Dieselgate sbarca in Francia: sotto inchiesta Vw, Renault, Peugeot e Citroen

Lo scandalo delle emissioni truccate ai motori Diesel, dopo la Germania, tocca anche Parigi su iniziativa dei consumatori transalpini. 

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dieselgate Vw

Svolta nel dossier legato al Dieselgate, lo scandalo legato alla manipolazione dei dati sulle emissioni neimotori Diesel nel passaggio dallo standard Euro5 a Euro6, che molte case, ad iniziare dal gruppo Audi Volkswagen, hanno cercato di aggirare truccando le centraline di gestione dei motori.

Dopo lo scandalo che ha interessato la Germania e gli Stati Uniti, ora tocca alla Francia, dove quattro colossi dell’autoVolkswagen, Renault, Peugeot e Citroensono finiti sotto inchiesta, con potenziali multe di diversi miliardi di euro e la prospettiva di un possibile risarcimento dei proprietari dei veicolipotenzialmentetruccati”.

«Se ci sarà un processo penale, tutti gli acquirenti di nuovi modelli appartenenti a questi marchi potrebbero costituirsi parte civile e chiedere eventuali risarcimenti» afferma Raphael Bartlomè, dell’associazione in difesadei consumatori, UFC-Que Choisir. Renault, Volkswagen e Stellantis, la nuova casa madre di Peugeot, Citroen e Fiat-Chrysler, respingono in toto le accuse.

Tutto ha inizio nel 2015, a seguito dell’indagine condotta dall’Agenzia di protezione ambientale Usa. Volkswagen riconosce di aver truccato 11 milioni di veicoli con uno speciale programma di gestione dei motori capace di far apparire le proprie auto meno inquinanti rispetto a quanto non fossero in realtà. Uno scandalo assoluto. Oltre che una truffa molto pericolosa anche per la salute delle persone e degli animali, che indusse la giustizia francese a vederci più chiaro anche su altri marchi automobilistici.

Dopo cinque anni di inchiesta, la giustizia francese ha deciso di iscrivere Volkswagen, Renault, Peugeot e Citroen nel registro degli indagati, con simili accuse di truffa a danno dei consumatori. Fiat-Chrysler (Fca) è invece convocata per inizio luglio. Una situazione che apre la strada ad un eventuale processo oltre che un possibile risarcimento dei proprietari dei veicoli, il cui valore crollò ai tempi dello scandalo, sei anni fa. All’epoca, quando il Dieselgate occupava tutte le prime pagine dei giornali e all’Eliseo c’era Francois Hollande, il governo francese fece nominare una commissione di esperti per approfondire la vicenda.

La commissione riscontrò alcune “anomalie” sulle emissioni inquinanti di diversi marchi. A fine 2016, l’Ufficio anti-frode di Parigi (DGCCRF) riscontrò scarti abissali, fino al 377%, tra le performance di alcuni modelli diesel di Renault, al momento dell’omologazione in laboratorio e le reali condizioni di utilizzo su strada. In Francia, secondo la DGCCRF, sono potenzialmente centinaia di migliaia i veicoli coinvolti: 950.000 di Volkswagen, 900.000 di Renault e 1,9 millioni di Peugeot e Citroen, venduti tra il settembre 2009 e settembre 2015.

Il Dieselgate ha evidenziato come in tema di norme di omologazione tra quello che è scritto sulla carta e la realtà su strada ci sia un abisso. Il caso del Dieselgate si sta ripetendo con le motorizzazioni mild hybrid, dove si sbandierano percorrenze stratosferiche anche di 50 km/l di carburante, salvo omettere il fatto che questo è possibile solo per i primi 30-50 km al massimo, con la batteria ben carica, mentre quando questa è ormai scarica, i consumi s’impennano, portandosi ai livellispesso superandoli per via del maggior peso a bordo causato dalla batteria – del veicolo con motorizzazione normale.

Nonostante siano incentivati da contributi pubblici diretti ed indiretti, questo genere di veicoli sono sostanzialmente una truffa, in quanto si promettono emissioni contenuti valide solo per i primi chilometri di percorrenza di un veicolo. Tutto in regola fintanto che si fanno brevi percorrenze, salvo tornare alla “normalità” quando si va oltre i 30-50 km (a seconda del modello) di percorrenza, con l’extraurbano e l’autostrada – dove il veicolo procede a velocità costante senza i rallentamenti che contribuiscono a ricaricare parzialmente la batteria – dove i consumi e le emissioni s’impennano, anche grazie al fatto che i veicoli mild hybrid sono quasi interamente a benzina, che emettono almeno un 30% in più di un motore di pari potenza Diesel, un propulsore ingiustamente condannato per uno scandalo voluto solo per motivieconomici. Tant’è che i nuovi motori Diesel Euro6 pieno sono anche più ecologici di un’auto elettrica. E questo vorrà pur dire qualcosa. Sempre che la politica, soprattutto quella europea, di svegli e guardi in faccia la realtà, abbandonando la facile demagogia di tanti, troppi rappresentanti del popolo inutilmente pagati.

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