Canone Rai, chiesta l’estensione del balzello anche a cellulari, tablet e pc

Ai vertici dell’azienda di Stato non bastano 1,7 miliardi all’anno di entrate: ne vogliono di più per mantenere il famelico moloch dell’informazione lottizzata. 

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Al moloch radiotelevisivo pubblico le risorse che incassa da canone Rai (1,7 miliardi/anno) e pubblicità non bastano mai a tenerlo in piedi: ora, il nuovo amministratore delegato, Carlo Fuortes, lancia la proposta di ritoccare al rialzo l’importo del canone (90 euro/anno) ad una media europea (decisamente più alta) e, soprattutto, di estenderlo anche a tutti gli apparecchi che siano in grado di ricevere segnali televisivi, come telefoni cellulari, tablet e computer.

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L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni e la diffusione delle applicazioni che hanno annullato la dipendenza dal palinsesto rigido oltre alla disponibilità di reti di telecomunicazione capaci di supportare grandi quantitativi di dati consentono la fruizione dei contenuti televisivi quando e dove si vuole, riducendo il consueto pubblico di teleutenti davanti al divano.

Per Fuortes la gestione della Rai è una fatica di Sisifo perché la Rai è di tutto e di più: oltre ad essere un pachidermico moloch, è estremamente burocratizzata e sindacalizzata, permeata intimamente dalla politica. Praticamente per qualsiasi amministratore è impossibile incidere efficacemente nella carne viva dell’azienda, efficientando la produzione, semplificando le procedure, utilizzando al meglio l’enorme numero di personale disponibile, tagliare i tanti rivoli di spreco e d’inefficienza. Soprattutto è praticamente impossibile ridurre il personale – prontamente rimpinguato a seguito dei recenti pensionamenti specie sul fronte giornalistico – e farlorendere di più, portandolo allo stesso livello di produttività ed efficienza delle reti private, riducendoconseguentemente le spese.

Più facile, quindi, battere la strada di mettere nuovamente le mani nelle tasche dei teleutenti, i quali potrebbero pure pagare anche obolo in più nel canone Rai, ma in cambio di programmi che siano effettivamente di servizio pubblico, di alta qualità e rispettosi di tutte le voci della società. Peccato che così non sia e la Rai continui ad essere una matrioska con all’interno più corpi tra loro indipendenti e in competizione tra loro. Conseguentemente, difficile chiedere ai teleutenti di aprire nuovamente la borsa in cambio della solita pappa scotta, di programmi beceri, di informazione monocorde a senso unico e spesso faziosa.

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.canone rai

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