Autostrada del Brennero rilancia sulla ferrovia con l’acquisto di InRail

A22 diventa il secondo operatore nazionale merci su ferro. Onlit: «con questa concentrazione si lede il principio della concorrenzialità, tutto per cercare di ottenere il rinnovo della concessione». 

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Infrastrutture Ue autostrada del brennero

Autostrada del Brennero Spa dà vita al secondo gruppo ferroviario italiano del comparto merci con l’acquisto del 75% di InRail Spa che sarà affiancata alle già operative RTC Spa e Lokomotion Gmbh.

Il consiglio di amministrazione della capogruppo presieduto da Hartmann Reichhalter ha deliberato, su proposta dell’amministratore delegato, Diego Cattoni, l’aumento di capitale necessario alla controllata STR Spa per acquisire il 75% di InRail Spa, impresa ferroviaria attiva nel trasporto merci in Italia e verso i Paesi confinanti.

L’acquisizione delle quote di maggioranza di InRail Spa, ceduta dagli attuali soci Tenor e Inter-Rail, farà di Autostrada del Brennero il secondo operatore ferroviario del comparto merci dopo Mercitalia Logistics, del Gruppo Ferrovie dello Stato.

Con l’allargamento del Gruppo, che già controlla il 95,5% di RTC Spa e il 50% della tedesca Lokomotion Gmbh e che movimentano oltre 12.000 treni l’anno grazie al lavoro di 550 collaboratori trasferendo ogni giorno circa 800 mezzi pesanti dall’autostrada alla ferrovia, incorpora ora una società con un organico di oltre 120 dipendenti e una movimentazione di circa 150 treni a settimana.

Un’operazione che viene criticata dall’Onlit, l’Osservatorio nazionale Liberalizzazione Infrastrutture e Trasporti, con il suo presidente Dario Balotta che esprime «sorpresa che deriva dal fatto che la concessionaria autostradale controllata dalla regione Trentino Alto Adige e dalle province attraversate intraprende questa iniziativa, nonostante sia con una concessione scaduta dal 2014 e per ben 2 volte prorogata. I soci pubblici che gestiscono l’A22, ormai largamente ammortizzata, vogliono ottenere così il rinnovo della concessione impedendo che lo Stato si riprenda e gestisca il suo asset, come ha fattorecentemente quello spagnolo con 6 tratte autostradali ogni volta che andavano in scadenza, liberalizzandole tratte prima a pedaggio».

Per Balotta «i soci pubblici continuano a trattenere 800 milioni del Fondo ferrovia accantonati per finanziare il traforo del Brennero e che dovevano essere trasferiti allo Stato man mano che venivano raccolti. Non solo, ma anche gli oltre 130 milioni di euro di profitti accumulati dal 2014 ad oggi sono un “tesorettonon ancora trasferito allo Stato». Quasi un miliardo di euro che continua a rimanere nelle cassedi Autobrennero, con lo Stato che fa poco o nulla per reclamare il gruzzolone.

Balotta allarga la sua riflessione alla politica: «nonostante queste evidenti inadempienze, tollerate dai vari ministri dei Trasporti, sempre troppo deboli con i concessionari autostradali ed incapaci di attivare dei meccanismi di controllo e vigilanza che pure stanno scritti nella concessione, fino a ieri i concessionari progettavano grandi e spesso inutili autostrade (l’A22 è in prima fila anche in questo con il progetto della Cispadana e della Campogallaino-Sassuolo) per vedersi rinnovata la concessione, mentre ora invece si punta strumentalmente sulla mobilità sostenibile come il trasporto merci su ferrovia».

«Questa acquisizione, che deve essere ancora comunicata all’Antitrust per l’approvazione, quando due o più imprese si fondono giuridicamente, lascia intravedere un profilo di concentrazione – sottolinea il presidente di Onlit -. Le concentrazioni sono illecite quando danno luogo a gravi alterazioni del regime concorrenziale del mercato, visto che quasi tutti i transiti delle merci del valico del Brennero (autostradali e ferroviari) sarebbero controllati direttamente da Autostrada del Brennero. In questo caso c’è un doppio grave rischio: che l’A22 attivi, più o meno di nascosto, sussidi incrociati (cioè usi i profitti della connessione scaduta persussidiare i suoi treni), oltre ad alterare la concorrenza con il vantaggio di non poter fallire, essendoun’impresa di fatto pubblica».

Insomma, parerebbero esserci tutti gli estremi per un’operazione destinata al fallimento, sia per questioni giuridiche e per il mercato, visto che proprio sulla tratta del Brennero, nonostante l’intervento ventennale di A22 sull’intermodalità gomma-ferro, non si è riusciti a incrementare la quota di merci in transito sulla ferrovia da un 25% inchiodato da lustri. Tutto ciò nonostante i ricchi incentivi erogati dallo Stato e anche dagli enti locali per favorire il passaggio su ferro dei camion completi con la “Ro.La.” o con i soli bilici.

Ancora una volta, sarebbe opportuno che le infrastrutture stradali in concessione ormai largamente ammortizzate e, nel caso di Autobrennero, largamente scadute e ora pure prive anche di una proroga, venissero definitivamente avocate allo Stato. Non è possibile assistere ulteriormente a tentativi da parte degli enti locali di mantenere la proprietà di una società che incassa ogni anno oltre 80 milioni di euro di utili approfittando della sua posizione di monopolio: è ora che questi utili vengano restituiti agli utilizzatoricon la liberalizzazione dei transiti, soprattutto del traffico leggero, così come sta accadendo in Spagna.

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