressività graduale dell’imposizione, riducendo le imposte sulla classe media e superando la logica dei bonus e degli interventi a pioggia e il ricorso ai regimi sostitutivi. 

«Per raggiungere tali obiettivi – prosegue Stella – proponiamo un intervento di 7,9 miliardi di euro, attraverso il riconoscimento di una detrazione di 12.000 euro su tutti i redditi da lavoro (dipendente e autonomo) e d’impresa, l’introduzione di una deduzione forfettaria pari al 5% a titolo di spese per la produzione del reddito di lavoro dipendente a fronte della soppressione del relativo bonus, il taglio di 3 punti dell’aliquota del terzo scaglione e l’inserimento di un nuovo scaglione, al 45%, per i redditi superiori a 150.000 euro».

«Infine – conclude Stella – non dobbiamo dimenticare la condizione in cui versano le giovani generazioni e le difficoltà nell’accesso al lavoro. I dati, impietosi, dimostrano come negli ultimi 30 anni in Italia i divari tra anziani e giovani siano cresciuti, a discapito di questi ultimi, molto più intensamente che nel resto d’Europa: per tali ragioni proponiamo una misura fiscale molto significativa a favore degli “under 35”, un modello di imposizione sui redditi che ne incentivi l’ingresso nel mondo del lavoro, utilizzando la leva fiscale per promuovere auto imprenditorialità e assunzioni. La nostra proposta è elevare a 18.000 euro (1.500 euro al mese) la detrazione per i redditi da lavoro e di impresa se prodotti da giovani fino a 35 anni di età».

Le proposte della Confederazione non si limitano all’IRPEF, utilizzando la leva fiscale per toccare temi strategici quali l’incentivazione della scolarizzazione, la tassazione di giochi, concorsi, ecc. secondo un principio che penalizzi maggiormente quelle fattispecie dove la componente “azzardo” assume maggiore rilevanza, la riforma dell’imposizione sui redditi immobiliari e sulle rendite finanziarie, la revisione delle ritenute d’acconto e degli acconti fiscali, il riesame del calendario fiscale. Senza dimenticare che anche la migliore delle riforme non può non passare da un riequilibrio del rapporto fisco/contribuente, oggi decisamente squilibrato a favore del primo.

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