Record storico del sistema agroalimentare italiano: l’export supera l’import

Prandini: «fatto storico, favorito dall’emergenza Covid-19». Ci sono spazi di ulteriore crescita. Serve un maggiore impegno nel combattere l’“italian sounding”. 

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Il sistema agroalimentare italiano raggiunge per la prima volta nella storia recente l’autosufficienza nella bilancia alimentare con le esportazioni di cibi e bevande nazionali che hanno superato in valore le importazioni dall’estero, sotto la spinta del cambiamento nei consumi e nel commercio determinati dall’emergenza Covid.

Secondo Coldiretti, le esportazioni agroalimentari italiane del primo semestre del 2021 hanno raggiunto il valore record di 24,81 miliardi con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente, superando le importazioni che sono invece ferme nello stesso periodo a 22,95 miliardi. Un cambiamento senza precedenti realizzato sotto la spinta della “fame” di prodotto agroalimentare italiano di qualità all’estero, nonostante le difficoltà determinate dalle chiusure della ristorazione in tutto il mondo, ma anche dalla scelta patriottica nei consumi degli italiani che hanno privilegiato la qualità dei prodotti nazionali anche per sostenere l’economia ed il lavoro del Paese.

Nelle case degli italiani nel 2020 sono cresciuti del +7,6% gli acquisti di prodotti che – spiega Coldiretti – riportano in etichetta un legame con il Belpaese, come la bandiera tricolore, frasi e parole riferite al “Made in Italy” oppure una delle indicazioni geografiche europee di origine, come Docg, Dop, Doc, Igp e Igt. La spesa patriottica degli italiani, fra latte, salumi, formaggi, salse, prodotti confezionati, uova, pasta, vino, olio, farine, frutta e verdura nazionali ha raggiunto un valore di oltre 8,4 miliardi di euro secondo l’Osservatorio Nielsen Immagino.

All’estero, le vendite del “Made in Italy” sono sostenute soprattutto dai prodotti base della dieta mediterranea come il vino, la frutta e verdura, frescae trasformata, che l’Italia produce in quantità superiori al fabbisogno interno, ma non mancano casi eclatanti di successo come il caviale italiano le cui esportazioni sono addirittura triplicate nell’ultimo anno (+187%) anche se a livello nazionale resta da colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti del sistema agroalimentare italiano dalla carne al latte, dai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti.

In Italia è necessario potenziare la produzione per coprire – spiega la Coldiretti – il deficit del 64% del frumento tenero e del 40% per il frumento durodestinato alla produzione di pasta per il quale si è registrato un calo di autosufficienza in seguito alle massicce importazioni dal Canada. Per quanto riguarda il mais, fondamentale per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, l’Italia copre circa la metà (53%) delle proprie necessità.

Andamento negativo che riguarda anche la soia visto che si produce circa 1/3 (31%) del fabbisogno interno, secondo dati Ismea. In Italia – sottolinea Coldiretti – si munge nelle stalle nazionali il 75% del latte consumato e si produce il 55% del fabbisogno di carne con l’eccezione positiva per la carne di pollo e per le uova per le quali il Paese ha raggiunto l’autosufficienza e non ha bisogno delle importazioni dall’estero.

Con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione della popolazione. Una situazione che ha fatto salire i prezzi dei prodotti alimentaria livello mondiale ai massimi da quasi sette anni trainati dalle quotazioni dei cereali. I timori sugli approvvigionamenti di cibo hanno convinto la stessa Unione Europea a lanciare una consultazione pubblica fra operatori, autorità e cittadini per realizzare un piano finalizzato a conquistare l’autosufficienzain diversi settori chiave. La volatilità dei prezzi infatti non solo penalizza i produttori agricoli, ma mette in difficoltà anche l’industria di trasformazionecon l’andamento altalenante delle quotazioni che favorisce anche i fenomeni speculativi a danno dei consumatori e dei produttori.

«Per questo occorre cogliere le opportunità offerte dal Pnrr con la digitalizzazione delle aree rurali, recupero terreni abbandonati, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua e produrre energia pulita, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori produttivi deficitari previsti nei progetti strategici elaborati dalla Coldiretti insieme a Filiera Italia per la crescita sostenibile a beneficio del sistema Paese – ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini -. Per sostenere l’andamento di crescita dell’enogastronomia “Made in Italy” serve però agire anche sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di Pil per le minori opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci con un aggravio che si attesta sui 13 miliardi all’anno secondo il Centro studi Divulga».

Per Prandini «l’emergenza globale provocata dalla pandemia ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza per questo servono sistemi di etichettatura trasparenti sull’origine delle materie prime e che non siano ingannevoli e nello stesso tempo, non possiamo pensare a un modello dove vi sia spazio per l’artificio e i cibi sintetici, dove si assista alla concentrazione eccessiva dei fattori produttivi, dove prevalga l’interesse particolare delle grandi multinazionali che spingono per l’omologazione su un modello in sostanza dove il cibo sia sempre una commodity».

Infine, serve maggiore impegno contro i cloni e le imitazione del prodotto agroalimentare italiano, penalizzato dal fenomeno dell’“italian sounding” che, ogni anno, drena circa 100 miliardi di fatturato al sistema di produzione degli “originaliprodotti in Italia e non in qualche paese estero con materie prime discutibili e con criteri di produzione e controlli sanitari più blandi di quelli italiani.

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