In Italia 12 milioni di auto sono super inquinanti

Capozza (Aci): «la transizione ecologica è possibile, ma sia giusta per automobilisti. L’elettrico non è l’unica soluzione». 

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auto inquinanti
Gerardo Capozza, segretario generale Aci.

L’Italia ha uno dei parchi auto circolanti più vecchi d’Europa, con «12 milioni di auto super inquinanti. Bisogna incentivare il cambio delle auto più inquinanti con l’acquisto di mezzi elettrici e ibridi ma anche spingendo all’uso di flotte meno inquinanti». Lo ha detto al Meeting di Rimini il segretario generale dell’Aci, Gerardo Capozza.

Secondo Capozza «in Italia, perché la mobilità elettrica possa diventare più concreta e diffusa, c’è la necessità che sussistano determinate condizioni, non facili da attuare: aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e non inquinanti; fare in modo che le auto elettriche abbiano equivalenti prestazioni rispetto a quelle con motore tradizionale, (a partire dall’autonomia e dal costo d’acquisto); una efficiente e capillare rete di stazioni di ricarica e una sempre maggiore diffusa cultura dell’eco-sostenibile».

Il segretario dell’Aci getta acqua gelata sugli ardori della rapida ed immediata elettrificazione del parco circolante: «autorevoli esponenti del mondodei motori, economisti, ingegneri, esperti del settore e l’Automobile Club d’Italia, pur sostenendo i veicoli elettrici, sono convinti che nel breve periodoi motori a combustione interna non potranno mai essere completamente sostituiti dall’elettrico. Diversi e articolati i motivi: gran parte dell’energia elettrica è ancora ottenuta da fonti fossili in centrali a carbone o a gas; i veicoli elettrici, risultano, addirittura, più inquinanti dei veicoli endotermici; non è facileeconomico lo smaltimento delle batterie; la rete elettrica è ancora incapace di reggere un carico importante di veicoli; oggi le auto elettriche (a causa del prezzo di acquisto e della ridotta praticità) rappresentano solo il 6% del venduto nel mese di dicembre 2020 e arriveranno a non più del 20% nell’anno 2030». Senza trascurare il fatto delle implicazioni geopolitiche che la diffusione dell’auto elettrica comporta: si sposta la dipendenza da fonti fossili o rinnovabili diffusamente disponibili ad un sostanziale monopolio cinese delle terre rare indispensabili per la costruzione delle batterie e dei motori elettrici.

«La transizione ecologica è più complessa di quanto immaginiamo – ha concluso Capozza -, ma una transizione “giusta” non può e non deve danneggiare né i lavoratori, né tantomeno le imprese. In Italia, purtroppo, circolano ancora oltre 12 milioni di auto altamente inquinanti, si potrebbe pensare a sostituirle anche con aiuti e incentivi per l’acquisto di auto più recenti, maggiormente sicure e meno dannose per l’ambiente. Una transizione ecologica, oggi, non può prescindere dal tener conto e confronto con la demografia, l’economia, l’agricoltura, l’energia e la mobilità, tutte filiere italiane consolidate che vanno salvaguardate guardando il futuro e, quindi, inserite in un percorso di innovazione e sostenibilità con tempistiche molto più dilatate».

Insomma, buttare pacchi di euro in sostegni pubblici all’auto elettrica come si sta facendo ora è controproducente sia per gli interessi strategici nazionali che per l’ambiente. Meglio sarebbe incentivare la diffusione di veicoli a standard Euro 6 nuovi e Euro 5 usati, oltre ad una maggiore diffusione dei carburanti alternativi (metano e Gpl: stranamente le case stanno abbandonando queste alimentazioni per puntare solo sull’elettrico) e, soprattutto, di quelli prodotti con basi rinnovabili. Una maggiore diffusione di quest’ultimi consentirebbe da subito un abbattimento immediato di buona parte delle emissioni inquinanti dei veicoli circolanti, che sono oltre 30 milioni.

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